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GIUDIZIARIA, CATANIA, VICENDA SEQUESTRO SIGENCO: ARRIVA LA REPLICA DELL’AVV. SANTO CAMPIONE
Pubblicato il 15 Novembre 2014
Dall’avv. Santo Campione riceviamo e pubblichiamo:
“sono sorpreso ed affranto dalle comunicazioni pervenutemi dalla Procura della Repubblica di Catania e pubblicate sul giornale di ieri, perché, con pieno spirito assolutamente collaborativo e sincero, ho consegnato alla Procura della Repubblica di Catania, ormai molti mesi fa, una perizia contabile con numerosissimi allegati documentali e con la descrizione di tutti i movimenti di denaro avvenuti dal 2004 al 2013 tra la mia persona, azionista assolutamente maggioritario, e la Sigenco Spa, il cui fallimento , come è ben noto è stato revocato dalla Corte di Appello di Catania con Sentenza n. 714 del 09.05.2014, con motivazioni ineccepibili e di assoluta contestazione delle conclusioni cui erano pervenute sia la sentenza di primo grado del Tribunale di Catania e sia le relazioni del Commissario Giudiziale. La somma a me erroneamente imputata di 3 milioni 400 mila euro non corrisponde assolutamente alla realtà, poiché di questa cifra la Sigenco spa ha pagato circa 2,7 milioni a Sigenco Service – società del gruppo fornitrice della materia prima di calcestruzzo per i lavori – tant’è che il provvedimento di sequestro di euro 3,4 milioni si riferisce quanto ad euro 1,7 milioni, per l’appunto, a Sigenco Service e non alla mia persona o a mio figlio. Sicuramente questo sequestro riguarda il pagamento di fatture di forniture di calcestruzzo già scadute da più di un anno, e pagate da Sigenco Spa a Sigenco Service”. “La Sigenco – continua Santo Campione, difeso dal penalista Orazio Consolo – a fine novembre 2012 presentò proposta di concordato preventivo in continuità aziendale, per come regolamentato dal nuovo decreto Monti, per cui, come testualmente regola la legge, l’amministrazione della società continuava ad essere gestita dagli amministratori in carica, e cioè io, e non esisteva ancora la figura del Commissario Giudiziale nè era stato ancora nominato dal Tribunale. Quindi, contrariamente a quello che dice il provvedimento giudiziale, le movimentazioni finanziarie a quel tempo non potevano essere autorizzate dal Commissario Giudiziale poiché, prima della successiva ammissione in sede di presentazione della proposta, lo stesso e cioè il Commissario non era stato ancora nominato dal Tribunale, stante che la società trovavasi in bonis. Pertanto, per come ampiamente ho spiegato alla Procura, le mie operazioni sono state fatte in perfetta buonafede e non fraudolentemente, nella piena logica della continuità aziendale. Per assicurare la continuità aziendale era logico che l’amministratore disponesse il pagamento dei fornitori dei cantieri per assicurare la continuazione dei lavori.
In relazione, poi, al sequestro personale di somme di euro 1,7 milioni, all’interno del provvedimento di 3,4 milioni della Procura, queste erano somme a me spettanti e legittime oltre che assolutamente tracciabili, così come ho documentato nella perizia. Trattavasi di pagamento di anticipi personali finanziari da me effettuati a norma di Statuto alla Società in alcuni momenti difficili e rimborsati senza interessi dalla società medesima. Trattavasi di somme legittime per vendita di cespiti documentata ampiamente alla Procura della Repubblica. Trattavasi di saldo della liquidazione TFR ed indennità di buonuscita, essendomi dimesso come dirigente industriale in coincidenza della mia entrata in pensione nell’anno 2008”. Continua l’imprenditore: “Temo che gli atti della mia perizia non siano stati trasmessi al giudice per le indagini preliminari, o che questi non ne abbia tenuto conto. Perché nella perizia viene documentato ogni cosa, in questa perizia sono stati prodotti da parte mia in copia tutte le transazioni bancarie intercorse tra la mia persona e la società anche per quanto riguarda l’aumento di capitale. Non riesco inoltre a capire il coinvolgimento di mio figlio Pietro il quale, per come dimostrerà, non c’entra proprio nulla con i fatti di bancarotta fraudolenta contestati. In particolare, trovandomi in grossa lite con i miei ex soci e temendo che questi potessero attaccarmi con azioni di sequestro sulle mie possidenze legittime, sequestro effettivamente eseguito dagli ex soci ma andato a buca perché infondato, mi decisi di trasferire temporaneamente con bonifico, e senza che mio figlio ne fosse a conoscenza, queste somme a mio figlio con prestito a titolo grazioso, somme che mio figlio mi ha regolarmente restituito subito dopo che era passato quel tifone provocato inutilmente dagli ex soci. Mio figlio Pietro è stato un dipendente dell’impresa e con mansioni assolutamente estranee a movimentazioni finanziarie societarie nè con banche nè con Pubbliche Amministrazioni e tutto ciò l’ho chiarito serenamente alla Procura della Repubblica per cui, per me, vedere mio figlio sbattuto sulle pagine dei giornali come concorrente criminale economico mi addolora enormemente e questo dolore, terribile per un padre, mi da la forza incontrastata di dimostrare l’assoluta innocenza di mio figlio Pietro, che è un giovane imprenditore leale, trasparente e di grande moralità. Come è logico mi difenderò così come anche mio figlio, difeso dal Prof. Fabrizio Siracusano, per dimostrare la mia assoluta buonafede nel portare avanti la continuità aziendale e l’assoluta innocenza di mio figlio Pietro. Ritengo che sulla mia persona si sia scatenata una guerra mediatica, anche con riferimento ai fatti del processo del cemento depotenziato della Circumetnea, dove con la richiesta fatta dai miei difensori di effettuare e di rinnovare l’incidente probatorio, già richiesto come prova delle prove, tenterò di dimostrare l’assoluta estranietà alle contestazioni di truffa ed altro”. Conclude l’imprenditore “Queste mie vicende giudiziarie e societarie avranno delle conseguenze clamorose, perché quando tu operi in perfetta buonafede e ti vedi tradito dalle persone in cui precedentemente, per il rapporto instaurato, avevi riposto la massima fiducia, è una ferita che non puoi cancellare ed hai il dovere di rimarginare per la onorabilità personale e di tutti i familiari intimi. Nutro estrema fiducia nella giustizia e sono sicuro che dimostrerò la mia innocenza, anche perché, ed in particolare, posso sempre dimostrare che la situazione patrimoniale del nucleo familiare Campione è oggi molto inferiore rispetto a quella precedente a quando io iniziai con la Sigenco, diversamente da altri che facendo impresa con le stesse condizioni di partenza oggi godono di situazioni assolutamente decuplicate rispetto agli inizi e ciò spero sia motivo di oculati accertamenti, perché il fallimento della mia azienda è stato un fatto voluto e determinato da forze esterne spregiudicate e per il momento non aggiungo altro, il tempo mi darà giustizia”.
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