Giudiziaria, Messina, “pentito” Bisognano: interrogazione in Senato del “M5S”


Pubblicato il 07 Maggio 2017

Una vicenda clamorosa!

ecco il testo:

“ATTO SENATO

INTERROGAZIONE A RISPOSTA SCRITTA 4/07449

Dati di presentazione dell’atto
Legislatura: 17
Seduta di annuncio: 816 del 03/05/2017
Firmatari
Primo firmatario: GAETTI LUIGI 
Gruppo: MOVIMENTO 5 STELLE
Data firma: 03/05/2017
Elenco dei co-firmatari dell’atto
Nominativo co-firmatario Gruppo Data firma
BERTOROTTA ORNELLA MOVIMENTO 5 STELLE 03/05/2017
CATALFO NUNZIA MOVIMENTO 5 STELLE 03/05/2017
Destinatari
Ministero destinatario:
  • MINISTERO DELL’INTERNO
  • MINISTERO DELLA GIUSTIZIA
Attuale delegato a rispondere: MINISTERO DELL’INTERNO delegato in data 03/05/2017
Stato iter: 

IN CORSO

 
Atto Senato

Interrogazione a risposta scritta 4-07449

presentata da

LUIGI GAETTI 
mercoledì 3 maggio 2017, seduta n.816

GAETTI, BERTOROTTA, CATALFO – Ai Ministri dell’interno e della giustizia – Premesso che secondo quanto risulta agli interroganti:

da un articolo della Questura di Messina, pubblicato sul sito “questure.poliziadistato”, si apprende che il 25 maggio 2016 nell’ambito dell’operazione “Vecchia Maniera”, condotta dalla Direzione distrettuale antimafia (DDA) di Messina, veniva prelevato dalla casa in cui viveva sotto protezione ed arrestato il “pentito” Carmelo Bisognano ex personaggio di spicco della mafia barcellonese che dal novembre 2010 collaborava con gli organi di giustizia. L’ordinanza di custodia cautelare in carcere, disposta dal giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Messina, ha coinvolto il collaboratore di giustizia Bisognano e altri tre soggetti per aver commesso diversi reati in costanza di sottoposizione allo speciale programma di protezione. In particolare, le intercettazioni telefoniche hanno permesso al giudice di Messina di asserire «cheBisognano Carmelo, collaboratore di giustizia, sottoposto a programma di protezione e residente in località protetta, continuava a coltivare anomali “interessi” per il territorio di Mazzarrà S. Andrea, nonostante si fosse allontanato da tempo da quell’area». La condotta in carcere di Bisognano si era resa necessaria per il trasferimento fraudolento di valori attraverso l’attribuzione fittizia di titolarità societarie al fine di occultare la reale proprietà dei beni e delle ricchezze in capo al pentito, nonché per una tentata estorsione posta in essere con l’aiuto di un complice ai danni di una società di costruzioni, scavi e movimento terra dell’area di Barcellona Pozzo di Gotto al fine di ottenere subappalti per la società fittiziamente intestata. Inoltre gli veniva contestato il reato di aver rilasciato false dichiarazioni davanti ai giudici, in certa misura parziali ed omissive, e il reato di favoreggiamento. Dall’indagine è emerso che il pentito disponeva di notizie riservate fornitegli da taluni appartenenti all’Arma dei Carabinieri, poi identificati ed attualmente sottoposti a procedimento penale, che lo mettevano in condizione di conoscere dati, attinti dalle banche date interforze, consultabili esclusivamente dalle forze di polizia e di allontanarsi dalla località protetta o comunque muoversi liberamente nel territorio peloritano, anche accompagnato dal personale di scorta, incontrando altri collaboratori di giustizia, soggetti criminali o in contatto con ambienti criminali;

in un’intervista rilasciata a margine della conferenza stampa sui rilievi dell’operazione “Vecchia Maniera” al portale di informazione “24live.it – Barcellona news”, il procuratore distrettuale di Messina dottor Guido Lo Forte affermava che «il collaboratore ha strumentalizzato la propria qualità di “pentito”, ha strumentalizzato le omissioni per favorire alcuni soggetti per ottenerne dei vantaggi, vantaggi consistenti in somme di denaro, vantaggi consistenti nel riavvio di attività imprenditoriali occulte. Bisognano non è rientrato nell’associazione criminale di appartenenza ma ha piuttosto strumentalizzato le possibilità che gli offrivano le sue lacune e le sue omissioni. Naturalmente questo non gli è riuscito per il semplice motivo che la DDA di Messina ha sempre curato di controllare al massimo grado anche i propri collaboratori di giustizia». Le espressioni del procuratore Lo Forte sulla strumentalizzazione della collaborazione con la giustizia da parte di Carmelo Bisognano, con deposizioni a tratti incomplete e lacunose, sono in linea con quanto ricostruito dalle sentenza n. 1/12 della Corte di assise di Messina a conclusione del procedimento “Vivaio”, che ha condannato imprenditori e politici locali che avevano interessi economici comuni con esponenti della mafia barcellonese nella “gestione” della discarica di rifiuti solidi urbani di Mazzarrà S. Andrea, sempre nel messinese. In tale sentenza, divenuta irrevocabile sin dal 11 novembre 2015, si legge espressamente, a pag. 339, in relazione alla condotta del Bisognano che egli, «credibile e lineare nella generalità delle proprie dichiarazioni, non ha esitato a trincerarsi dietro la propria meritata credibilità nel tentativo di “coprire” chi, contiguo alla malavita, – il riferimento è a Rotella Michele – è parso uomo di fiducia del Bisognano e custode degli interessi economici del denaro comune». Michele Rotella, favorito e coperto dalle dichiarazioni omissive del pentito, è appunto uno di quegli imprenditori condannati per associazione mafiosa con i responsabili della discarica di Mazzarrà Sant’Andrea;

nel luglio 2014 Carmelo D’Amico, uno dei capi della mafia barcellonese, ha intrapreso la collaborazione con la giustizia. È stato possibile confrontare le dichiarazioni rese dal nuovo pentito, note dal febbraio 2016 con l’esecuzione delle misure cautelari relative all’operazione “Gotha 6”, con quelle di Bisognano e dalle quali emergerebbero omissioni e lacune dichiarative di quest’ultimo che vanno ben oltre il favorire gli imprenditori “amici” e riguardano diversi omicidi mafiosi a cuiBisognano aveva preso parte e fatto i nomi degli esecutori, il ruolo ed il coinvolgimento di alcuni capi della famiglia mafiosa barcellonese. I consapevoli silenzi sul ruolo di altri capi mafia della famiglia barcellonese permettono oggi di ritenere che vi sia stata una strategia finalizzata a preservare i vertici del gruppo mafioso e, dall’altra, che le accuse riscontrate di Bisognano siano state dirette esclusivamente nei confronti di un numero selezionato di mafiosi, non più vicino allo stesso, che hanno reagito, dal 2013, facendo incendiare taluni beni a lui riconducibili;

considerato che, per quanto risulta agli interroganti:

il collaboratore di giustizia avrebbe ottenuto, precedentemente al suo arresto (25 maggio 2016), ma in data successiva all’irrevocabilità della sentenza nell’operazione “Vivaio” (11 novembre 2015), nella quale si era rilevata l’incompletezza del suo contributo dichiarativo, un provvedimento giudiziario di favore, adottato in violazione di legge, beneficiando il 23 dicembre 2015 della sospensione dell’ordine di carcerazione riguardante la pena residua comminatagli. Con la sentenza “Vivaio” Bisognanoera stato ritenuto responsabile per i reati di associazione mafiosa ed estorsione, dunque per delitti tutti ostativi alla possibilità di ottenere la sospensione dell’esecuzione della pena; infatti, ai sensi dell’art. 656 del codice di procedura penale il condannato deve essere arrestato ed attendere in carcere la concessione di una misura alternativa alla detenzione. Eppure la stessa sentenza di condanna, in relazione ai medesimi titoli di reato, è stata posta immediatamente in esecuzione per gli altri condannati, tra cui un altro collaboratore di giustizia, Alfio Giuseppe Castro, che godeva dello speciale programma di protezione. L’indebita sospensione dell’ordine di esecuzione è stata sollecitata dalla difesa di Bisognano ai magistrati del distretto messinese, come risulta dal contenuto di colloqui telefonici tra quest’ultimo ed il proprio difensore. L’avvocato ha inoltre fatto richiesta, in corso di valutazione per verificare l’effettiva irrilevanza ai fini dell’oggetto del processo, della distruzione delle bobine di ascolto al giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Messina, motivandola con l’asserita irrilevanza e con la circostanza che si tratti di conversazioni meramente inerenti alla scelta della linea difensiva;

nonostante la commissione di reati in costanza di collaborazione e nonostante la documentata infedeltà nel contributo collaborativo fornito, Bisognano e i suoi familiari sarebbero a tutt’oggi sottoposti allo speciale programma di protezione del Ministero dell’interno e, conseguentemente, beneficerebbero delle provvidenze economiche correlate;

la gravità della condotta dell’infedele collaboratore di giustizia è stata confermata dai provvedimenti del Tribunale del riesame di Messina e del Tribunale di Barcellona Pozzo di Gotto, ove attualmente è in corso il processo, che hanno rigettato le richieste di scarcerazione proposte dalla difesa;

considerato infine che, a parere degli interroganti, sarebbe necessario verificare se la sospensione, che appare contra legem, dell’ordine di esecuzione di sentenza irrevocabile nei confronti del collaboratore di giustizia e che ha permesso a Bisognano di rimanere a piede libero in attesa della decisione del Tribunale di sorveglianza di Roma competente per territorio, sia stata disposta in osservanza delle norme che regolano l’istituto di cui all’art. 656 del codice di procedura penale e quali ragioni abbiano giustificato il diverso metro di giudizio adottato nei confronti dell’altro collaboratore di giustizia Castro, condannato per gli stessi titoli di reato di Bisognano nel medesimo processo e nei riguardi del quale non vi è stata sospensione dell’ordine di carcerazione,

si chiede di sapere:

se i Ministri in indirizzo siano a conoscenza della condotta di Bisognano in costanza di collaborazione e delle documentate strumentalizzazioni della collaborazione con la giustizia;

se il Ministro dell’interno abbia notizia di quali provvedimenti, in relazione alle sistematiche violazioni delle regole comportamentali che ogni collaborante è tenuto ad osservare, siano stati adottati da parte della commissione centrale per la definizione dello speciale programma di protezione e, in caso negativo, se vi siano ragioni che giustifichino tale situazione di impasse;

se il Ministro della giustizia sia a conoscenza delle modalità e delle ragioni per le quali la Procura generale presso la Corte di appello di Messina ha sospeso in data 23 dicembre 2015 l’ordine di carcerazione nei confronti di Carmelo Bisognano, concernente titoli ostativi alla sospensione quali l’associazione mafiosa e l’estorsione aggravata dal metodo e dall’agire mafioso;

se sia a conoscenza degli atti processuali, ivi compresi i contenuti delle conversazioni telefoniche sull’utenza in uso a Carmelo Bisognano, successivamente all’11 novembre 2015, data del passaggio in giudicato della sentenza da porre in esecuzione, da cui emerge la commissione di attività tese ad ottenere la sospensione dell’ordine di carcerazione, ed eventualmente se intenda esercitare i propri poteri ispettivi al fine di valutare anche la condotta di quei magistrati che si sono adoperati per conseguire il risultato della sospensione dell’ordine di carcerazione;

se non ritenga necessario attivare le procedure ispettive e conoscitive previste dall’ordinamento, anche al fine di prendere in considerazione ogni eventuale sottovalutazione di significativi profili di accertamento.

(4-07449).”


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