Fashion Blogger: il lato umano di una professione sul filo dei secondi


Pubblicato il 18 Febbraio 2019

Un’emozione, per chi la produce non ci sono limiti alla ricompensa: non “quell’emozione da poco” che cantava Anna Oxa in versione punk negli Anni Settanta, ma la capacità vera di fare tenere sospeso il fiato ad un pubblico sterminato. Insomma, la capacità artistica in tutte le sue forme non deve conoscere condizionamenti da parte di moralismi di sorta: come il grande calciatore così la grande modella, uniti da una sensibilità estetica che supera le divisioni del mondo -apparentemente distante- in cui svolgono la propria professione.

La moda in senso lato è un mondo complesso, attorno al quale ruotano interessi disparati e rilevanti, non solo economicamente: non è solo una questione d’immagine come si potrebbe pensare a primo acchito, ma anche di doti comunicative, di risorse manageriali e di marketing, che si possono riassumere nella capacità di “influenzare” i consumatori.

La parola magica è allora quella di “influencer” che da tempo è collegata a quella dei fashion blogger. Una definizione che mette assieme tutti questi componenti, che sono le “chiavi” del successo aziendale, lontano dalle semplificazioni di chi pensa a semplici operazioni di promozione di abiti alla moda o di altro tipo di merce pregiata. Insomma, un lavoro che non si improvvisa, ma che piuttosto esalta stile e personalità: nell’ era del “io posso tutto”, affermarsi in questo settore è, invece, frutto di lunga esperienza e di impegno quotidiano.

Lo sa bene Tatiana Incardone, (nella foto) imprenditrice catanese, curatrice del blog www.lovemetrendly.it, esperta di moda e ideatrice di serate con finalità di beneficenza, come la “Love & Fashion Night” dedicata ai bambini del reparto di oncoematologia pediatrica del Policlinico di Catania.

Il suo è un percorso lungo anni e anni di esperienza diretta con il mondo della moda, vissuto dal vivo e non imparato da lontano: i risultati non sono arrivati esclusivamente girando il mondo, dall’Europa al Nord America o rinunciando ad una comoda vita di madre casalinga.

No: l’approccio è stato dettato da una conoscenza professionale di una realtà che nel tempo si è evoluta, diventando un mix di inventiva, curiosità, sensibilità, determinazione.

Doti essenziali per affrontare un mondo dove negli otto minuti di una sfilata (che possono valere anche 100 mila euro per una top model) ci si gioca tutto. Un po’ come tirare un calcio di rigore ai Mondiali. Sullo sfondo non ci sono miti mediatici, magari il personaggio di Miranda Priestley, la perfida direttrice di “Vogue” de “Il Diavolo veste Prada”, quanto piuttosto la cura del dettaglio, la voglia di farcela, quando la tensione arriva al vortice e si gioca tutto sul controllo dei nervi.

“Si pensa che la moda sia effimera – dice Tatiana – e in effetti lo è, ma questo non vuol dire che chi lavora in questo settore non abbia niente dentro. Tutt’altro.”

Non si tratta solo di competenza nello “shooting” (i servizi fotografici), nel make-up o nel fitting(le prove abiti), semmai questa professione (che non si improvvisa) è figlia di chi ha dentro di sé valori forti, sebbene i benpensanti ne possano dubitare.

“IL mio lavoro racchiude tante cose -continua Tatiana- che impongono scelte nette, capacità di soffrire e di interpretare i momenti, anche perché in pochi giorni di lavoro in giro per il mondo ti trovi a diretto contatto con un mondo altamente competitivo e dove l’organizzazione viene prima di tutto.”

C’è da curare tanti aspetti, quindi: da quello estetico-artistico per così dire a quello più di marketing-pubblicitario, a contatto con il mondo controverso dei media.

Non solo: conta e tanto l’esperienza, il saper cogliere la necessità del momento e del mercato che cambia a velocità supersonica, ruotando attorno ai social network, dove è possibile collegarsi anche all’indirizzo Instagram di Tatiana @lovemetrendly.

Ma oggi non può mancare per il lavoro di una fashion blogger Pc e collegamento Skype: banalità? Non proprio, visto che il fattore tempo regna sovrano e l’improvvisazione è nemica della professionalità. Provare per credere.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 


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