OGGI ALLE 10 MANIFESTAZIONE Anche per Enrico Trantino,questa volta si è andati al di là della decenza. Al dilà di “Sua Maestà” l’interesse privato, che anche con l’amministrazione Trantino ha finora fatto il bello e il cattivo tempo, nel tragicomico silenzio fra gli altri di quelli della “destra sociale”. Un ossimoro. Ma cosa c’è all’orizzonte? […]
GIUDIZIARIA ED ECOLOGIA, AVV. VITO PIRRONE: LEGALITA’ AMBIENTE E RECUPERO SOCIALE DEI DETENUTI
Pubblicato il 13 Luglio 2014
Pubblichiamo relazione del legale (nella foto d’archivio con l’avv. Salvo Torrisi) tenuta in un recente incontro al Parco dell’Etna, organizzato dal Presidente del Parco Marisa Mazzaglia, presente l’Assessore Regionale al Territorio ed Ambiente Mariarita Sgarlata…
“Oggi siamo qua per parlare di Ambente e legalità,che dovrebbe essere binomio di una stessa simmetrica; invece si realizza il paradosso dell’ossimoro.
Ambiente e legalità è un’occasione preziosa per riflettere su una questione di straordinaria attualità per il nostro Paese, e dire per l’intero Pianeta.
Si tratta dell’integrità del nostro ecosistema.
Invero, per troppo tempo l’ambiente ed i reati ad esso connessi sono stati considerati come fatti minori.
Senza considerare che il fatturato della eco-mafia solo in Italia sarebbe di circa 16 miliardi di euro l’anno.
Ma, se questa è la realtà, la tutela dell’ambiente può rappreesentare una importante leva di sviluppo. Gli interventi dovranno prevedere misure volte alla conservazione ed al miglioramento del patrimonio ambientale del Paese.
La tutela dell’ambiente è necessaria per i cittadini, ed è anche una opportunità di sviluppo e di riconversione che dobbiamo saper cogliere.
Se le mafie operano deturpando l’ambiente, la nostra pigrizia ci rende apatici e responsabili.
Si devono liberare spazi in cui la criminalità agisce indisturbata per farli diventare spazi di legalità.
Dalla legalità alla legalità.
Ed è proprio in tale ottica che si possono, e devono essere sviluppati programmi volti afavorire il coinvolgimento dei detenuti in attività lavorative e di pubblica utilità. Quali il recupero ambientale, come strumento di riabilitazione sociale ed allo stesso tempo, come messaggio di legalità e rispetto di norme e regole.
In tale contesto il lavoro riveste un ruolo di centralità nel percorso tratta mentale finalizzato al reinserimento sociale del detenuto.
Proprio attraverso l’impegno miurato, il detenuto può emanciparsi e riappropriarsi di valori etici e del senso di legalità smarriti.
Il lavoro, non è solo il più valido strumento tratta mentale, ma è anche un ‘efficace risorsa per l’acquisizione di conoscenze e competenze per la fase post-detentiva, con ricadute positive sulla recidiva.
E’ accertato –da fonte dello stesso ministero della giustizia- che nei detenuti che vengono avviati al lavoro si abbatte fortemente il tasso di recidiva, sino ad essere prossimo allo zero!
Ritengo che il percorso rieducativo – trattamentale del detenuto debba iniziare con l’ingresso del soggetto nell’istituto del soggetto nell’istituto. Purtroppo, dobbiamo registrare, che con l’attuale, notorio e drammatico sovraffollamento delle carceri non si può programmare.
All’ingresso del Carcere di Valentia, c’ è scritto : “qui finisce il reato e inizia l’uomo”.
Tale principio è scolpito nell’art. 27 della nostra Costituzione.”
Di contro, è necessario che la società sia disposta ad accogliere chi ha sbagliato, facendoli sentire uomini e cittadini utili alla comunità.
Solo così si può dare concreta attuazione all’art . 27:
– recuperando il reo alla comunità,
– evitando che possa ancora delinquere,
– ridurre i rischi di fenomeni recidivanti.
Va rivisto il senso del carcere,
il tempo del carcere,
e il tempo nel carcere.
Oggi, proprio questo tempo è un tempo vuoto e privo di senso, che va valorizzato.
Oggi la punizione prevale sul trattamento.
La persona deve essere messa in grado di elaborare un nuovo progetto di vita, ritrovando la dignità di vivere un ‘esistenza proiettata verso la legalità.
Invero, ancor oggi l’istituto della pena carceraria continua ad essere iscritta in una logica retributiva scarsamente rieducativa.
Vanno valorizzate le misure alternative alla detenzione, considerando la Kantiana centralità della persona.
Provocatoriamente direi:
– è ancora necessario il carcere?
– quale utilità, al di fuori della sua funzione simbolica?
Si ritiene il carcere fuori della società, invero è nella società.
Si chiede una sicurezza sociale,
ma una vera sicurezza sociale non può prescindere da una politica tratta mentale del detenuto.
Oggi, il detenuto che esce dal carcere, proprio nel momento di maggiore debolezza e fragilità viene abbandonato.
(Le carceri ci fanno pensare alle Città invisibili di Calvino)
Con la legge 381 del 1991 era stato previsto il reinserimento lavorativo di persone c.d. savantaggiate (quali fra l’altro ex tossicodipendenti, detenuti o internati, o condannati ammessi a misure alternative, o condannati ammessi al lavoro esterno ex art. 21 legge 354/754) prevedendo sgravi fiscali e contributivi per i datori di lavoro.
Per favorire il lavoro dei detenuti erano stati previsti forme contrattuali flessibili, ovvero capaci di modellarsi secondo le esdigenze del lavoratore o del datore di lavoro.
Sono state previste, altresì, disposizioni per agevolare la costituzione di cooperative di ex detenuti per il reinserimento lavorativo e sociale.
La c.d. legge Smuraglia n. 193 del 2000, ha previsto specifiche norme per la costituzione e lo svolgimento di rapporti di lavoro, nonché per l’assunzione della qualità di socio di cooperative di ex detenuti, disponendo, fra l’altro, che in tali casi non si applicano le incapacità derivanti da con danne penali o civili.
Mi riferisco all’incapacità di agire, per la quale il detenuto (o ex detenuto) avrebbe potuto trovarsi nell’ipotesi che gli fosse stata comminata la pena accessoria dell’interdizione legale; per cui ai fini dell’ammissione al lavoro durante l’esecuzione della pena, o dopo nell’inserimento come socio di una cooperativa, o sottoscrizione di un contratto di lavoro, il detenuto ha piena capacità di agire.
Proprio per evitare l’effetto negativo derivante dalla permanenza in carcere, il legislatore ha tentato di incoraggiare il privato consentendo forme contrattuali, convenzioni e condizioni di favore per le cooperative sociali.
La legge Smuraglia si pone in attuazione delle Regole minime per il trattamento dei detenuti, emanati dall’ONU nel 1955 e le successive Regole penitenziarie Europee del 1972.
Le cooperative previste dalla legge Smuraglia possono accedere ad un Fondo Sociale Europeo.
Gli sgravi fiscali di cui alla legge Smuraglia, prevedono un credito mensile per l’impresa per ogni lavoratore assunto, a condizione che:
– assumano quale lavoratori detenuti, o ex detenuti, ammessi al lavoro esterno;
– svolgano attività di formazione a detenuti, con previsione che al termine della formazione è prevista l’assunzione;
– svolgano attività di formazione mirata a fornire professionalità a detenuti in attività lavorative gestite in proprio dall’Amministrazione penitenziaria.
Le agevolazioni sono cumulabili con altri benefici.
I benefici per le imprese continueranno per un periodo successivo alla cessazione dello stato di detenzione del soggetto assunto.
Sono previsti altresì sgravi contributivi, con la riduzione delle aliquote della contribuzione per l’assicurazione obbligatoria.
Le leggi 9 agosto 2013 n. 94 e 99 ed il decreto legge 31 agosto 2013 n.101 hanno apportato sostanziali modifiche alla legge Smuraglia, ampliando la platea dei beneficiari ed aumentando le risorse finanziarie a disposizione e le agevolazioni fiscali vengono estesi anche ai detenuti semiliberi.
E’ stato aumento il periodo di agevolazioni fiscali rispetto la precedente previsione per i detenuti assunti alla cessazione dello stato di detenzione, ed analogamente alle agevolazioni fiscali successivi alla scarcerazione si estendono le agevolazioni contributive.
La legge Smuraglia prevede inoltre espressamente che le Amministrazioni penitenziarie stipulino convenzioni con soggetti pubblici o privati o cooperative sociali, alfine di fornire ai detenuti opportunità di lavoro.
Si deve premettere che dall’Ord. penitenziario (legge354/75), sia i detenuti condannati in esecuzione, che quelli in regime di custodia cautelare possono essere ammessi al lavoro esterno dell’istituto, salvo che si tratti di persone condannate per delitti previsti dall’art. 4 bis ord. Penitenz. (considerati di un certo spesso criminale, e dunque di notevole pericolosità) l’ammissione al lavoro deve essere inserito in un programma trattamentale.
In tal senso diversi progetti sono stati attuati dai Comuni o enti pubblici, stipulando convenzioni con il D.A.P. :
– Comune di Firenze, un progetto per la riqualificazione di una sponda dell’Arno, provvedendo altresì alla differenziazione dei rifiuti raccolti. Il lavoro si attua in regima di permesso concesso dal Magistrato di Sorveglianza, per portare avanti un percorso formativo legato all’educazione ambientale dei detenuti.
-Bari, raccolta differenziata e manutenzione giardini. Si parte da una forma sperimentale che ha coinvolto pochi detenuti, estendendo successivamente a più detenuti a bassa pericolosità.
– Asti , “coltivare l’ambiente”, coltivazioni di apprezzamenti di terreni che diventeranno opportunità di lavoro.
-Castelvetrano, agricoltura sociale.
– Valle della Lucania, recupero di alcune aree degradate del Cilento;
così pure nel Parco del Conero, un programma di recupero ambientale.
-Brescia, programma : pulire la città dai graffiti che la deturpano.
– Novara, recupero patrimonio ambientale.idem Ravenna.
– Roma, progetto RAS, recupero ambientale sociale, per sostenere il recupero dei detenuti impiegati nella manutenzione di zone verdi ed aree archeologiche della capitale.
Roma Rebibbia, all’interno del carcere si è attivato un laboratorio per la separazione del materiale raccolto in Comuni della provincia di Roma.
In due anni sono stati recuperati ben 120 tonnellate di acciaio, che verrà rilavorato.
-programma RAEE: bologna, Ferrara, Forlì, reinserimento dei detenuti, tutelando l’ambiente. Progetto finanziato dalla Regione con fondo sociale europeo.
I detenuti sono impegnati in laboratori sia all’interno dell’istituto che all’esterno, per lo smaltimento dei rifiuti in maniera differenziata.
– Milano, sostenibilità e sistema carcerario: Riciclo per ridurre l’impatto ambientale.
Tali progetti con il coinvolgimento dei detenuti favoriscono condotti virtuose e socialmente apprezzabili partendo dal carcere.
Ciò dimosatra che si può invertire la rotta, con il lavoro e l’impegno sociale.
Non esiste solo il carcere.
Ma devono essere valutati e privilegiati modelli alternativi per il reinserimento sociale.
Non credo che sia una battaglia facile.
Ma è una battaglia di ragione e di civiltà, per la quale abbiamo il dovere di impegnarci.
E’ necessario un ponte tra società e carcere.
E’ una strada difficile che va affrontata, con Keroac “dobbiamo andare e non fermarci finchè non siamo arrivati”. “
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