Iena analista
Archiviate, ormai da alcuni mesi, le elezioni europee e la “sbornia” di consensi, la Lega in Sicilia è praticamente “spenta”. Il partito, trascinato da Salvini, ricorda sempre più Forza Italia nei tempi d’oro. Il “capitano” è il nuovo Berlusconi. Decide tutto lui. I leghisti siciliani contano poco o nulla.
I malumori sono tanti, ma non emergono. Meglio stare in silenzio. Il timore è di essere isolati, cacciati o costretti a lasciare. Come è accaduto recentemente a Tony Rizzotto. Il suo torto? Non essere allineato alle decisioni del commissario Stefano Candiani.
I bene informati dicono che il partito in Sicilia stenta a radicarsi. Manca una classe dirigente e anche una visione politica futura. Capace di raccogliere una valanga di voti quando in prima linea c’è Salvini, fatica, e non poco, alle tornate amministrative.
La Lega, almeno in Sicilia, potremmo definirlo il partito delle contraddizioni: veti incrociati, correnti, ripicche e attacchi per delegittimare e screditare potenziali aspiranti alle prossime tornate elettorali, politiche in testa.
La Lega è poi anche il partito del “no”. Porte sbarrate a tizio, ma anche a caio e pure a sempronio. “No” a Genovese e “no” a Musumeci. “No” a questo e “no” a quello. Ma i troppi “no” tarpano le ali alle mire espansionistiche meridionali del carroccio e alla nascita di una classe dirigente siciliana.
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