Fini attacca Alfano sullo strapotere della Lega ma non pensa che forse con An in vita sarebbe stato diverso

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Un attacco diretto al governo Berlusconi e alla maggioranza (con la quale si è presentato alle elezioni e grazie alla quale oggi ricopre l’incarico di presidente della Camera dei Deputati). E’ un Gianfranco Fini che non si pone limiti quello che si scaglia pure contro il neo segretario del Pdl Angelino Alfano: “sono certo che la pensa come me – dice da Agrigento – ma non può fermare le parole di Bossi perchè non ha la libertà di farlo e per questo deve ingoiare bocconi amari che gli consentono di continuare a gestire il potere”.

Parole pesanti dette non da un politico qualunque ma da uno che pur di andare a governare, per ultimo proprio insieme a Berlusconi e Alfano, s’è reso protagonista della cancellazione del Movimento Sociale Italiano prima e di Alleanza nazionale successivamente. Partiti che avevano una storia ineguagliabile, che hanno formato generazioni di politici preparati e onesti, la cui soppressione ha lasciato un vuoto incolmabile in una fetta dell’elettorato italiano.

E se invece il principale responsabile dell’odierno strapotere della Lega di Bossi fosse proprio Gianfranco Fini? Perchè no! Non ha mai pensato che magari solo quell’ Alleanza nazionale che lui ha cancellato oggi avrebbe potuto contrastare i “ricatti governativi” della Lega Nord, facendo da contrappeso in seno all’esecutivo? E in questo momento di sfiducia e di vuoto di valori, Alleanza nazionale avrebbe conquistato consensi impressionanti.

Ai tempi della fondazione del Pdl, Bossi se n’è guardato bene dallo sciogliere il suo partito per farne uno unico con Berlusconi. Perché? Lui (e noi pensiamo anche Fini) lo sapeva che per fare al meglio gli interessi del proprio elettorato avrebbe dovuto mantenere una certa autonomia, non avrebbe dovuto mischiarsi con la massa per non fare la fine della goccia nell’oceano. Lui lo sapeva che fondere un partito che tramuta idee in azioni con un altro nato come movimento che si è sempre posto il solo fine di governare avrebbe costituito un tradimento incancellabile nei cuori e nelle menti di chi per quelle idee s’è battuto anche a costo della propria vita. Lui sì, Fini no.

Nel corso del suo intervento Fini non ha tralasciato di parlare di “quella magistratura che andrebbe ringraziata per quello che fa e viene invece indicata come un contropotere da abbattere. E davanti a tutto questo non si può tacere”. Quella magistratura, aggiungiamo noi, che con lui è stata celerissima, mentre in Italia ci sono cittadini che attendono giustizia da anni.

Fini poi ha parlato del ministro Brunetta che ha auspicato la cancellazione del certificato antimafia per snellire la burocrazia: “Brunetta – dice secco Fini – ha perso un’occasione per tacere”. E chiede al governo che fine abbia fatto il disegno di legge anti-corruzione, “che il Pdl ha lasciato in un cassetto”.

Infine il presidente della Camera si è dedicato alle parole pronunciate dal presidente della Cei Angelo Bagnasco, secondo il quale la questione morale non è un’invenzione mediatica e i comportamenti licenziosi ammorbano l’aria. “Il monito di Bagnasco – dice Fini – va preso in grande considerazione. È un appello alle coscienze e un invito a chiunque abbia responsabilità in questo paese”. Certo, detto da lui che da qualche tempo a questa parte non si può sostenere che moralmente parlando spicchi, c’è da crederci. No?

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Redazione Iene Siciliane

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