Giudiziaria, Catania, Malasanità: non fu trasferito in tempo in un centro grandi ustionati, condannati due dirigenti medici

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LA MORTE DI UGO CALì, ECCO LE MOTIVAZIONI CHE…

di iena giudiziaria marco benanti

“…Di talchè, in definitiva, i sanitari che hanno omesso di richiedere e di disporre il tempestivo trasferimento del Calì presso un ‘Centro Grandi Ustionati’, con il suo pesante carico di conseguenze negative, hanno condannato il Calì a morte certa…”

Così scrive il giudice Luca Lorenzetti della quarta sezione del Tribunale di Catania, in composizione monocratica, a motivare la condanna di Riccardo Bottino e Giuseppe Garofalo, rispettivamente direttore dell’unità Ospedaliera di anestesiologia e rianimazione e il secondo direttore del reparto di rianimazione dell’ospedale “S. Bambino” di Catania. Entrambi sono stati ritevenuti responsabili di omicidio colposo e sono stati condannati ad otto mesi di reclusione, pena sospesa.

La vicenda riguarda la morte del giovane Calì Ugo Maria avvenuta l’11 settembre del 2007 presso l’ospedale “Santo Bambino” di Catania, dove il giovane era stato ricoverato, nel reparto di rianimazione, a seguito delle gravissime ustioni di II° e III° grado, riportate su oltre il 50% del corpo, la notte del 31 agosto di quell’anno.

Il processo ha visto come imputati il dott. Riccardo Bottino ed il dott. Giuseppe Garofalo rispettivamente direttore di anestesiologia e direttore di rianimazione del “Santo Bambino”, ritenuti responsabili di omicidio colposo per aver omesso di trasferire Ugo Calì presso un presidio ospedaliero più attrezzato e specializzato per grandi ustionati ove potesse essere praticata adeguata terapia ed interventi chirurgici di escarectomia (asportazione chirurgica delle escare, ovvero delle porzioni di tessuto andate incontro a fenomeni necrotici), cagionando così il decesso del paziente a causa delle complicanze infettive e respiratorie scaturite dalle gravissime ustioni riportate.

Il Tribunale ha riconosciuto anche una provvisionale di 50 mila euro per le parti civili, i familiari di Calì, rappresentate dagli avvocati Mario Brancato, Alfio Grasso, Enrico Trantino, Tiziana Aloisio e Franco Ruggeri. Condannata al risarcimento del danno, in solido con gli imputati, anche l’azienda ospedaliera universitaria Policlinico-Vittorio Emanuele di Catania.

Ma cosa era successo? Il Calì era stato ricoverato presso il “Santo Bambino” su disposizione dei medici dell’ospedale “Cannizzaro” (a loro volta imputati in procedimento parallelo), dove il ragazzo era giunto in pronto soccorso, in quanto in quest’ultimo nosocomio non vi era posto nel reparto di rianimazione. Il dibattimento ha dimostrato che il “Santo Bambino” non era affatto in grado di assicurare una adeguata protezione per il malato, oltre che a non poter eseguire gli interventi altamente specialistici per i grandi ustionati che, secondo gli studi più accreditati a livello mondiale, se tempestivamente effettuati, avrebbero garantito una elevata percentuale di sopravvivenza del ragazzo.

Non solo, è scritto, fra l’altro, nelle motivazioni del giudice Lorenzetti che “…la stanza del Reparto di Rianimazione del Presidio Ospedaliero ‘S. Bambino’ di Catana ove è stato ricoverato Calì Ugo era in condizioni igieniche pessime ed era, quindi, del tutto inidonea ad ospitare un paziente grande ustionato come Calì Ugo in quanto lo stesso, a causa della gravità delle ustioni (II° e III° grado) e della loro estensione su una superficie corporea pari al 50-60% circa, era privo di una barriera di protezione contro germi e batteri…”

Non solo, da quanto riferito da alcuni testi “…Calì Ugo era ricoverato insieme ad una puerpera e ad altro ammalato e che nella stanza vi erano mosche che volavano intorno a lui e addirittura dei piccolissimi moscerini che si nascondevano sotto le bende…”

E’ scritto ancora in sentenza che “…Dall’istruzione dibattimentale è, inoltre, emerso che gli imputati Bottino Riccardo e Garofalo Giuseppe fino alla data del 09/09/2007 si sono pervicacemente rifiutati di consentire il trasferimento di Calì Ugo in un ‘Centro Grandi Ustionati’ sostenendo che lo stesso a causa delle sue condizioni, non era assolutamente trasportabile ed hanno, invece, prestato il consenso al trasferimento dello stesso Calì quando le sue condizioni si erano aggravate…”

Si poteva salvare Calì? Dal dibattimento è emerso che i genitori del ragazzo si misero immediatamente in contatto con il centro grandi ustionati di Lione, in Francia, dove i medici specialisti – dopo aver visionato le cartelle cliniche – espressero il loro assenso al trasferimento ritenendo che Calì poteva essere salvato con elevata probabilità se adeguatamente trattato. Tesi, questa, che i medici specialisti francesi hanno puntualemente ribadito nelle aule del Tribunale di Catania ove sono stati sentiti come testimoni dalla difesa delle parti civili costituite spiegando, altresì, sotto un profilo tecnico quali sarebbero stati gli interventi specialistici da effettuare sul ragazzo e la ragione per la quale questi interventi possono essere svolti solo nei reparti per grandi ustionati.

La responsabilità degli imputati nasce dal fatto che non si sono adoperati nel disporre – e nemmeno a richiedere – il trasferimento del Calì in un centro specializzato in Italia o all’estero seppur ben consapevoli che il “Santo Bambino” non era in grado di trattare un paziente ustionato in quelle condizioni e ciò nonostante i solleciti dei familiari che, invece, ne richiedevano il trasferimento presso l’ospedale di Lione tramite un aereo ambulanza pagato dai familiari stessi.

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Redazione Iene Siciliane

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