Intervista di Marco Benanti. Faccia a faccia con un It manager, autore di un libro che tratta di un tema di forte impatto sociale e letterario.
Giustizia a Catania, dopo anni d’ inchiesta e spese (per la collettività) una sola richiesta di condanna per le infiltrazioni mafiose nella festa di S.Agata
Pubblicato il 20 Novembre 2012
Requisitoria del Pm e non pochi già immaginavano queste conclusioni…di iena giudiziaria Marco Benanti
Una richiesta di condanna (per Pietro Diolosà, ex presidente del circolo Sant’Agata, imputato di concorso esterno), sei (Nino e Francesco Santapaola, Salvatore Copia, Enzo, Alfio e Vincenzo Mangion imputati di associazione mafiosa finalizzata ad ingiusti vantaggi) di non doversi procedere perchè l’azione penale c’è già stata per lo stesso fatto, un’assoluzione (Agatino Mangion, imputato di associazione mafiosa finalizzata a ottenere ingiusti vantaggi) per non avere commesso il fatto: la “montagna ha partorito il topolino” al processo per le presunte infiltrazioni mafiose nella festa di S.Agata.
Le richieste, ai giudici della quarta sezione del Tribunale di Catania (Presidente Fichera), della Pubblica Accusa, con il Pm Antonino Fanara, stamane non hanno sorpreso più di tanto: bastava avere seguito il processo per almeno immaginare quanto accaduto. Quali vantaggi, quali profitti illeciti sono emersi -concretamente- nel dibattimento? Il dato -confermato anche dal Pm stamane- è casomai quello dell’affermazione sociale del Potere mafioso al fine di dominare la scena in altri campi. Ma questo con la definizione precisa e concreta di vantaggi patrimoniali come si definisce e dimostra giudizialmente? Del resto, in una città che accetta -da decenni e senza quasi batter ciglio- che il “trascendente” celestiale vada a braccetto con il “crimine” terreno che cosa si vuole? Che l’omertà sia -al di là dei discorsi da salotto e da convegno per politicanti alla moda- una realtà cittadina ancora forte è una novità per chi vive Catania e non le sue rappresentazioni mediatiche?
Il Pm Fanara cosa ha detto, tra l’altro, stamane? Interessi di “Cosa Nostra” sul bussiness della cera? “Non c’è la prova” (casomai, diciamo noi ci sono gli interessi -materiali, molto materiali- di Santa Romana Chiesa). Interessi inquinati sul commercio o simili? “Non c’è la prova”. E le scommesse illecite sul “sacro”? Idem. E allora? Certo, la Pubblica Accusa ha potuto -nella sua prospettazione- dimostrare che l’associazione mafiosa Santapaola-Ercolano ha infiltrato il Circolo Sant’Agata, che ha un ruolo fondamentale nella cerimonia e da lì la festa della patrona, “aggiudicandosi” -diciamo così- ruoli e posti di prestigio al suo interno. Ma -aggiungiamo noi- la Chiesa catanese e i suoi “servitori fedeli” s’erano accorti di qualcosa in questi decenni? E al comune di Catania? Quanto prosciutto hanno sugli occhi e dentro le orecchie a Palazzo degli Elefanti e in Cattedrale?
In attesa di una risposta che non ci sarà mai, attendiamo le Difese per il 4 dicembre prossimo. E, nel frattempo, ci chiediamo: ma quanto è costata alla collettività questa inchiesta e il processo? Per sapere cosa? E raggiungere quali obiettivi? Ad esempio che adesso i fuochisti devono rendere noti i propri committenti? Fondamentale. Domande “fuori luogo”? Forse, ma sempre meglio che diventare “trombettieri” acritici della “giustizia catanese”.
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