il 16 gennaio il processo per omicidi e lesioni colpose contro dodici manager della raffineria di Gela, per il quale il pm Mario Calabrese ed il Procuratore della Repubblica Fernando Asaro, avevano chiesto pene tra i tre ed i quattro anni di reclusione è stato definito con la sentenza emessa dal Tribunale di Gela.
I procuratori di Gela avevano indagato a lungo sulle “strane morti” al Petrolchimico portando a processo diversi dirigenti dell’eni ed ipotizzando a loro carico condotte colpose in relazione a casi di mesotelioma e placche pleuriche asseritamente relazionate all’amianto.
Il Presidente del Tribunale Miriam D’amore, all’esito di un complesso dibattimento durato alcuni anni, con estremo rigore metodologico e valutativo, accogliendo in toto le tesi difensive, ha assolto tutti gli imputati con la massima formula assolutoria possibile (art. 530, comma 1 “perchè il fatto non sussiste”). Effettivamente, l’istruttoria dibattimentale ha confermato l’adozione ed il rispetto di tutte le norme di prevenzione e cautela da parte dei manager imputati e l’inesistenza di nesso di causa con le patologie lamentate dalle persone offese, dai familiari degli operai deceduti e dalle varie associazioni ambientaliste costituitesi parte civile.
Il collegio difensivo era composto dagli avvocati Luca Mirone, Attilio Floresta, Pietro Granata, Fulvio Simoni, Carlo Autru Ryolo, Gualtiero Cataldo e Guido Carlo Alleva.
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