Felicia Bartolotta, mamma di Peppino Impastato. In ricorrenza del quindicesimo anniversario della morte


Pubblicato il 08 Dicembre 2019

Se per ipotesi si dovesse creare un “logo” con richiamo fisico che si assume l’onere di rappresentare le sofferenze, il riscatto e le contraddizioni caratterizzante la storia recente della Sicilia e d’Italia, pur tra tanti riferimenti, la mia scelta si rivolgerebbe ad una donna. Ricadrebbe sul volto, l’aspetto e la narrazione di Felicia Bartolotta, mamma di Peppino Impastato, il giovane eroe civile di Cinisi, attivista per la legalità, giornalista, militante di Democrazia Proletaria, ucciso trentenne dalla mafia il 9 maggio 1978.

Emblema della resistenza siciliana alla mafia, della lotta al colluso perverso intreccio politico-affaristico, e alle tante deviazioni istituzionali che hanno caratterizzato trame e stragi. La sua indomita figura divenne di dominio nazionale con il film i “Cento Passi” – anno 2000, regista Marco Tullio Giordana -, magistralmente interpretata dall’attrice catanese Lucia Sardo. Poi, nel 2016, il suo impegno venticinquennale in difesa della memoria del figlio Peppino e nella lotta per la ricerca della verità sulla sua uccisione, fu bene rappresentato nel film televisivo “ Felicia Impastato”, trasmesso dalla Rai il 10 maggio 2016 – regista Gianfranco Albano, protagonista l’attrice Lunetta Savino -.

La sua dipartita, a 88 anni, avvenuta il 7 dicembre 2004, fu salutata solennemente da un messaggio inviato al figlio Giovanni Impastato dal Presidente della Repubblica :

“ Mi associo con commossa partecipazione al suo dolore per la scomparsa della sua mamma Felicia, nuova madre coraggio che ha saputo trasformare il so straziante dolore per l’assassinio del figlio Pepino nella linfa vitale di un impegno instancabile in difesa della giustizia e della legalità contro le trame criminali: Felicia Impastato ha consegnato il suo alto e nobile messaggio civile soprattutto ai giovani che accoglieva nella sua casa per parlare loro dell’eroismo di Peppino e per raccontare a tutti il vero volto della amfia. Cordialmente, Carlo Azelio Ciampi”.

Nella parte finale del suo percorso di vita, l’11 aprile 2002, ebbe modo di avere riconosciuta quella Giustizia che , assieme al figlio Giovanni e ai compagni di lotta di Peppino, aveva reiteratamente richiesto. La sentenza emessa nell’aula del maxiprocesso, tribunale dell’Ucciardone, si pronunciò forte e chiaro, condannando all’ergastolo, come mandante, Gaetano Badalamenti, capo dell’organizzazione mafiosa di Cinisi- già recluso nel 1987 a negli Stati Uniti, con una condanna a 45 anni, come uno dei capi dell’organizzazione “ Pizza connection” dedita al traffico di droga -. Quel giorno Felicia, duramente provata, non volle venire in tribunale. Per portare la notizia fu raggiunta a casa da Salvo Vitale. Nel suo libro “ Cento passi ancora”, scrive, tra l’altro, sull’incontro: ……” Io ( Felicia) mi sento invece come il mare, quando, dopo u malutempu, torna il sereno. Ora posso morire tranquilla. ( Vitale) Ma che morire! Che vai dicendo? Quest’anno organizzeremo cose grandi. Si stanno preparando a venire qua un sacco di picciotti da ogni parte d’Italia. Metteremo sottosopra questo paese. Felicia riprende tutta la sua forza di splendida combattente. Allora voglio esserci anch’io. Morirò un’altra volta. L’abbraccio e mi abbraccia”.

Già il 5 marzo 2001 la Corte d’assise aveva riconosciuto il mafioso Vito Palazzolo corresponsabile dell’assassinio di Peppino Impastato, condannandolo a trent’anni di reclusione.

Il 1997 fu un anno fondamentale per l’accertamento della verità. Fu richiesto il rinvio a giudizio per Gaetano Badalamenti e Vito Palazzolo, come mandanti dell’omicidio.

Un mese dopo dalla condanna di Gaetano Badalamenti, il 9 maggio – anniversario dell’assassinio del figlio Peppino – fu un giorno di grande soddisfazione ed emozione per Felicia. Il paese fu attraversato da un grande e combattivo corteo, organizzato dal Forum sociale antimafia. La mamma, affacciatosi dalla sua abitazione a piano terra, sollevando il pugno saluta i partecipanti e con lo sguardo fiero e vivace, racchiuso dall’ ”onda” dei suoi canuti capelli, sorridendo distribuisce garofani rossi.

Per lunghi anni divenuta vestale laica della sua casa trasformata in museo, interamente dedicato alla memoria del figlio Peppino.

E’ la “ Casa Memoria Peppino e Felicia Impastato” ( Corso Umbero I, 220 Cinisi), nata nella primavera del 2005, gestita dall’omonima associazione, coordinatore il fratello di Peppino, Giovannihttp://www.casamemoria.it/

“ Un avamposto della resistenza contro il potere della mafia”. E’ questa la determinazione inserita nella prima pagina del sito :

http://www.peppinoimpastato.com/index.asp

In quella casa-museo aveva accolto la Commissione antimafia nazionale, costituita da Lumia , Russo Spena, Figurelli, Vendola, Pettinato. Il presidente Lumia le consegna la Relazione, approvata all’unanimità il 6 dicembre 2000 -relatore il senatore Giovanni Russo Spena -, consultabile su:

http://www.giuseppelumia.it/wp-content/uploads/2009/10/Relazione-Caso-Peppino-Impastato.pdf

che in maniera dirompente aveva “riaperto il caso”. Dopo tanti anni viene fatta luce sui depistaggi, occultamento di prove, complicità, messi in opera anche da rilevanti rappresentanti di strutture istituzionali.

Viene restituito a Peppino l’onore civile, vilmente deturpato. Impastato non è stato un “terrorista, suicida”, bensì un combattente per la libertà contro la mafia.

Durante la consegna della Relazione alla mamma viene letto il passaggio finale: “Di fronte a una mafia che comprende l’insopportabile pericolosità di Peppino Impastato e ne decide l’eliminazione, vi è uno Stato incapace di comprendere gli intrecci del territorio, deciso a non indagare contro la mafia e a non ricercare i mandanti e gli esecutori di quel delitto….non negligenza, non inerzia, ma scelta consapevole di lasciare inesplorati il sistema e i poteri criminali dei quel territorio”.

Alla mamma di Peppino viene data anche la “famosa” lettera-biglietto di Peppino ( rintracciata in casa durante la perquisizione effettuata dopo il ritrovamento del cadavere dilaniato), utilizzata in maniera fuorviante per costruire la falsa teoria del suicidio.

E’ importante ricordare che due anni prima – settembre 1998 – il “ Centro Siciliano di Documentazione “ Giuseppe Impastato” – https://www.centroimpastato.com/ , fondato nel 1977 da Umberto Santino e Anna Puglisi – con un apposito dossier, sostenuto pienamente dalla famiglia, nell’evidenziate le grandi contraddizioni emerse nel corso delle indagini, aveva formalmente invitato la Commissione parlamentare antimafia ad approfondire le azioni di ricerca sulla verità riguardo la morte di Peppino Impastato, inficiata dagli organi inquirenti. Un atto risolutivo, che completava in maniera determinante il tenace lavoro di denunzia e di sensibilizzazione dell’opinione pubblica da parte dei compagni di lotta di Peppino, dalla mamma e dal fratello Giovanni, incessantemente operate nel corso di vent’anni.

Nel 1987 Felicia aveva rilasciato una lunga intervista a Anna Puglisi e Umberto Santino. Fu pubblicato un libro di 72 pagine, ed. La Luna: “ La mafia in casa mia”. Un racconto emozionante del proprio diretto ambito familiare, del contesto del paese, della diffusa mafiosità e della contiguità parentale. Al centro della narrazione la figura di Peppino, la sua ribellione all’influenza del padre Luigi, quindi, il conseguente impegno sociale, politico e antimafioso. Una nuova edizione del libro, ampliata nella documentazione è stata pubblicata nel 2018, ed. Di Girolamo.

Felicia Bartolotta nacque a Cinisi il 24 maggio 1916. Trentunenne si sposò con Luigi Impastato, negli anni trenta era stato confinato per tre anni nell’isola di Ustica, per atti mafiosi. Il cognato del marito, Cesare Manzella, capomafia di Cinisi, nel 1963, nella fase della guerra mafiosa tra i clan Greco-La Barbera, rimase ucciso a seguito dell’esplosione di un’auto bomba. Fu madre di tre figli: Peppino – 5 gennaio 1948 – , Giovanni – 1953 -, un altro figlio ( Giovanni) era nato nel 1949, morto all’età di tre anni. La sua convivenza con il marito fu particolarmente infelice, per la sua continua litigiosità e per i rapporti mantenuti con il nuovo capomafia del paese Gaetano Badalamenti ( subentrato dopo la morte di Cesare Manzella).

Già da ragazzo Peppino entrò in forte contrasto con il padre. Lungo gli anni l’attività politica e le azioni di denunzia e contrasto all’organizzazione mafiosa del figlio sono diventate dirompenti, divergenti dal disinteresse e dal modello caratteriale del papà Luigi.

Nel contesto familiare il “clima” diventa molto difficile. Felicia si schierò apertamente a sostegno del figlio, in particolare quando Peppino venne cacciato da casa dal padre. Luigi Impastato morì nel settembre del 1977, investito di notte da un’autovettura, otto mesi prima dell’assassinio di Peppino.

La sua lunga lotta, vera e propria abnegazione alla ricerca della verità sull’assassinio del figlio in prima fila nelle lotte politiche e sociali per la liberazione degli sfruttati di sempre – erede delle stoiche lotte contadine -, di donna nata all’inizio del novecento in un’area urbana della “periferia” siciliana già infestata dalla mafia, con “scarso livello di alfabetizzazione” e soggiogata nel suo ruolo di donna dall’antico potere maschile – caratterizzazione comune per la stragrande maggioranza delle donne in quella fase temporale-, simbolo del riscatto contro il predominio feudale-latifondista, politico-affaristico-mafioso, di liberazione alla sottomissione maschile, fa parte delle pagine più stoiche della recente storia d’Italia.

Domenico Stimolo.
 
 
 
 

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