Sono una contro l’altro in un dibattimento a Messina
di iena giudiziaria marco benanti
L’hanno chiamata “operazione “brotherhood”ed è un’inchiesta della Guardia di Finanza con il coordinamento della Procura della Repubblica di Catania, scattata a metà giugno scorso e che ipotizza che professionisti ed esponenti della massoneria si sarebbero rivolti a esponenti del clan Ercolano per l’aggiudicazione di beni in aste giudiziarie e per ottenere appalti pubblici.
Ieri, in occasione dell’udienza preliminare, davanti al Gip Rosa Alba Recupido, ci sono stati momenti “effervescenti”: la difesa di Aldo Ercolano (figlio di Sebastiano) ha presentato istanza di ricusazione del giudice. Perché? Perché magistrato e avvocato difensore (Giuseppe Lipera) sono una contro l’altro a Messina in un dibattimento nato da una querela del magistrato contro il legale, imputato di diffamazione e calunnia a causa di un esposto inviato al presidente del Tribunale di Catania e ad altre autorità.
Bene, durante l’udienza, il giudice ha reso noto di aver già avanzato istanza di astensione, richiesta rigettata dal presidente del Tribunale. “Ma era per lo stesso motivo?”-avrebbero esclamato taluni legali presenti in aula.
Insomma, ora la Corte d’Appello dovrà decidere sulla ricusazione: il 14 febbraio, alla prossima udienza, si conoscerà la decisione. Oggi, per altro, altro imputato, l’avv. Antonio Drago, con l’avv. Ignazio Danzuso, ha chiesto di patteggiare. Richiesta di rito abbreviato, invece, da parte di Sebastiano Cavallaro con l’avv. Salvo Cannata.
Gli altri imputati sono: Francesco e Carmelo Rapisarda, Adamo Tiezzi, Antonio Finocchiaro, Giuseppe Finocchiaro, Christian Puglisi.
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