Un affare faraonico finito in un mega scandalo che coinvolge malapolitica, malagiustizia e criminalità mafiosa. E’ il processo alla città, il processo per la costruzione del nuovo ospedale Garibaldi di Nesima. Vi diamo le ultime notizie su quanto avviene in aula, dove i mezzi d’informazione che contano sono pressoché “latitanti”. In primo grado, tra gli altri, è stato condannato il senatore Pino Firrarello a d una pena di due anni e mezzo per turbativa d’asta aggravata. Reato ormai prescritto secondo la Procura Generale.
Continua nel silenzio pressocchè generale un procedimento che disvela il sistema di Potere di Catania. Il caso clamoroso del pentito Pulci, con i verbali mai depositati agli atti dell’inchiesta!
Per la “città che conta” è un processo da oscurare, per la stampa che fa finta di fare “battaglie” di cambiamento a Catania è meglio non parlarne per ragioni di bottega, per i catanesi semplicemente non esiste oppure è “normale” che le vicende dei “colletti bianchi” siano trattate con circospezione, per non dire al “buio”. Cose di Catania, insomma, la “città coperta”.
Invece, in una città normale un processo del genere aprirebbe dibattiti e scenari ampi: il procedimento cosiddetto “Garibaldi”, che tratta dello scandalo del nuovo ospedale e del complesso residenziale per studenti “Tavoliere” è in appello.
Il 24 giugno ci sarà una nuova udienza. Il 10 giugno scorso, davanti ai giudici della prima sezione della Corte d’Appello, si è tenuta una nuova “puntata” di un processo che fa riflettere e lascia più di un dubbio.
Esempi? Due giudici ricusati, uno (il dott. Gioacchino La Rosa) due volte, l’altro il Presidente Ignazio Santangelo nella penultima udienza: risultato? Dichiarazione di inammissibilità. Sempre. E’ stata ricusata anche la città: lo scorso anno, ci fu richiesta in Cassazione di trasferire altrove il processo per “condizionamenti ambientali” legati a Catania e al suo sistema di Potere.
Risultato? Respinta anche questa istanza. Adesso, nell’ultima udienza è arrivata dalla Difesa dell’imputato Giuseppe Cicero la richiesta di rinnovazione dibattimentale: sentire il “pentito” Calogero Pulci, uomo di rango nel clan Madonia e poi sentire anche i magistrati D’Agata, Busacca e Scalzo.
Al centro di queste richieste, quindi, la vicenda legata al “Garibaldi” di verbali con dichiarazioni del pentito, mai depositati agli atti dell’inchiesta. Ben cinque volte è stato sentito Pulci, uomo di fiducia di Piddu Madonia, collaboratore definito giornalisticamente come “autista”, ma che in realtà conosce cose e personaggi di Cosa Nostra, di assoluto livello. Però, a Catania può accadere anche questo.
Del resto, il processo “Garibaldi” è lo specchio di una città, del suo Potere. Un sistema trasversale: un tempo si chiamavano “comitati d’affari”, poi si disse che questa espressione era “estremista”. Bisognava essere moderati, a Catania soprattutto città di accomodamenti.
Comunque, il procedimento “Garibaldi” tratta di due mega-affari, quello appunto del nuovo ospedale “Garibaldi” a Nesima e quello del complesso residenziale per studenti -poi mai realizzato- del “Tavoliere”. Una montagna di denaro quello che ruota attorno al nuovo nosocomio: 63 miliardi di vecchie lire per il primo lotto assegnato alla Iter Ravennate di Michele Cavallini, 75 miliardi per il secondo lotto vinto dalla Costruzioni Generali Cgp di Giulio Romagnoli.
Ma cosa accadde ai tempi dello scoppiare dello scandalo? Gli “artigli” della malapolitica, della mafia e della massoneria si fanno sentire attorno all’affare: dentro il Palazzo di Giustizia di Catania più di un fatto lascia dubbi e perplessità sull’indagine e sul processo.
“E’ un’inchiesta inquinata”: in questi anni di silenzi e di assenze, in particolare della stampa ufficiale locale -il cui editore- direttore Mario Ciancio ha avuto un “suo” uomo, l’ing. Giuseppe Ursino pesantemente coinvolto, con l’esito finale della prescrizione- e di quella nazionale, solo un imputato (condannato per non avere voluto avvalersi della prescrizione nell’Italia dei “furbi” e delle “scorciatoie”), l’avv. Giuseppe Cicero ha avuto il coraggio di denunciare pubblicamente che sul “Garibaldi” ci sono ombre lunghe e fatti concreti che dovrebbero almeno fare spostare altrove il processo.
Ma la Cassazione ha respinto in modo sbrigativo l’istanza diretta proprio a questo e il processo a Catania, davanti alla prima sezione della Corte d’Appello, è divenuto da tempo una sorta di farsa. Rinvii continui, i faldoni dell’inchiesta finiti in luoghi “dimenticati” -persino in terrazza- dentro la bolgia di Palazzo di Giustizia, una gestione con atti di autoritarismo da parte della Presidenza della Corte, una volontà latente di fare presto, di concludere il secondo grado, secondo magari -questa è la sensazione- esiti prevedibili, in linea con quanto già emerso in primo grado, in concordanza con le linee di fondo della Procura della Repubblica.
Insomma, un processo che dovrebbe fare saltare in aria chi si batte per il rispetto delle regole e per l’affermazione della verità: ma quale verità? Dalle carte dell’inchiesta, ci sono più di un elemento che dovrebbe spingere inquirenti e investigatori a “guardare altrove” per ricostruire davvero quanto avvenuto per gli appalti del “Garibaldi”, secondo quali strategie ed interessi “forti”, dove personaggi eccellenti della politica ed dell’ economia hanno dominato -in modo occulto- la scena. Come in un film famoso “Cadaveri Eccellenti” ne sono e ne accadute di tutte i colori, anche e soprattutto nelle aule di giustizia.
Il “Caso Catania” esiste eccome e investe l’amministrazione della giustizia in modo profondo: da questo punto di vista, qualcuno ha detto che si stava meglio ai tempi dei “cavalieri del lavoro”. Il 24 giugno la prossima udienza: potrà parlare Pulci?
Iena Maculata
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