Ma cos’è accaduto davvero nel localino -tutto riservatezza e morigeratezza- affittato per l’occasione?
di iena affamata, rimasta senza arancini di domenica
Malgrado i tentativi di cambiare le carte in tavola, sulla direzione provinciale del Partito Democratico di domenica scorsa, la verità viene fuori.
E le diciamo noi! Altro che “Fatwa” o “censura”: sono i “berrettiani” ad imporre la linea. Che non è extralarge, bensì dentro i ranghi del partito. Come vuole il segretario Luca Spataro che, domenica pomeriggio, ha sbalordito tutti(?), spiegando che quando un consigliere comunale fa il suo dovere, cioè fa attività istituzionale e magari viene a conoscenza di un’ipotesi di reato, lo deve dire a lui. Alla segreteria.
Enzo Napoli, giovane compagno della mozione “Trasparenza&Legalità”, lo ha fulminato: “ma che fai? Codifichi forse l’omertà?” Spataro, con atteggiamento marziale, non fosse quasi il sindaco di Catania, non lo ha nemmeno degnato di uno sguardo: “libertà, libertà, libertà…” lo slogan è salito, alto, alto, alto, dalla sala. Altri hanno preferito “lallallero, lallallà”.
L’assemblea, poi, ha polemizzato ulteriormente su un incarico nell’ufficio di gabinetto di un assessore proprio del segretario provinciale. Il tesoriere del partito, Paolino Mangano (che di recente ha avuto un incarico in un’amministrazione comunale dove il sindaco era stato avversario politico del Pd), ha spiegato i criteri di fondo di queste scelte: “solo merito. Bisogna chiamarsi con nome che inizia per L o per P, con cognome che comincia per S.o M. E bisogna essere segretario e/o tesoriere, non cocchiere, nè alfiere. E nemmeno marchese. Insomma, il merito”. Il giovane compagno Tino Lipara, promettente emergente, non si è tenuto: “ma qui bisogna premiare il talento! -ha dichiarato “Anche perchè -ha aggiunto- ci vuole davvero talento a fare il segretario di questo partito. Per non parlare del tesoriere”.
La “temperatura” è salita ancora di più, quando è intervenuto il fidato e fedele del “grande capo”, già senatore e attuale sindaco di Catania Giuseppe Berretta, Niccolò Notarbartolo. Da lui sono partite “stoccate fulminanti” contro quel consigliere comunale, Francesco Laudani, che ha fatto addirittura due interpellanze, denunciando sprechi e situazioni poco chiare. E si è rivolto addirittura alla Procura della Corte dei Conti! Notarbartolo lo ha richiamato all’ordine: “qui, i panni si lavano in famiglia. Siamo per la trasparenza e la legalità acqua e sapone e mica solo a parole!” Laudani non ne ha voluto sentire e-sostenuto dal giovane leader cd Giovanni Burtone- ha esclamato: “siamo democratici, mica democristiani! Io sono un pubblico ufficiale, volete che io commetta un reato, che faccia omissione di atti d’ufficio. Io ho il dovere di denunciare, di portare alla conoscenza delle Autorità quanto so in termini di ipotesi di reato”.
La sala si è scaldata: la mozione “con bianco diventa tutto bianco anche la faccia” si è fatta sentire. Con lo slogan: “trasparenza è partecipazione, ma non il contrario”, i rappresentanti di questa “corrente filosofico-culturale” si sono imbavagliati. E’ apparso, però, a tutti che questo gesto fosse per loro naturale, immediato, quasi che ci fossero abituati da tempo. In nome -parrebbe- di una strenua volontà di democrazia, lontana da quei gruppi legati soltanto dalla fedeltà ad un capo.
Ma la platea non poteva accettare ulteriormente l’arroganza dei “berrettiani”. Così al momento in cui il segretario Spataro ha tentato di imporre la votazione di un documento preconfezionato in cui si diceva che l’amministrazione Berretta è magnifica, capace di ogni cosa, in terra, in mare e in aria(e di vincere anche la Champions League), dal sindacato è salito -forte e determinato- per bocca del segretario della Cgil Giacomo Rota un urlo: “questo è troppo anche per noi! Ci vuole dignità e autonomia, qui siamo alla degenerazione autoritaria e autoreferenziale”.
La serata, alla fine, ha trovato motivi di unità dietro la predisposizione di un bando per ufficio stampa/asili nido: ad occuparsene è stato chiamato un soggetto al di sopra delle parti, Angelo Villari. Il vincitore potrebbe essere -ma è solo una voce, in attesa di conferme ufficiali- il nipote, del nipote del titolare ufficioso dell’ufficio stampa di Palazzo degli Elefanti. La rottura delle “logiche familiste e corporative” del sindaco ed ex senatore Berretta è sempre più vicina al sucesso finale. Straordinario, davvero straordinario!
Conclusione: il documento del segretario Spataro, che descrive il sindaco Berretta a metà fra Padre Pio e Nelson Mandela, ma con moderazione e malgrado Stancanelli (la colpa è sua, la colpa è sua, la colpa è sua), è stato votato da tutti, persino dal barman del locale che ha ospitato la direzione. Un momento di autentica democrazia. Che attende nuovi, stimolanti, progressisti, appuntamenti.
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