Catania

FINISCE L’ “ERA ROTA”: UNA MISERABILE “RESA DEI CONTI”

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Come accade –sfortunatamente- agli uomini e in più generale ai soggetti che hanno rappresentato un piccolo o grande sistema di Potere, quando cadono, sono buttati giù (per metafora), spesso, in nome di un ideale profondo, una idealità che anima, in particolare sotto l’Etna, tanti “uomini di buona volontà “ e soprattutto di “sani principi”: la legalità.

 Effettivamente, applicata ad una realtà sudamericana come Catania (abitato dal “popolo più cinico del mondo” scriveva Pippo Fava) potrebbe sembrare (la legalità) una presa per il culo, ma il rispetto delle regole oggi è il “cavallo di battaglia” (o forse meglio “di Troia”) dei rinnovatori della Cgil di Catania. Rinnovatori contro la vecchia gestione del segretario Giacomo Rota, ma nello stesso tempo, almeno nelle figure di maggior rilievo (a cui si sono legate subito –con scelta di vita all’italiana- i “giacobini di via Crociferi”) sue “creazioni”, o magari per essere più precisi “creazioni” della triade Villari-Rota-Raia.

Insomma, gli “eredi” o simili di Rota hanno inaugurato il “nuovo corso”, l’ex segretario, oggi, invece si è dimesso dai suoi incarichi direttivi in Cgil (per la precisione da segretario regionale della Filctem) e ha indirizzato una lettera ai vertici del sindacato ricordando i passaggi essenziali della sua vicenda, che lo vede adesso sul “banco degli accusati” (per presunte violazioni in tema di gestione contabile –per dirla in senso lato- della Camera del lavoro). Accuse –lo sottolineiamo- che Rota ha sempre respinto. Insomma, lui, proprio lui, è divenuto “cattivo”, dopo anni e anni di silenzi, di qualche “contestazione” (ricordiamo un’assemblea al riguardo) e di tanto, ma tanto consenso, anche sulla stampa, a parte i “reazionari” di “ienesicule”, o meglio come dicono quelli della borghesia di sinistra catanese quelli che “compagni non sono” (e meno male, non essere “compagni” di questa gente degna di un film di Nanni Moretti è sempre un titolo di merito).

Insomma, il finale di questa miserabile storia catanese è il “cambio di regime”, con la fine del “vecchio” e l’affermazione del “nuovo” , in realtà un’operazione trasformistica nella peggiore tradizione della politica e del sindacato all’italiana. Rota non allineato al “nuovo corso” nazionale e regionale? Beh, peggio per lui…

Ma, in ogni caso, tentare di calpestare oggi Rota è operazione miserabile e degna di chi la fa: quando gli uomini stanno sulla poltrona vanno combattuti sempre (perché il Potere fa sempre schifo, anche e soprattutto quello dei “buoni”), fare simili operazioni in queste circostanze qualifica chi le fa. Perché prendere “spazi” sulle “cadute legalitarie” di altri (con i quali magari si è andati a braccetto a lungo) è, sempre, un po’ miserabile, anche dal punto di vista politico e sindacale.

Il sindacato vive, da tempo, una “trasformazione genetica”, che allontana tanti: Giacomo Rota, con tutti i difetti che noi di ienesicule abbiamo evidenziato tante volte, resta un uomo che ha vissuto e vive il sindacato, la Cgil in particolare, come una parte fondamentale della sua vita.

Resta, allora, per i vecchi e nuovi “giacobini” all’italiana, taluni usciti con vantaggi personali dalla “terribile era rotiana”, la magra soddisfazione di averlo buttato giù con la legalità, mai con la politica e con i mezzi del confronto. Ma questo è un dato ormai storico di gran parte della sinistra italiana, abituata alle sue “rese dei conti” ricorrendo alle “regole”, ai codici, ai marescialli più o meno in divisa o peggio ancora ai piemme. Prerogative di bravi borghesi, cari “compagni del cazzo”, simbolo di voi e del vostro “comunismo manettaro”.

Il tempo della politica è lontano, ma occhio che “vincere” in questo modo, talora, apre solo il varco per eventuali nuove, stupende “sconfitte” nelle “regole”.

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Benanti

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