Eravamo quattro amici al Sal

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di iena al servizio delle destre marco benanti.

C’erano tutti, alla “sveltina” -in senso politico, precisiamo- dell’Unità. Tutti uniti e compatti, gli “amici” di sempre, a intonare la “sonata” di sempre, davanti ai “peones” o quasi di sempre – oggi un po’ incanutiti a dire il vero, ma sempre sul pezzo – a dire noi ci siamo, nonostante le avversità, e sempre ci saremo, per la buona politica, per la gente, tra la gente. E tra la gente, la gente di sempre, c’era Angelo Villari, che questa festa “Quota 100” l’ha voluta, per lasciare ai posteri un segno tangibile del suo breve passaggio alla guida del Pd catanese: le “voci” lo danno in uscita, poco prima o poco dopo il 20 ottobre, giorno in cui potrebbe essere rinviato a giudizio per i fatti legati al dissesto del Comune di Catania, dopo essere stato condannato dalla Corte dei Conti all’interdizione dai pubblici uffici (si attendono i successivi passaggi della vicenda).

Dovrebbe lasciare, si dice, con una lettera di dimissioni “spintanee”, una lettera “spezzacuori” in cui spiega che se molla è solo per senso di responsabilità verso il partito che tuttavia non può fare a meno di lui, di loro, degli “amici”. E infatti c’era pure Concetta Raia, quasi essere mitologico metà Spi-Cgil e metà Pd-Cgil, la vera protagonista femminile della “kermesse”, a sedere sul palco o in prima fila, o a riprendere col suo smartphone, per circa un’ora senza mai riposare, l’intervista di chiusura del suo “ANGELO”, “incalzato” dal giornalista Ninni Andriolo.

Su di lei, dicono i bene informati, starebbe puntando Villari per la successione alla segreteria del Pd. Propositi che si scontrerebbero però con le ambizioni della “donna forte” del Pd catanese, la presidente dell’assemblea Pd provinciale Ersilia Severino: “Concetta è stanca – spiega qualche militante pd-cgiellino – di stare in un sindacato in cui sembra non volerla più nessuno. E poi, presto prenderà il sostanzioso vitalizio da deputata regionale e… E potrebbe decidere di scendere finalmente in campo e costruire le basi di una sua candidatura alle politiche del 2023 o, male che vada, per il consiglio comunale di Catania o, addirittura, come pare vorrebbe Villari, candidarsi a sindaca di Catania”.

Una “pazza” idea che però non troverebbe alcun sostegno oltre il giro stretto dei villariani”. E c’era ovviamente Giacomo Rota, “il Giocondo”, nella veste di segretario Cgil, a conversare con Enzo Bianco sui problemi della città dopo aver annunciato la costituzione di parte civile nel processo che potrebbe vedere l’ex sindaco imputato assieme a Villari e alla sua giunta, sempre per fatti relativi al dissesto. E c’era Luisa Albanella, “Luisella”, componente storica del “Quartetto Cetra” della politica catanese che si è ritrovato a Sal al gran completo, in questa “reunion” stile Pink Floyd, a cantare “Echoes” o forse “Eravamo quattro amici al Sal”. Villari, Raia, Albanella, Rota. Rota, Albanella, Raia e Villari, da sempre e per sempre. E poi c’era Jacopo Torrisi, eterno enfant prodige della corrente dei “giacomini” (sempre meno enfant e sempre meno prodige, per la verità), il “badante del segretario” lo definisce qualche lingua tagliente. Ma che termini! Jacopo è, invece, il nobile rappresentante di un ceppo familiare che domina la sinistra catanese da decenni. Sempre gli stessi, gli stessi studi professionali, le stesse dinamiche: dall’altra parte, la cosiddetta destra, uguale nelle dinamiche, nelle famiglie.

E ora che il sipario è calato sulla “sveltina” (politica) dell’Unità, l’appuntamento è come sempre al bar, al solito bar, a “orchestrare” le prossime mosse in vista di quel maledetto 20 ottobre, a capire come si esce vivi da questi momenti nefasti, e a parlare di politica. E a proposito di politica, come direbbe Totò: ma oggi che si mangia?

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Benanti

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