Rapporti con le imprese, ruoli dentro l’organizzazione, infiltrazioni e controllo dei prodotti e anche…la costruzione del nuovo carcere di Bicocca. E poi la “guerra” con i “Carateddi”, il gruppo più agguerrito dei Cappello in ascesa nel panorama criminale catanese.
di Iena Giudiziaria, Marco BenantiSanto La Causa, il 14 maggio scorso, ai Pm Carmelo Zuccaro, Agata Santonocito e Antonino Fanara, ha raccontato questo ed altro, partenendo dal riconoscimento di personaggi indicatigli in foto dagli inquirenti.Ecco i passaggi salienti, si comincia dall’affare della Tenutella, il centro commerciale in territorio di Misterbianco:”Come ho già detto, D’Urso era il diretto responsabile della società La Tenutella. Si tratta di una persona che io incontrai in una sola occasione dopo averne richiesto la presenza al Naselli e nella ditta di quest’ultimo. L’incontro era finalizzato a risolvere la questione del pagamento dei 400.000 euro alla associazione. Per come mi riferino Salvatore Battaglia e Francesco Arcidiacono, D’Urso intratteneva rapporti in via quasi esclusiva con Francesco Marsiglione, che curava direttamente l’affare della Tenutella. Mi risulta, comunque, perché mi è stato riferito da Arcidiacono Francesco che il D’Urso aveva contatti anche con Ercolano Giuseppe, che quale era interessato all’affare sia in relazione alla percezione del denaro dovuto alla associazione sia per la realizzazione di parte dei lavori con le proprie imprese.No so esattamente di cosa si occupasse il D’Urso, oltre all’affare La Tenutella; tuttavia ricordo che allorchè si discusse con il D’Urso delle prospettive relative all’affidamento dei lavori e dei servizi per La Tenutella, io proposi di fare affidare i lavori di pulizia alla persona di nome Tommaso di cui oggi ho già parlato. Mi venne però risposto che tali servizi e persino la fornitura delle macchine industriali necessarie per la pulizia, sarebbero stati di appannaggio proprio del D’Urso; dal che ho dedotto che egli avesse interessi diretti o indiretti in tale settore.Non sono a conoscenza se il D’Urso sia o meno un componente della nostra associazione.”
Ancora dice La Causa: “…io non ricordo di essere mai andato con Enzo Aiello presso il cantiere della La Tenutella, anche se so che da alcune intercettazioni risulta che Enzo Aiello si era recato in quel cantiere con una persona di nome Santo. Suppongo che quella persona potrebbe essere Santo Massimino, dal momento che in quel periodo Enzo Aiello aveva acquistato dei mezzi industriali insieme a Santo Massimino allo scopo di partecipare ai lavori per la costruzione di quel centro commerciale. Vorrei precisare che mentre sono sicuro che Enzo Aiello aveva comprato dei mezzi per partecipare a tali lavori, non sono sicuro che ciò avvenne in società con Santo Massimino….””Infine, vorrei precisare che –con riferimento alla gestione dell’affare La Tenutella- nel periodo prossimo al mio ultimo arresto, Arcidiacono Francesco mi disse che l’affare sarebbe stato gestito da Marsiglione Francesco. Nel precedente interrogatorio ho dichiarato che Marsiglione era già uscito di carcere, anche se ora ripensando alla discussione avuta con Arcidiacono non riesco a ricordare bene che Marsiglione era già uscito o stava per essere scarcerato…”Altre dichiarazioni riguardanti i rapporti economici:”io non posso dire se Alfio Aiello fosse o meno un associato; quel che so è che lo stesso Alfio Aiello, come ho già dichiarato, gestiva una azienda che si interessava di commercio all’ingrosso di prodotti ortofrutticoli di una società di cui quote appartenevano, oltre ad Alfio Aiello, anche a Eugenio Galea, Benedetto Santapaola e una quarta persona di cui non ricordo il nome…non mi risulta che Enzo Aiello avesse una quota in questa società, anche se, da quel che ho compreso, anche lui ne traeva profitti. Quel che posso aggiungere è che Enzo Aiello ogni qualvolta aveva motivo di avere contatti con imprese che operavano nel settore, si interessava per ottenere lavoro per l’impresa del fratello, anche se in nome di Benedetto Santapaola e di Galea Eugenio. Ricordo che chiese anche a me di potere verificare tale possibilità con Pippo Nicotra che gestisce una catena di supermercati, ma che la sua richiesta non potè essere accolta in quanto il settore dei prodotti ortofrutticoli era già trattato da Alfio Pio e dai suoi familiari. Devo aggiungere che Benedetto Santapaola e Eugenio Galea lamentavano, in più occasioni, di non avere ricevuto la quota loro spettante, tanto che lo stesso Enzo Aiello fu costretto a dimostrare la correttezza dell’operato del fratello mostrando i conti anche al genero di Benedetto Santapaola, persona che gestiva un tabaccaio a Picanello.”Si parla anche di edilizia statale: “ricordo di avere sentito parlare della progettata costruzione del nuovo carcere di Bicocca in Catania e che i terreni sui quali ciò sarebbe dovuto avvenire erano in qualche modo riconducibili ad Alfio Aiello.”Poi la “guerra” con i Bonaccorsi “Carateddi”:”per quel che riguarda il mio arresto, devo dire che la riunione, poi interrota dai carabinieri, era stata indetta per decidere come comportarsi con i Carateddi che avevano già dichiarato guerra ai Santapaola. La questione che aveva determinato la crisi era la regolazione dei rapporti dei gruppi che erano fuoriusciti dal clan Santapaola. (Squillaci e Strano) per transitare nel gruppo dei Cappello e dei Carateddi. Il pretesto fu dato da una contesa tra Botta Antonino e gli Squillaci per la percezione di una estorsione da 100 euro al mese. Botta,infatti, ritenendo di interpretare il vole di Carmelo Puglisi e comunque dell’organizzzione nel suo complesso e spinto dalla necessità di assicurarsi uno stipendio, aveva pensato di andare direttamente a pretendere il denaro dall’estorto.Quest’ultimo, però, fece presente agli Squillaci ciò che era accaduto, sicchè Massimo Squillaci si recò direttamente nel negozio del Botta a chiedere spiegazioni e nel corso della discussione lo ferì con il calcio della pistola. A quel punto Ianu Carateddu mandò a chiamare Franco Platania chiedendogli di fissare un appuntamento con qualcuno dell’organizzazione; io gli diedi istruzione di prendere tempo e però quando il Platania riportò il messaggio a Lo Giudice, questi ritenendo che noi intendevamo uccidere lo Squillaci e poi discutere, disse al Platania che lo avrebbe lasciato andare via vivo, ma che da quel momento in poi era ‘guerra’. La notizia si sparse rapidamente e addirittura i componenti del gruppo di Picanello dissero di averlo avuta dalla Polizia; sicchè si organizzarono delle riunioni per discutere la questione…Noi eravamo molto preoccupati per la dichiarazione di guerra, anche perché non eravamo sufficientemente preparati. Non avevamo armi a sufficienza, sicchè avevamo dato mandato a Laudani Sebastiano di comprarle con i soldi, circa 100, 00 euro, che in quel momento erano nella bacinella ed erano gestiti da Arcidiacono Francesco, da me, da Aiello Vincenzo e Benedetto Cocimano. Si iniziò a discutere. Nel corso della riunione io sostenni che non bisognava scendere subito in guerra e che bisognava provare a fare intervenire su Ianu Carateddu Orazio Privitera, il quale era uno dei capi dell’organizzazione unitamente a Ignazio Carateddu e Ianu Carateddu. Mi rendevo conto, però, che la guerra non poteva essere evitata per sempre e dunque, quando mi venne riferito che vi era nei pressi dell’abitazione del Botta un auto con delle persone sospette e il Barbagallo –effettuato un sopralluogo- mi confermò che poteva trattarsi di forze dell’ordine, io decisi di affidarmi al destino e nel dubbio proseguì la riunione.”
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