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Giudiziaria, Catania: processo contro commercialista “guardone” verso la conclusione
Pubblicato il 01 Marzo 2014
di iena giudiziariaUdienza importante quella dell’altro giorno al processo presso la ex pretura –davanti al giudice monocratico dott. Marini- contro il commercialista Vincenzo La Rosa, accusato di avere spiato, con una penna con telecamera, alcune collaboratrici del suo studio professionale. E’ stato sentito proprio lui, l’imputato.
L’avv. Luca Mirone che difende, assieme a Francesco Antille e Maria Platania, le parti offese, fra l’altro, gli ha chiesto se mai lui avesse già confessato nell’immediatezza dei fatti agli organi di polizia quanto gli è contestato. C’è stata opposizione da parte della Difesa, con l’avv. Antonio Fiumefreddo; l’imputato La Rosa prima ha detto di non ricordare e poi ha negato di avere confessato. Tutto ciò farebbe pensare all’esistenza di un atto di polizia giudiziaria contenente dichiarazioni autoindizianti dell’allora indagato, ma che processualmente non sarebbe utilizzabile ai fini della decisione.La Rosa, sentito per oltre un’ora e mezza da Accusa e Difesa, ha dato la sua versione dei fatti: lui quel giorno in cui sarebbe accaduto il “fattaccio”, con il ritrovamento della penna-telecamera nel bagno del suo studio, non c’era, era ad un convegno. Ma i testi dell’Accusa sostengono il contrario.Un paio di giorni dopo –ha ricordato La Rosa- seppe dal portiere e da un inquilino che ci sarebbe stata la luce accesa nello studio (di cui chi vi lavorava aveva la chiave d’ingresso) di mattina sul presto; inoltre, ha detto di non sapere se la penna che è agli atti sia la stessa da lui comprata e nel suo computer non è stato mai trovato il software applicativo della stessa.L’imputato, inoltre, ha detto di non sapere chi abbia messo nel suo computer immagini e video di contenuto pornografico ritrovati dalla polizia.L’accusa è che avrebbe spiato, con una penna con telecamera, alcune collaboratrici dello studio professionale: gli viene contestato l’ “interferenze illecite nella vita privata” (615 bis Codice penale) con l’aggravante dell’abuso di relazioni d’ufficio. Sei donne (assistite dai legali Luca Mirone, Francesco Antille e Maria Platania) si sono già costituite tutte parte civile. Nel filmato ritrovato dagli agenti del commissariato “Borgo-Ognina” sono, comunque, solo tre le donne riprese. Lo strumento era stato piazzato in uno scaffale del bagno dello studio, che fungeva anche da archivio.L’imputato rischia una pena da sei mesi a quattro anni di reclusione.Prossima udienza il 24 giugno, in cui si sentiranno i testi della Difesa del commercialista.
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