Elezioni regionali, show tivvù: Micciche’ fa “lo Sgarbi”. Con Crocetta. E se fosse tutta una messa in scena?

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Racconto e riflessioni “irregolari” sulla trasmissione di Antenna Sicilia. Il confronto fra i candidati alla presidenza. “Al netto” del “grillino”…

di Iena Grossa Marco Benanti

A metà del dibattito, dopo un battibecco con Crocetta e con chi conduceva la trasmissione, si è alzato, ha dichiarato che si sarebbe affidato in futuro ad un “messaggio autogestito” (un tempo c’erano i “programmi per l’accesso”) e ha “tolto il disturbo”. “E’ una trovata televisiva”- gli ha gridato la conduttrice, il direttore di Antenna Sicilia, Michela Giuffrida. Ma lui, Gianfranco Miccichè, “novello pentito” di “essere stato con Belusconi “(durante la trasmissione, lo ha detto lui, proprio lui!) non ha voluto sentire ragioni. “Alla Sgarbi” -ha aggiunto la Giuffrida, mentre l’ex proconsole del Cavaliere andava via. In sala qualcuno ha riso di gusto. Questo il momento “piccante” di “Tiro Incrociato”, il confronto televisivo realizzato da Antenna Sicilia fra i candidati -Crocetta, Fava, Miccichè, Musumeci- alla presidenza della Regione (“al netto” di Cancelleri, il “grillino” lasciato fuori. Come Agcom “crea e dispone”). Tutto in un cinema del centro di Catania. Tutto in poche ore. Da brividi.

Noi eravamo alle spalle di persone intelligenti ed importanti della stampa che conta, in Italia (una “concentrazione di cervelli”- in english “brain trust”- secondo la conduttrice). Che facce da copertina e che domande da infarto abbiamo sentito! (a proposito, ma il quesito su chi finanzia la campagna elettorale dei candidati? E la proposta di rendere noti nomi e cognomi – e magari importi- a quando?). In sala, poi, un folto personale politico e sindacale, dalla Cgil alla Cisl, alla Uil, per passare a deputati regionali, ex consiglieri comunali, ex e tanto e tanti altri ancora. Magari pronti all’applauso. Talora sì, talora no. Clap, clap, clap! E ancora altre presenze? Il Magnifico Rettore Salvo Andò, il “collega” catanese Antonino Recca. E ancora altri rappresentanti della memorabile “concentrazione di cervelli” (nella foto sotto) che -ne siamo certi- segnerà la storia dell’Isola.

E cosa è successo allora? Dopo il messaggio sindacale sulla “vertenza Sige e Telecolor” –di fatto lo smantellamento della storica emittente Telecolor– che promette altre “lacrime e sangue” (siamo sicuri nel silenzio indifferente della città, che al massimo guarda rassegnata, come già accaduto altre volte) siamo arrivati –con effetti involontariamente umoristici- al “messaggio” di “Sua Maestà” Mario Ciancio, che, in registrata, da Milano, in quel della Fieg, la federazione degli editori, ha lanciato -con sguardo pensoso- l’ennesimo “grido di dolore” sulla “crisi” che metterebbe in discussione “la libertà di stampa”. Memorabile! Ancora di più delle pagine de “La Sicilia” -indignate contro il finanziamento pubblico alle testate di partito- di domenica (giorno dei liberali italiani). In un’altra terra, abitata da cittadini, le risate alle parole del monopolista Ciancio sarebbero esplose naturalmente. Qui, nulla. Silenzi o quasi. Del resto, gli abitanti non sono cittadini.

Ma, comunque, c’ha pensato Miccichè a “dare sapore” ad una trasmissione altrimenti piuttosto insipida, scontata e senza nemmeno una notizia vera. A parte il sondaggio finale, con le intenzioni di voto, rese note da Pietro Vento, direttore di Demopolis: in testa, al 18 settembre, Musumeci al 28%, poi Crocetta a 27%, Miccichè al 20%, Fava al 14% e Cancelleri all’ 8%. E ancora: nessun partito sopra il 20% dei consensi! Un quadro di frammentazione galoppante, quindi. Quali prospettive per il futuro politico dell’Ars? Di corsa verso nuove elezioni anticipate? Su tutto, poi, una marea di potenziali astensionisti (quasi due milioni di siciliani, un livello record) e di indecisi (quasi un milione!). Uno scenario da Paese con diritto di voto per censo. Come accadeva nell’Ottocento.Nessuna notizia ancora, a parte, la tensione iniziale dei “Forconi” e il loro leader Mariano Ferro (candidato pure lui), con la polizia, all’ingresso del cinema che ha ospitato la trasmissione. Per entrare. “Per la democrazia-” gridavano. Come nel Novecento. Ma non siamo negli anni Duemila?

L’ “uscita” da “Toro Scatenato” di Miccichè ci ha fatto, però, davvero impressione (oltre agli effetti in foto). Una forte impressione. Con annessa risata. Già perché?

Vuoi vedere –abbiamo pensato- che dopo giorni e giorni di indiscrezioni (smentite) -e “si dice”- di un possibile “entente cordiale” fra l’ex proconsole “pentito” di Berlusconi e l’uomo della “rivoluzione” a base Pd-Udc, si sia pensato ad una “trovata mediatica” per “dimostrare” -a tutto il popolo!- che “accordo non c’è”? Che “avversari sono”- si sarà magari pensato allora davanti al “litigio” fra i due big! Sarà un’illazione, una “malapensata”, ma chissà se davvero il “Diablo” che c’è in noi (o in altri?) ha davvero pensato o architettato una simile cosa… Del resto, in questa terra di teatranti non ci sarebbe da stupirsi. Ma –per il momento- è solo un’ipotesi. Eppoi solo qualche giorno addietro erano lì a giocare e scherzare, a ridere di cuore sul colore della cravatta: lo stesso! In quell’occasione, era un dibattito (aperto a tutti gli aspiranti) tra i candidati alla Presidenza della Regione Siciliana svoltosi a Cefalù. Solo pochi giorni fa, e Crocetta non ebbe nulla da ridire sui tempi degli interventi di Micciché. Anzi avevano l’aria soddisfatta dall’arancione della Cravatta!

Il resto, solo due ore di parole da politica vecchio stampo, con piccole “risse”, ripicche e vittimismi da “cuttigghiu” o da “teatrino” di provincia, con i candidati che ci sono sembrati preoccupati di non dire veramente –fino in fondo, se non con parole d’ordine generiche tipo “stimolare la crescita economica”, “tagliare le spese”, “riqualificare il personale”- cosa vogliono fare per la Regione Siciliana futura. Prudenza, prima di tutto. Ragionamenti da tattici, insomma. Da Trapattoni anni Settanta, con una metafora pallonara.

Le parole d’ordine allora? Crisi economica, bilancio regionale “in rosso”, sanità da rivedere (è buona o no la riforma di Massimo Russo? Per Fava, no) reti infrastrutturali vecchie (scalo di Comiso chiuso, perché? -chiede Musumeci. Ponte sullo Stretto sì o no? Fava no, Musumeci sì), a proseguire le strade e le ferrovie ottocentesche, o meglio, secondo noi, da “uomini delle caverne”, turismo negletto, sprechi, fondi europei utilizzati poco o male, formazione professionale da rivedere. Tutte cose che si sentono da decenni nei dibattiti sulla Regione Sicilia! “Ma di chi è la colpa?” –si è gridato dal pubblico. La risposta dei candidati –se c’è stata- ha chiamato in causa altri, i governi precedenti. Film già visto.

Sbadigli su sbadigli, allora! Altro che “Forconi” o altro. Del resto, le premesse per la noia c’erano tutte. Cominciata –per una serie motivi, fra cui anche la protesta dei “Forconi”- con appena un’ora e mezzo di ritardo, rispetto al previsto “Tiro Incrociato” ha così offerto una “fotografia” dei problemi della Sicilia, a cominciare da chi la governa, che è un problema vero. Anzi è il problema. N’è venuta fuori, quindi, la “fotografia” reale di cos’è questa classe dirigente siciliana. C’è la normalità, il buon senso amministrativo, un po’ scolastico e prevedibile, di Nello Musumeci con il vecchio Pdl -che secondo il giornalista del Corriere della Sera Felice Cavallaro sarebbe dominato dai “big siciliani”, come, ad esempio, Firrarello o Castiglione (nella foto, di spalle mentre parla con Fava),

capaci di dire “no” al Berlusconi che sponsorizza Miccichè), il “cambiamento” a colpi di cose ovvie o slogan (“antimafia, legalità, legalità, antimafia” e via ritornellando) –in mezzo ad alleanze che esprimono conservazione, non cambiamento- di Crocetta, poi c’è il “l’opposizione radicale di sistema” di Claudio Fava, che ancora ha appeal fra i più giovani, a cui manca la memoria degli anni Novanta per capire personaggi, cose ed errori da non fare o ripetere, il “sicilianismo alla siciliana” di Gianfranco Miccichè, che dichiara, fra l’altro, di essere “pentito di essere stato con Berlusconi, dalla mattina alla sera”. Lui, che è stato il proconsole del Cavaliere, membro di governo e altro, per anni e anni. Insomma, la classe dirigente siciliana mostra anche stavolta un “quadretto antico”, fra vecchi e nuovi trasformismi e nuove e vecchie “coerenze” da immettere sul mercato politico per “drenare” quel che c’è ancora da “drenare”. A sfinimento. A vent’anni dal “botto” del 1993-1994, con l’ “esplosione” di Musumeci alla Provincia e il “fulgore” di Claudio Fava che contese ad Enzo Bianco la sindacatura di Catania. Da allora, nessun ricambio!A fare da “contraltare” la rabbia popolare. Mariano Ferro de “I Forconi” -cappellino d’ordinanza, faccia sudata e tirata- a urlare ai bravi e buoni borghesi in sala che “il frigorifero è vuoto”. E a elencare, rivolgendosi, in particolare, alla stampa nazionale, i drammi siciliani: Termini Imerese, Gesip, piccole e medie imprese soffocate, pressione fiscale altissima, agricoltura in crisi nera, risorse energetiche sfruttate per il Nord. Tutto vero. Ma cosa fare? Con chi fare la “rivoluzione”? Con Richichi o anche con lui, l’uomo dell’autotrasporto che parrebbe –da indiscrezioni- essere indirizzato verso l’ appoggio -con il suo “popolo dei Tir”- a Miccichè?Cosa può esprimere questa classe politica? “Gare” politico-istituzionali fondamentali: “chi è stato più autonomista?” Ed ecco il battibecco dei candidati: Musumeci o Miccichè? Chi ha “servito” o serve più Roma, intesa come potere centrale: Musumeci o Miccichè? E Berlusconi? E la Lega? E Brenno? E Muzio Scevola?

No, di questi ultimi due non si è parlato. Allora, vediamo Crocetta (nella foto): l’ “uomo della rivoluzione” vuole in tema di sanità la “dignità dell’uomo”. Poi vuole la “valorizzazione del patrimonio archeologico, culturale” siciliano. Un sistema dei trasporti moderno. Valorizzare il parco dell’Etna. E ancora fare funzionare le “Terme” di Acireale. Come? Con i privati. E ancora posti di lavoro con i soldi dell’Europa e opere “sbloccate” dal “via” alle autorizzazioni ferme alla Regione. Come dice Ivan Lo Bello, Vicepresidente di Confindustria nazionale. E naturalmente –dimenticavamo- antimafia, legalità. E anche la fine della guerra, la pace fra i popoli e l’umana fratellanza? Chissà… Ma una domanda: chi è che non vuole tutte queste cose? Ci vuole uno “scienziato della politica” per “produrre” simili idee e progetti “rivoluzionari”?Però, Crocetta il “modello selvaggio” di sviluppo di Miccichè non lo vuole. E che basta una semplice comunicazione per fare una costruzione sulle coste? Questa è da parte di Crocetta l’interpretazione del “modello selvaggio”. Peccato che quando lo ha detto, l’ex proconsole “pentito” era già andato via! E qualcuno in sala glielo ha gridato. Come ha urlato a Crocetta anche di “non fare sempre la vittima”. Già, perché la “rivoluzione” passa anche dal “martirio” – o meglio dal “lamento” protopannelliano sulle note, ad esempio, di “noto ostilità nei miei confronti”. Oppure a Miccichè: “sei stato invasivo”. E così fra uno sbadiglio e una risata amara, tutto rinviato al prossimo confronto. Magari con qualche “buona nuova”. Arriverà la “lieta novella” per la Sicilia?

A proposito, a fine trasmissione abbiamo assistito ad un “siparietto” fra catanesi (in genere gente più realista del Re) in cui uno ha detto all’altro (traduciamo dal dialetto): “Ma chi fa votare Raffaele? (Lombardo, ndr)”. E l’altro: “ma come non l’hai capito? Per Rosario Miccichè! ” e giù una risata un po’ grassa. Ma sono solo cattiverie popolari. Niente di vero. Il mondo reale è altro.

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Redazione Iene Siciliane

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