Giudiziaria sotto il vulcano: finito il processo d’appello per Sebastiano Scuto. Che giura su Dio: “sono innocente”!


Pubblicato il 12 Aprile 2013

Ultima udienza per la Difesa dell’imprenditore (nella foto con la moglie e il prof. Ziccone)….di iena giudiziaria Marco BenantiAppuntamento per le 12,30 del 18 aprile prossimo: quel giorno arriverà la sentenza di secondo grado al processo contro Sebastiano Scuto.http://www.ienesiciliane.it/cronaca/9119-giudiziaria-processo-scuto-chiesti-12-anni-e-sei-mesi-per-il-re-dei-supermercati-di-sicilia.html

Il “Re dei supermercati” -almeno una volta, quando era omaggiato e ricercato da tantissimi, nella “migliore” tradizione all’italiana- dovrà aspettare un’altra settimana per conoscere l’epilogo della sua vicenda, che lui reputa incredibile. Una storia che dura da quindici anni, che lo ha visto condannare per associazione mafiosa, ma assolvere da tanti altri reati infamanti (dall’estorsione al concorso in omicidio, dalla vicenda della strada Catira-Santa Lucia che avrebbe avvantaggiato un suo centro commerciale fino ai presunti collegamenti mafiosi palermitani).
Una storia dove non manca nulla o quasi (forse sì, manca qualcosa sui Poteri che si sono “intravisti” attorno alla storia), ma che ormai attende solo la conclusione del secondo grado, per un dibattimento seguito da pochissimi, dai familiari dell’imprenditore e pochi cronisti. Un’ambientazione tutta catanese, sebbene questa vicenda fosse stata descritta come il centro del Caso Catania, quegli intrecci politici-imprenditoriali-mafiosi e giudiziari che avevano provato a far ragionare su sè stessa una pseudocomunità avida, cinica, indifferente, oggi presa dall’ennesima “fiammata” qualunquista di fenomeni politici da baraccone. Anche da questo punto di vista, l’assenza della “voce” del giudice Scidà, delle sue “eresie” in una città abituata all’omaggio servile, a cominciare dalla Procura della Repubblica, si sente, eccome.
Anche oggi per la fine dell’arringa della Difesa -due ore e passa di intervento del prof. Giudo Ziccone- in aula non c’era praticamente nessuno. Dove non ci sono interessi diretti, personali, privati, i catanesi se ne fottono.

 

Il prof. Ziccone ha continuato sulla linea già illustrata dal prof. Giovanni Grasso (nella foto) che difende assieme a lui Scuto: niente vantaggi illeciti, condotta corretta, nessuna “esplosione commerciale”. Che Scuto sia assolto e che non sia sequestrato alcunchè -ha chiesto alla fine Ziccone ai giudici della prima sezione della Corte d’Appello di Catania (Presidente Ignazio Santangelo, a latere Muscarella e Carrubba).

Ma prima Scuto aveva fatto spontanee dichiarazioni. C’è una cosa che respinge fermamente: di essere un mafioso. Ha detto: “…fare l’imprenditore in questa terra negli anni 70 e negli anni successivi non è stato semplice: le forze dell’ordine non garantivano la sicurezza e la mafia aveva il controllo del territorio….Signor Presidente ho ripercorso la mia vita come in un flash back, per riscontrare, con rigorosa severità, dei momenti, dei comportamenti che potessero giustificare l’appellativo di mafioso che è mi stato attribuito e che mi ha distrutto moralmente e fisicamente, ma non ne ho trovati..”

E ancora: “…per molti anni ho diviso gli utili di impresa con i dipendenti, sotto forma di incentivazione annuale. Si è vero, ho sbagliato a pagare il pizzo: ma mai, in nessuna circostanza, sono entrati nella mia azienda dipendenti mafiosi, merci rubate o denaro di origine mafiosa. Non è mai successo, mai…”

Scuto ha poi ribadito di essere stato vittima di estorsione dai Laudani. “…Tutto ciò è continuato fino a quando -avendo appreso che si indagava sul mio conto, proprio per concorso esterno in associazione a delinquere di tipo mafioso- decisi di cogliere l’occasione per cercare di sottrarmi allo stato di assoggettamento alla malavita ed insieme ai miei avvocati (prof. Galati e Avv. Truglio) mi recai dai Pubblici Ministeri dott.ri Caponcello, Fonzo e Santonocito per denunciare le estorsioni di cui ero vittima. Ho riferito quindi senza alcuna reticenza ai P.M. della Procura di Catania l’estorsione e le rapine che da anni subivo. I magistrati che mi ascoltarono si resero conto dello stato di sofferenza, dell’umiliazione che pativo nel sottostare al pagamento del pizzo. Fui affidato al M.llo Grasso dei Carabinieri di P.zza Verga, perchè da quel momento attuasse una costante sorveglianza della mia persona e della mia famiglia. Da quel momento cessò ogni pagamento ai Laudani. I P.M. chiesero l’archiviazione del procedimento pendente nei miei confronti. ..” L’imprenditore ha ricordato l’effetto (denunce e arresto) della sua denuncia (aggiungiamo noi per dovere di cronaca che Scuto successivamente è stato arrestato due volte, una su richiesta della Procura della Repubblica, una su richiesta della Procura Generale che aveva avocato l’inchiesta, dopo lo scoppiare di polemiche e scontri molto forti dentro il Palazzo di Giustizia).

Poi l’amarezza: “…Eppure mi dicono che sono mafioso, che la mia azienda sarebbe stata il polmone economico finanziario dei Laudani: sono accuse assurde…” L’imprenditore ha ricordato le origini dell’azienda, ne ha rivendicato l’estraneità all’ipotesi di ingresso di denari illeciti: “…anche la Guardia di Finanza ha accertato nel 1997 che il sistema dei controlli era tale da non consentire l’immissione di capitali illeciti o di merce rubata. L’organigramma della società era di altissimo profilo, la Presidenza del Consiglio di Amministrazione, è stata per anni affidata al Cav. Antonio Mauri, già Presidente di Confindustria; persona onorata che mai si sarebbe occupata di una impresa in odor di mafia…”

Ha aggiunto Scuto (in relazione all’episodio di una lettera inviata all’indirizzo di casa del suo accusatore il sostituto procuratore generale Gaetano Siscaro): “Signor Presidente, signori consiglieri, è del tutto inammissibile l’idea che io possa avere in qualche modo minacciato il dott. Siscaro. Respingo con forza questa insinuazione: il signor Procuratore ed io abbiamo amici e conoscenti in comune da oltre quarant’anni: entrambi abbiamo lo stesso medico curante, lo stesso legale di fiducia, fin dall’infanzia sono molto amico del cognato, e non è certo in modo losco, come si vuol far credere, che io abbia scoperto dove abitasse. Ho avuto il suo indirizzo di casa da un amico comune affinchè potessi mandargli le condoglianze per la morte della sorella: volevo solo esprimere umanamente il mio rispetto nei confronti della Sua persona pur trovandoci su opposti fronti in aula…” Poi dopo avere ricordato le minacce di morte contro il figlio, Scuto ha concluso le sue dichiarazioni: “Signor Presidente, io confido innanzitutto nella giustizia divina e giuro davanti a Dio che mai mi sono macchiato delle accuse infamanti con cui qualcuno vuole infangarmi. Ho fiducia nella Giustizia e sono certo che, dopo aver vissuto tutta la mia vita onestamente, dopo tutte le sofferenze e le umiliazioni patite con cristiana rassegnazione, la verità, che è più forte della menzogna, è venuta inevitabilmente fuori, spinta dalla forza della mia assoluta innocenza”.

  


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