Giudizio abbreviato: per la Cassazione, non si possono violare le prerogative della Difesa


Pubblicato il 26 Maggio 2012

La Suprema Corte accoglie ricorso: l’imputato aveva chiesto il rito alternativo condizionato all’escussione di un teste….

di Iena Marco BenantiL’ordinamento europeo dovrebbe sempre prevalere su quello degli Stati nazionali: un principio di diritto che trae origine dalla costruzione dell’Unione Europea, vista non solo come mercati che si scambiano merci, ma come comunità che si scambiano valori. Purtroppo, talora non è così, per colpa delle magistrature nazionali, come capita in Italia. Di esempi ce ne sono a bizzeffe, a cominciare dalle condanne che lo Stato italiano riporta giorno dopo giorno per la violazione ripetuta di norme e principi di ambito europeo, a cominciare dalla lunghezza dei processi.Ma ci sono altri esempi rilevanti di principi violati. Come nel caso del giudizio cosiddeto “abbreviato” e delle facoltà dell’imputato che lo sceglie: la Corte Europa dei Diritti dell’Uomo ha legittimato “la peculiarità del giudizio abbreviato previsto dall’ordinamento italiano” sulla base della spontanea e inequivoca rinuncia dell’imputato a talune garanzie processuali (pubblicità, possibilità di chiedere la produzione di elementi di prova e di ottenere la convocazione di testimoni) a fronte dei vantaggi previsti, cioè lo sconto di pena di un terzo, il divieto di appello del Pm avverso le sentenze di condanna che non modificano la qualitificazione giuridica del reato. Insomma, un bilanciamento di facoltà e misure favorevoli, che trova il suo fondamento costituzionale nell’art.111 comma 5 della Costituzione, che fa espresso riferimento al consenso dell’imputato per la formazione della prova senza contraddittorio (come nel caso dell’ “abbreviato”), salvi casi eccezionali o patologici.Sembra tutto chiaro, alla luce di principi generali di civiltà giuridica e prerogative indispensabili del diritto di Difesa, sancito in Costituzione. Ma non è sempre così.Come nel caso di un procedimento penale, che ha avuto luogo nel foro di Catania, che ha coinvolto alcuni poliziotti accusati di concussione e di danneggiamento seguito da incendio (per questa ipotesi di reato è arrivata la prescrizione). Per l’altra, invece, un vice ispettore della polizia di Stato è stato condannato in primo e secondo grado. Bene, la Difesa dell’imputato, assistito dall’avv. Carmelo Calì (nella foto), in primo grado, con l’ “abbreviato”, aveva richiesto –e ottenuto dal giudice- l’ammissione a questo rito condizionato all’escussione di un teste; dopo avere appreso dell’impossibilità di sentire il teste, non reperito, la Difesa aveva richiesto di procedere nelle forme del rito ordinario. Ma non solo: aveva anche anticipato al Tribunale di Catania l’eccezione in ordine all’inutilizzabilità delle dichiarazioni già rese dal testimone e non ripetute in aula. Ma la Corte d’Appello di Catania è andata avanti. Di fatto, non tenendone conto o meglio aveva rigettato i motivi dedotti dall’appellante, tra l’altro, “…perché la richiesta (di abbreviato condionato all’escussione del teste, ndr) non veniva espressamente revocata dalla parte sebbene divenuta nota la non esperibilità dell’esame del teste”. Di qui il ricorso per Cassazione dell’avv. Calì, che è stato accolto dalla sesta sezione penale della Suprema Corte, rimettendolo, insieme a quello –per altri motivi- degli altri imputati, difesi dall’avv. Enrico Trantino, alle sezioni unite.E’ scritto nella sentenza di accoglimento che “…nella giurisprudenza della Corte appare pacifica l’affermazione che, una volta ammesso il giudizio abbreviato condizionato ad integrazione probatoria, il giudice non ha il potere di revocare l’ordinanza di ammissione solo perché l’integrazione probatoria non può avere luogo per circostanze imprevedibili e sopraggiunte (nella specie,la condizione era rappresenata dall’esame di un teste che non si era potuto reperire)…In tale filone giurisprudenziale, emerge tuttavia un orientamento negativo di portata generale sulla possibilità di revoca del rito abbreviato condizonato, ‘fatti salvi i casi disciplinati dall’art. 441 bis c.p.p (codice procedura penale, ndr), qualificabili come fattispecie di diritto potestativo dell’imputato, essenso riconosciuta esclusivamente all’imputato, in presenza dei presupposti fissati dalla legge, la facoltà di revocare la richiesta di ammissione al giudizio semplificato in precedenza formulata’ “.Secondo il collegio della Suprema Corte che in tema di giudizio “abbreviato” non si può prescindere dalla “volontà inequivoca dell’imputato” per l’ammissibilità e la prosecuzione del ritorno alternativo . “E ciò –scrivono i giudici della sesta sezione penale della Cassazione- sia per il fondamento costituzionale del rito abbreviato (art. 111 comma 5 Cost, che fa espresso riferimento al consenso dell’imputato per la formazione della prova senza contraddittorio, salvi casi eccezionali o patologici), sia per la compatibilità con i principi della CEDU (Corte Europea dei Diritti dell’Uomo, ndr), nell’interpretazione datane dalla Corte europea dei diritti umani…Orbene, con la richiesta di giudizio abbreviato, condizionato ad acquisizione probatoria, l’imputato esprime una chiara volontà di subordinare la sua richiesta all’espletamento di una prova.”E sottolineano i giudici che “tale subordinazione ha carattere essenziale. La mancata realizzazione di essa, salvo che ciò non sia addebitabile allo stesso imputato, non consente al giudice di procedere nel rito abbreviato senza una richiesta ovvero un comportamento concludente dello stesso imputato.Una diversa conclusione non è molto lontana dalla situazione severamente rimarcata dalla Corte di Strasburgo (sede della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo, ndr), che ha sottolineato come ‘un imputato deve potersi aspettare che lo Stato agisca in buona fede e tenga debitamente conto delle scelte processuali della difesa, utilizzando le possibilità offerte dalla legge’. “Conclusione: “nel caso non vi è stata né richiesta, né comportamento concludente da cui far emergere una volontà inequivoca della parte, la quale anzi, conosciuta l’impossibilità di sentire il teste, aveva richiesto che si procedesse con rito ordinario”. Di qui l’accoglimento del ricorso: ora la parola passa alle sezioni unite.


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