di Carlotta Salerno

 Su iniziativa del presidente del Rotary Club Catania Sud, Dott. Luigi Castorina, è stato organizzato un interessante ed apprezzato seminario sull’etica.

L’iniziativa ha avuto lo scopo di rivalutare l’etica quale presupposto per un mondo migliore, in un momento in cui sembrano prevalere forme di nichilismo, ritenendo che debba far parte di quei valori che devono essere sempre presenti nel nostro patrimonio.

A sviluppare la tematica dell’etica nel sistema del diritto è stato invitato l’avv. Vito Pirrone, il quale ha posto le sue riflessioni sul rapporto tra etica e diritto, prima riferendo del diritto come momento formativo dell’ordinamento e successivamente approfondendone la dimensione dinamica in relazione all’etica.

Il relatore ha premesso che ad un soggetto che delinque l’ordinamento giuridico deve garantire gli strumenti necessari per difendersi, sottolineando che nel rapporto tra etica e diritto sia da ritenersi fondamentale la centralità Kantiana dell’uomo. Secondo l’avv. Pirrone: “la maggior parte della gente non è stata mai imputata, né lo sarà mai, e chi non ha vissuto questo tipo di esperienza ben difficilmente si pone dalla parte dell’imputato e difficilmente potrà comprendere i meccanismi processuali, sia giuridici, che etici che garantiscono la tutela di chi si trova in tale condizione .”

Così quando capita di fare qualche riflessione “salottiera”, magari su una notizia di cronaca particolarmente intrigante, si fanno valutazioni (talvolta sommarie) e critiche sul sistema giudiziario e sulla funzione difensiva, e si confida nella magistratura , attendendo “fideisticamente” da essa una sorta di virtuosa palingenesi.

Sicché ci si aspetta che proprio quest’ultima, mediante il processo, dia quella tranquillità civica cui la società aspira: la tutela dell’ordine pubblico e, dunque, la punizione dura, tempestiva ed efficace dei delinquenti.

In quest’ottica l’esercizio delle prerogative difensive viene visto come un espediente dell’imputato per sottrarsi alla condanna.

Invero, il relatore ha sottolineato che talvolta può accadere che vi siano avvocati i quali, svolgendo la loro attività con una certa “disinvoltura”, contribuiscano a rafforzare tale visione, ma sappiamo bene che questa è una patologia, presente in tutte le professioni.

Per capire la funzione difensiva svolta dall’avvocato, il processo e, più in generale, il funzionamento di tutto il sistema penale, bisogna provare a sentirsi imputati e magari … innocenti.

Se sotto il profilo processuale vige la presunzione di innocenza (di non colpevolezza), che deriva da un principio fondamentale sancito nella costituzione, si deve rilevare che sistematicamente, fuori dal processo, l’imputato è un presunto colpevole per tutti.

Il relatore, nel suo discorso, denuncia che oggi assistiamo sempre più spesso al c.d. processo mediatico, che affianca quello giudiziario e, talvolta, nel sentire comune, ne prende il posto (lo sovrasta).

Ciò è palesemente fuori dei precetti costituzionali relativi al rispetto del contraddittorio e alla parità delle parti nella formazione della prova, con la conseguenza che la condanna mediatica, talora ben più severa di quella giudiziaria, è sempre sommaria e per ciò ingiusta.

Dovrebbe essere non solo un principio giuridico, ma anche etico, che i processi vadano celebrati nei tribunali e non negli studi televisivi.

Il processo è rispetto delle regole, quello che si svolge fuori dalle aule giudiziarie non appartiene né all’avvocato né al diritto, perché non ha regole ed è in antitesi con la cultura della giurisdizione.

Infatti “i principi etici esigono un difensore autentico, prima ancora di un giudice indipendente, non meno che un processo equilibrato, prima ancora di una sentenza giusta.”

La nostra civiltà non può permettere che si pronunci una “condanna” senza che si sia, in tempi ragionevoli, celebrato un processo giusto.

Occorre che il giudizio sia espresso al termine di un procedimento rispettoso dei diritti difensivi, nell’interesse dell’imputato che deve poter dimostrare la propria innocenza, ma anche della collettività, che ha bisogno e diritto di punire i colpevoli.

 Pirrone ha inoltre fortemente precisato che l’avvocato non difende le scelte e le azioni dell’imputato, ma soltanto il suo diritto a un giusto processo, ribadendo un principio fondamentale: il difensore in un processo penale non difende il reato ma difende l’imputato, la persona , richiamando la centralità Kantiana dell’uomo.

 

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