Stamane in aula ha parlato la parte civile e ha reso noto che… di iena giudiziaria
I morti sono adesso 17: l’ultimo decesso è arrivato il 25 dicembre scorso. Una ricercatrice di 42 anni, colpita da un tumore. Anche lei aveva frequentato i laboratori della facoltà di Farmacia; quei veleni hanno probabilmente spezzato l’ennesima vita. Come accaduto in passato.
http://www.ienesiciliane.it/cronaca/13733-giustizia-catanese-veleni-farmacia-indagine-per-omicidio-e-lesioni-colpose-la-procura-chiede-l-archiviazione.htmlhttp://www.ienesiciliane.it/cronaca/13283-giudiziaria-veleni-facolta-farmacia-catania-chieste-condanne-per-disastro-ambientale-prescrizione-per-gestione-di-discarica-abusiva.html
A renderlo noto, stamane, l’avv. di parte civile (ne assiste dieci) Santi Terranova (nella foto), che per circa due ore ha parlato ai giudici della terza sezione del Tribunale di Catania nel processo per disastro ambientale. A sentire lui, qualche cronista, molti familiari delle vittime, alcuni con gli occhi rossi per l’emozione. Il resto della città assente.
L’avvocato Terranova ha annunciato che non si opporrà alla richiesta di archiviazione (definita dal legale “inaudita”) per l’indagine che ipotizza il reato di omicidio e lesioni colpose, bensì chiederà che siano riaperte le indagini dopo la sentenza di primo grado. Che dovrebbe arrivare nel mese di aprile e che possibilmente dovrebbe o potrebbe attestare il disastro ambientale. Da lì si potrebbe ripartire per cercare -fino in fondo- la verità su una strage di giovani vite. “Tradite” dalla massima istituzione del Sapere, dall’Università.
Non a caso, l’avv. Terranova ha parlato di “45 anni di menefreghismo, dal 1968 al 2011. La situazione in quei locali era quella descritta da Emanuele Patanè (il giovane ricercatore che con il suo memoriale ha fatto esplodere il caso, ricordato più volte nel suo intervento dal legale di parte civile, ndr)”, mettendo sotto accusa l’Università per quanto accaduto in quei maledetti laboratori. Terranova, parlando con i cronisti, ha puntato il dito contro la “minimizzazione di un caso che meritava attenzione, di disattenzione, di sciatteria, di lassismo” -rievocando quanto già detto in aula. Non solo, ma ha sottolineato le mancanze di chi aveva l’obbligo di sorvegliare. E, invece, per anni e anni, l’aria in quei locali era stata caratterizzata da vapori forti, sgradevoli, letali, gli armadietti non erano stati confacenti allo scopo, le sostanze chimiche e tossiche erano scivolate, sversate e miscelate, nei lavandini.
Come è potuto accadere? C’ è stata omertà dentro l’Università? Alla nostra domanda l’avv. Terranova ha risposto: “io ho parlato testimonianze reticenti, di alcuni testimonianze palesemente false se poi sono ancorate ad un regime di omertà non spetta a me dirlo”.
Dopo l’udienza di oggi (hanno parlato per le parti civili anche l’avv. Vito Presti per “Cittadinanza Attiva” e il prof. Guido Ziccone per l’Università ) il processo continuerà il 7 marzo. Già si sono registrate 30 udienze, 150 ore di dibattimento, sono stati sentiti 60 testimoni, con tremila pagine di verbali, 1201 sostanze velenose trovate in un prelievo di terreno. Entro aprile dovrebbe arrivare la sentenza. La giustizia, invece, è ancora lontana.
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