Giudiziaria, Sebastiano Scuto e i suoi beni: il Tribunale rigetta appello della Difesa


Pubblicato il 28 Marzo 2015

Verdetto che conferma l’impianto accusatorio contro l’imprenditore (nella foto assieme ai difensori avv. Ronsisvalle e prof. Grasso)

di iena giudiziaria

Nuova sconfitta in Tribunale per Sebastiano Scuto, l’ex “Re dei Supermercati” di Sicilia, al centro di una travagliata vicenda giudiziaria, giunta ora in sede di Appello (prossima udienza il 10 aprile, con l’avvio della requisitoria del P.G. Gaetano Siscaro avanti la seconda sezione, presidente Dorotea Quartararo) dopo un parziale annullamento da parte della Cassazione nel giugno scorso. Che –lo ricordiamo- sentenza alla mano ha cristallizzato la mafiosità dell’imprenditore, in riferimento al clan Laudani.

Oggi, è stata resa nota la sentenza con il cui il la quinta sezione penale del Tribunale (Presidente Gabriella Larato, a latere Russo e Currò) ha rigettato l’appello –mirante al dissequestro dei beni- presentato dalla Difesa dell’imprenditore, che è stato anche condannato al pagamento delle spese del procedimento. I legali di Scuto avevano impugnato l’ordinanza con cui, nel luglio dell’anno scorso, la Corte d’Appello aveva rigettato la richiesta in prima istanza.

Al riguardo, ricordiamo quanto accaduto nel luglio scorso: i giudici della prima sezione penale della Corte d’Appello di Catania (presidente Tiziana Carrubba, a latere Anna Muscarella e Carmen Giuffrida) avevano respinto la richiesta di dissequestro dei beni presentata dalla Difesa dell’imprenditore.

La decisione era arrivata quando ancora non erano state rese note le motivazioni della sentenza di Cassazione, che, il 4 giugno 2014, aveva annullato –ma solo parzialmente, malgrado le “sviste” mediatiche seguitene- la sentenza d’appello del 18 aprile 2013 con la quale Scuto è stato condannato a dodici anni per associazione mafiosa ed è stata disposta la confisca dei beni. Su questa decisione, successivamente, è intervenuta provvedimento di parziale dissequestro da parte del Riesame (il riferimento era a quei beni elencati nell’ annotazione del Nucleo di Polizia Tributaria della Guardia di Finanza ma non nel dispositivo della sentenza di appello relativa alla confisca).

La Difesa aveva chiesto il dissequestro dei beni sottoposti a sequestro dalla prima sezione penale della Corte d’Appello con provvedimenti del 6 maggio e 14 maggio parzialmente annullati dalla decisione del Riesame del 12 giugno. In subordine aveva chiesto che il sequestro venisse mantenuto solo per il 15% delle quote societarie appartenenti al signor Scuto come disposto dalla sentenza di primo grado.

E’ scritto nell’ordinanza dei giudici della prima sezione penale della Corte d’Appello: “…in ordine alla richiesta della difesa va innanzitutto precisato che non può trovare applicazione il disposto dell’art. 624 bis c.p.p. (articolo sull’annullamento parziale, ndr) che concerne esclusivamente le misure cautelari personali e trova applicazione nelle sole ipotesi di annullamento senza rinvio (Cass. Sez. 3, Sentenza 10156 del 01/02/2002).

Anzi, dalla norma in parola si traggono semmai elementi in senso contrario: ovvero a sostegno della permanenza delle misure cautelari reali nel caso di annullamento con rinvio, parallelamente a quelle personali, in assenza di una disposizione che ne preveda espressamente l’inefficacia.”

Continua l’ordinanza: “entrambi le parti invocano, sotto diversi profili, l’applicazione dell’art. 323 c.p.p (perdita di efficacia del sequestro preventivo, ndr). La restituzione delle cose sequestrate a chi ne abbia diritto è circoscritta, dal primo comma della norma, al caso di sentenza di proscioglimento e sempre che non debba essere disposta la confisca ex art. 240 c.p.” E ancora un passaggio che ha del clamoroso:

ne consegue che, come rilevato dal P.G., il decreto di restituzione dell’85% dei beni sottoposti a sequestro da parte del Tribunale, rectius la sua immediata esecuzione, risulta emesso contra legem, tenuto conto che l’ipotesi di cui all’art. 416 bis comma 7 c.p. integra un caso di confisca obbligatoria e che il provvedimento è stato emesso esclusivamente in conseguenza della confisca parziale, dunque su un capo di sentenza non esecutivo e non per il venire meno delle esigenze cautelari, unica ragione che, in astratto, avrebbe consentito la revoca del sequestro (Cass. Sez. 1, Sentenza n. 8533 del 09/01/2013 C.c (dep. 21/02/2013)…” Insomma, in sostanza, quanto disposto dalla sentenza di primo grado in tema di confisca era, secondo questi giudici, contra legem!

Ancora prosegue l’ordinanza: “è peraltro da rilevare che il provvedimento del Tribunale non è stato mai impugnato e ad esso è stato dato corso con la concreta restituzione dei beni nella misura dell’85%, consumando in tal modo i suoi effetti, sicchè non pare possibile disporne la revoca ora per allora, tanto più che il successivo decreto di sequestro preventivo emesso da questa Corte (del quale oggi la difesa chiede la revoca) lo ha, di fatto, posto nel nulla ripristinando la situazione cautelare precedente. Il sequestro in atto ha determinato di fatto la caducazione dell’ordinanza di restituzione da ritenersi, come affermato dal P.G. nella richiesta sub 1 implicitamente revocata…”

I giudici successivamente hanno respinto le altre tesi difensive.

E’ scritto fra l’altro in ordinanza: “…la definitività della pronuncia di condanna per il reato di cui all’art. 416 bis c.p., lungi da comportare la cessazione delle esigenze cautelari ne determina l’aggravamento, essendo definitivamente acclarato il nesso di strumentalità tra l’attività imprenditoriale dello Scuto e il suo ruolo di partecipe dell’associazione mafiosa con la specifica e rilevantissima funzione di costituirne il polmone finanziario….”

Concludono i giudici: “la richiesta di revoca avanzata dalla difesa non può essere accolta, ritenendosi che il sequestro preventivo in corso di esecuzione non sia divenuto inefficace della pronuncia di annullamento con rinvio e che permangono tutti i presupposti di applicazione della misura cautelare, come sopra ampiamente esposto…”.

Nella sentenza resa nota oggi è,fra l’altro, scritto: “…il sequestro dei beni appartenenti all’odierno appellante o comunque al medesimo riconducibili non ha perso la sua efficacia a seguito della pronuncia di annullamento della Suprema Corte, pronuncia da cui  discende unicamente la riduzione del titolo cautelare: dalla valutazione originaria di sussistenza di elementi fondanti  più esigenze cautelari, si è passati a una valutazione in cui l’esigenza cautelare è stata ritenuta sussistente soltanto in ragione di alcuni titoli rispetto  ai quali, per le ragioni sopra spiegate, non sono emersi elementi di novità tali da indurre a diversa valutazione sì da superare la preclusione da giudicato cautelare. In conclusionee, la sentenza di parziale annullamento della Corte di Cassazione legittima la prosecuzione del sequestro preventivo in atto…”

Prossima udienza per Scuto il primo aprile, davanti ai giudici della Corte d’Appello sez. misure di prevenzione (Presidente Salvatore Costa), con la discussione dei difensori dell’imprenditore e dei suoi familiari avverso il sequestro di tutti i beni mobili ed immobili già richiesti in requisitoria dal P.G. Gaetano Siscaro.


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