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Giorgio Montefoschi ed il “desiderio”
Pubblicato il 18 Ottobre 2020
di Gian Maria Tesei
Tra le personalità letterarie di maggior rilievo della decima edizione di TAobuk si è stagliata la figura di Giorgio Montefoschi che è stato iscritto nel novero di coloro che hanno ricevuto il Taobuk Award for Literary Excellence nella serata di gala del 3 ottobre, ottenendo il premio per mano dell’assessore ai Beni Culturali e all’Identità Siciliana Alberto Samonà ( che ha affermato come l’entusiasmo così come l’assoluto siano anche capacità di sognare).
Lo scrittore laziale ha descritto la genesi della sua ultima creazione scritturale “Desiderio”( edito da La Nave di Teseo nel 2020) affermando come egli l’abbia scritto non intenzionalmente e come il desiderio sia un valore deprezzato.
Il vincitore del Premio Strega nel 1994 con “La casa del padre” ha continuato a riguardo asserendo come siamo abituati al tutto e subito mentre il vero desiderio è qualcosa di irraggiungibile anche in amore affermando inoltre come il desiderio profondo si conformi al desiderio ultimo ossia quello dell’assoluto. E questo concetto per il finalista del 47 Premio Internazionale Flaiano di Narrativa e Italianistica proprio con il suo ultimo libro si congiunge al nostro intimo desiderio di permanere sempre, anche e proprio in amore, in pieno conflitto con una società che propugna la cultura dell’usa e getta anche a livello sentimentale oltreché esperienziale.
In “Desiderio” l’autore traspone una storia d’amore che dagli anni sessanta del secolo scorso ci conduce, con una dialogica asciutta ma possente e piena di interessanti sottotesti e senza dar molto spazio agli ambienti esterni, al nuovo millennio attraverso tre tempi di una passione, quella tra Livia e Matteo ( appartenenti alla borghesia benestante di Roma e conosciutisi da giovani), che deflagra o si assopisce, si inabissa o riaffiora a seconda degli accadimenti, fatti di matrimoni, prole, trasferimenti, decessi dei genitori e che non diventa mai qualcosa d’ulteriore , abbandonandosi ad una normalità che attraversa varie vicende, con i due protagonisti che preferiscono lasciarsi vivere piuttosto che decidere pienamente delle proprie azioni.
Ma il desiderio per Montefoschi, che è anche critico letterario e che si è laureato in lettere con una tesi su Elsa Morante, è brama di eternità che noi spesso dimentichiamo, non chiedendoci neanche da dove veniamo, quesito la cui risposta per l’autore di “La felicità coniugale” (del 1982) è che proveniamo da un grembo oscuro che è un mistero. Ma anche il mistero è un valore deprezzato dalla società secondo Montefoschi che ha accennato a come gli stessi sacerdoti nelle chiese non riescano a comunicare a dovere il profondo senso dell’ irrazionale e dell’assoluto, avvolto da un alone misterico, enigmatico ed arcano, a cui ognuno di noi tende.
Il creatore de “Il volto nascosto” (del 1991) discutendo sulla necessaria centralità dell’Italia e della Sicilia in modo particolare nella risoluzione dei problemi dei paesi che si affacciano sul Mar Mediterraneo ha sposato appieno il concetto espresso dal drammaturgo, accademico e scrittore israeliano Abraham Yehoshua proprio a Taobuk nel 2017 ossia: “La Sicilia potrebbe essere il luogo adatto a forgiare e a dare importanza a un’identità mediterranea per i popoli che ne abitano le sponde.”
E dello scrittore di Gerusalemme Montefoschi ha detto come abbia saputo raccontare storie familiari di uomini comuni che, immersi nelle complesse vicende della loro vita, continuano ad amare. Lo stesso autore romano ha sottolineato come tutto quello che racconta l’autore di opere come “Viaggio alla fine del millennio” (del 1997), “il tunnel” (del 2018) e di saggi quali “Elogio della normalità” (del 1991) o “Il labirinto dell’identità” (del 2009), sia ambientato in un luogo tragico ed i suoi romanzi assumono per questo una maggiore forza e vigore nei sentimenti espressi e nelle vite narrate, trasudando e trasferendo il portato drammatico di quei contesti nello scritto per cui i medesimi personaggi e le stesse storie ambientate in regioni del mondo diverse non addiverrebbero a profondità emozionali così importanti ed accattivanti.
E forse, per Montefoschi, quello che manca davvero agli scrittori occidentali per raggiungere questa complessa intensità da tradurre attraverso i propri personaggi è quella tragicità propria di un luogo che da tempo si dibatte tra eventi dolorosi e drammatici e che pure anela ad una pace ed una tranquillità permanenti.
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