Festa di S. Agata: ci si può battere contro le infiltrazioni mafiose e battersi per un imputato delle stesse possibili infiltrazioni? Solo ‘Diolosà’


Pubblicato il 17 Gennaio 2012

Festa di S. Agata: ci si può battere contro le infiltrazioni mafiose e battersi per un imputato delle stesse possibili infiltrazioni? Solo ‘Diolosà’. Amletico quesito sull’ultima performance dell’avv. Fiumefreddo. Intanto, oggi ha parlato il presunto boss incensurato Mangion, un “devoto” doc!di Marco Benanti, iena giudiziaria

Siamo d’accordo con “Sudpress”: la mafia deve stare lontana dalla festa di Sant’Agata, che va preservata da possibili infiltrazioni criminali. E allora ci chiediamo: come fa l’avv. Fiumefreddo, animatore e promotore di “Sud”, a non provare imbarazzo nel difendere l’ex presidente del circolo S. Agata alla Collegiata, Pietro Diolosà, accusato di concorso esterno in associazione mafiosa nel processo in corso, davanti ai giudici della quarta sezione penale del Tribunale di Catania (Presidente Fichera) per le presunte infiltrazioni mafiose nella festa? Sarà il suo lavoro, sarà la professione, ma a noi la domanda ci pare legittima.

Il processo intanto va avanti e il 24 aprile prossimo vivrà l’avvio della discussione, prologo della sentenza. Non sembrano, comunque, essere emersi nel corso del dibattimento prove o elementi talmente gravi da portare qualche risultato concreto all’Accusa. Ma occorre arrivare alla sentenza per dare un giudizio definitivo.

Stamane è stato sentito l’ultimo teste dell’Accusa, un artificiere sul tema generale dell’autorizzazione o meno per i fuochi. Poi, l’imputato Giuseppe Mangion, da dietro le sbarre, ha risposto favorevolmente all’invito dell’Accusa, rappresentata dal Pm Antonino Fanara, a rispondere ad eventuali domande. Mangion, in generale, è un nome del Gotha mafioso catanese, ma Giuseppe, chiamato da tutti “Enzo” è –come dettoci dalla sua Difesa- un incensurato, che sta scontando una condanna, ancora non definitiva, per l’operazione antimafia “Dionisio”.

Ebbene, quel che è ritenuto dagli investigatori un boss, seppur incensurato, ha risposto alle domande, ricordando di aver fatto parte del circolo S.Agata insieme ad altri familiari e di aver partecipato alla festa in onore della patrona, in particolare nel momento dell’uscita dello scrigno. Ha sottolineato di essere “devoto”Mangion e ha detto, rispondendo ai quesiti del Pm, di non ricordare chi fossero i componenti del direttivo del circolo. Ha rammentato, in generale, solo un nome: Diolosà.

Secondo l’ipotesi dell’Accusa avanzata dalla Procura della Repubblica, la mafia avrebbe messo le mani sulla festa, in particolare come affermazione di potere sociale. Per la Procura il condizionamento sarebbe avvenuto attraverso il Circolo S.Agata, che gestisce le uscite e le fermate del fercolo con il busto reliquiario della Santa Patrona e delle Candelore, ceri di legno portati a spalla che vengono fatti ‘annacare’ durante la processione. La Procura ritiene che la gestione della festa per la ‘famiglia’ fosse più importante sul fronte dell’affermazione del potere che per il profitto generato dalle ‘fermate’ davanti a certe bancarelle piuttosto che altre.

Il Comune di Catania si è costituito parte civile nel processo, a carico di sette imputati, accusati di associazione mafiosa finalizzata a ottenere ingiusti vantaggi nell’ambito della festa. Imputati sono Nino Santapaola nipote del boss Benedetto, il figlio minore di quest’ultimo, Francesco, Salvatore Copia e quattro esponenti della famiglia Mangion, Enzo, Alfio, Vincenzo e Agatino. Di concorso esterno è accusato l’ex presidente del circolo S. Agata alla Collegiata, Pietro Diolosà.


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