Giudiziaria, processo appello beni Mario Ciancio: la difesa cita i servizi segreti inglesi. Che una volta…


Pubblicato il 23 Giugno 2019

Si avvia a conclusione -previsioni per il prossimo ottobre- il processo d’appello per Mario Ciancio appellante contro il sequestro e la confisca dei suoi beni disposto dalla sezione misure di prevenzione del tribunale di Catania, nel settembre dello scorso anno.

Mentre la “Catania delle scelte di vita” auspica -e pare che non pochi lo diano per certo- la restituzione in toto del patrimonio all’editore-direttore, in aula la difesa ha svolto da par suo il suo compito. Ecco quanto riporta l’Ansa:

(ANSA) – CATANIA, 18 GIU – “Non esiste alcuna pericolosità sociale, né dubbio alcun sulla provenienza del patrimonio di Mario Ciancio. La verità è che questo processo non si sarebbe dovuto celebrare perché è un falso storico: un errore giudiziario basato su presunti indizi, mai dimostrati, anzi smentiti dai fatti”. Così l’avvocato Carmelo Peluso davanti alla Corte d’appello di Catania che tratta il ricorso dell’editore contro il sequestro e la confisca dei suoi beni disposto dalla sezione misure di prevenzione del Tribunale. Per il penalista la sentenza di primo grado è “basata su una lettura parcellizzata degli atti e su sospetti, non su prove concrete, ma soltanto su indizi”. Ha ricordato anche la visita di Carlo d’Inghilterra e di lady Daiana nel 1985 a Catania ospiti della famiglia Ciancio: “i servizi segreti di Sua Maestà avranno scandagliato tutta la loro vita personale e professionale e se solo avessero avuto un sospetto o un indizio di vicinanza alla mafia avrebbero fatto saltare l’incontro”.

   Ma è un aneddoto rispetto a migliaia di pagine di atti consultati riproposti in aula secondo la lettura della difesa. Partendo un presupposto: “Mario Ciancio – ha ricostruito il legale – ha creato la sua fortuna su un vasto patrimonio immobiliare e sui terreni agricoli di cui entra in possesso per la maggior parte negli anni ’60 e ’70”. E nei centri commerciali citati dall’accusa che ipotizza il reato di concorso esterno all’associazione mafiosa il suo “unico ed esclusivo interesse era venderli per guadagnarci”. “I fatti – ha ribadito l’avvocato Peluso – sono nell’informativa dei carabinieri del Ros e sono chiari e intellegibili. Ed falsa l’accusa di avere concesso lavori in subappalto a ditte in odore di mafia: non troverete mai un solo cantiere aperto da Mario Ciancio, i centri commerciali li realizzavano altri”. E le dichiarazioni dei pentiti, “che parlano de relato di Mario Ciancio”, sono “dati ‘labiali’ non dimostrati” e “in un processo come questo non c’è spazio per ipotesi, ma solo per fatti concreti e provati”. “Abbiamo dimostrato – ha aggiunto – che in questo processo non c’è un solo atto che accusa Mario Ciancio e lo dico da anni ed la quarta volta che lo faccio”. 
Sulle indagini patrimoniali l’avvocato Peluso è partito dalla tesi dell’accusa: l’imprenditore negli anni ’70 avrebbe riciclato tre miliardi di lire della mafia. “In quegli anni – ha ricordato il penalista – uno stipendio medio era di 150mila lire e la benzina costava 85 lire al litro. E la mafia avrebbe dato a Mario Ciancio una somma astronomica per l’epoca e gli avrebbe detto investi nell’editoria, gioca con questi soldi… Anche questo – ha osservato Peluso – è un falso storico, lo sanno tutti che negli anni ’70 la mafia investiva nel settore maggiormente remunerativo che era l’edilizia”.
Il procedimento riprenderà il prossimo 1 ottobre per eventuali repliche dell’accusa e poi della difesa.”

Fra le argomentazioni della difesa vi è anche quella riguardante il ruolo dei servizi segreti di Sua Maestà, che sarebbero stati -nella prospettazione difensiva- la garanzia dell’assoluta trasparenza degli incontri con i Reali d’Inghilterra. E’ proprio così?

C’è un giornale che nel dicembre del 1984, riportò anche quanto segue all’interno di un articolo di preannuncio della visita proprio dei Reali inglesi in Italia.

“…Il giornale ricorda che durante la visita della Regina Elisabetta in Italia quattro anni fa, “sua maestà si è innocentemente vista accolta da persone tra cui un principe del luogo…Si trattava di Vanni Calvello di San Vincenzo, di una delle famiglie più potenti dell’isola, coinvolto con la mafia e attualmente latitante”.

Sul personaggio di alto lignaggio si può anche trovare quanto segue, vedi link

https://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/1996/04/17/il-principe-in-cella-per-mafia.html

Insomma, talora anche gli “007” di Sua Maestà fanno…cilecca. Quindi, come garanzia di affidabilità -di mezzo in questo caso c’è addirittura S.M. la Regina, mica l’ultima delle femministe- ogni tanto si può essere non proprio inappuntabili.

Ah, dimenticavamo il giornale che riporta la notizia nel dicembre 1984 è “La Sicilia” di Catania, direttore-editore Mario Ciancio.

Catanesi fate il vostro gioco.

Buona domenica.


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