di iena giudiziaria Marco Benanti
E’ entrato nel vivo il processo di revisione per la strage di via D’Amelio, che si tiene davanti ai giudici della terza sezione della Corte d’Appello di Catania (presidente Lina Tafuri, a latere Fichera e Carrubba). Il giudice Tiziana Carrubba ha tenuto la relazione sul processo, passando in rassegna l’articolata vicenda che dall’eccidio di Paolo Borsellino e dei cinque uomini della sua scorta è arrivato successivamente al clamoroso epilogo, sulla base delle affermazioni del collaboratore di giustizia Gaspare Spatuzza, della smentita delle dichiarazioni dei “pentiti” Vincenzo Scarantino, Francesco Andriotta e Calogero Pulci. Prossime udienze il 24 e 25 novembre per la requisitoria della Procura Generale: il 15 dicembre, invece, cominceranno a parlare gli avvocati di parte civile.
Nella scorsa udienza di maggio erano state unificate le posizioni del processo: i giudici avevano accolto la richiesta della Procura generale (rappresentata dai sostituti procuratori Concetta Ledda e Sabrina Gambino) e avevano rinviato l’udienza per un difetto di notifiche.
In un primo momento erano coinvolti Natale Gambino e gli eredi di Giuseppe Orofino, ma successivamente è arrivata la richiesta di revisione anche per altre sei persone condannate ingiustamente per l’eccidio del 19 luglio ’92. Le posizioni sono state riunificate e si terranno in un unico processo. Gambino e gli eredi di Orofino, deceduto diversi anni fa, avevano chiesto di loro iniziativa l’avvio del processo di revisione tramite i legali Giuseppe Dacqui’ e Giuseppe Scozzola. Successivamente la Procura generale di Caltanissetta ha trasmesso gli atti a Catania per la formalizzazione della richiesta di revisione per Gaetano Scotto, Salvatore Profeta, Cosimo Vernengo, Giuseppe La Mattina, Giuseppe Urso e Gaetano Murana, Salvatore Tomaselli (deceduto, i cui familiari sono costituiti a mezzo dell’avv. Mario Bellavista) condannati nei primi processi per l’omicidio di Paolo Borsellino e dei cinque agenti della scorta, sulla base delle dichiarazioni dei ‘pentiti’ Vincenzo Scarantino, Francesco Andriotta e Calogero Pulci.
Ricostruzione poi smentita dalle affermazioni del collaboratore di giustizia Gaspare Spatuzza. Ergo: lo Stato rischia risarcimenti ingenti. “Grazie” ad un clamoroso errore della magistratura.
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