di Marco Iacona
È bastato che Vittorio Feltri – cronista spettinato – dicesse (male): a) quello che pensa in libertà di coscienza e secondo verità deformate ma empiriche; b) quello che pensa un certo numero di settentrionali, avendo ragione o torto, con cattiveria, lucidità o cinismo; c) quello che, al contrario, la stragrande maggioranza dei “terroni” pensa dei “polentoni”, sostenuti in ciò da una cultura protagonista immeritatamente ben oltre i confini locali e sulla bocca di tutti, colti e ignoranti; cultura oggi sovralimentata (paradosso) da un ignorantismo rozzo e discriminatorio; d) quello che molti “operatori culturali” del Paese pensano circa le differenze Nord-Sud in tema di accesso alle sorgenti culturali, alla loro gestione e alle forme di comunicazione; e) quello che è sotto gli occhi di qualsiasi osservatore terzo, qualora “giudicasse” per sistemi e secondo grandi numeri; f) quello che “è” in relazione alla qualità degli enti – esseri umani compresi – e delle istituzioni pubbliche di ogni ordine e grado; g) quello che qualsiasi scienziato sociale (se serio) attesterebbe con numeri e strumenti di classificazione tra i più diffusi; h) quello che qualsiasi uomo di sinistra penserebbe di un uomo di destra, peggio se, a sua volta, quest’ultimo si è espresso con accenti poco lusinghieri citando “a sproposito” i nipotini di Marx e di mammo Engels;
i) quello che qualunque studente volenteroso penserebbe in quanto frequentante sedi scolastiche e università dell’ex Regno delle due Sicilie; l) quello che malgrado loro stessi migliaia di emigranti, di qualunque ceto e condizione, testimoniano da decenni con la loro stessa esistenza, per la loro stessa “condizione”; m) quello che pensa chi si è sottratto col coraggio che solo il telos di un orizzonte di verità può dare, alla dittatura cancerosa della “cultura siciliana”, indirizzandosi verso una più sana e positiva “cultura dei siciliani”; è bastato questo, un nonnulla, perché l’odio meridionale – alla faccia del “saremo migliori” –, col corollario della violenza tipica dei “ribelli” a cui è stato promesso chissà quale obiettivo, travalicasse i confini della comune reazione e si spandesse sulla persona di un signor giornalista che si è lasciato scappare un poco elegante giudizio, provocato (oltre che da reali convinzioni) dall’età, dai modi televisivi e probabilmente dalla percentuale di alcol nei liquidi organici, ponendo da parte gran parte dei freni inibitori che regolano relazioni e influenze reciproche, giudizio adesso sulla bocca di tutti, e senza valutarne le conseguenze.
È bastato tutto questo perché l’odio che il meridionale cova in primo luogo verso se stesso trovasse, ancora una volta, un obiettivo oltre se stesso, partecipando dell’operazione di autoassolvimento di una condizione penosa. Nulla di nuovo. Una decennale ricerca del capro espiatorio capace di mondare colpe e responsabilità, si direbbe, a trecentosessanta gradi. Così adesso essi, i meridionali, offesi dall’arroganza ignorante del signor Feltri potranno ri-mettersi in fila, agenzia rimborsi, per ri-chiedere vecchi-nuovi risarcimenti e per farne chissà cosa. Con maggior forza, perché il torto morale, si sa, passa con massima svogliatezza. Se passa.
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