Mai dire mai: sotto l’Etna…impossibile è niente. E dire che qualcuno aveva parlato anni fa…
di iena giudiziaria marco benanti
Nemmeno il tempo di traslocare, che il tribunale lavoro si dovrà….ritrasferire. Probabilmente dal prossimo dicembre. Da via Guardia della Carvana (ne abbiamo parlato tante volte come di un caso scandalosohttp://www.ienesiciliane.it/cronaca/12361-catania-il-circolo-degli-amici-perde-un-contratto-il-comune-disdice-guardia-della-carvana-e-ora-il-tribunale-sara-ritraslocato-palazzo-degli-elefanti-rompera-anche-laccordo-per-i-posti-a.html ) a via Sabato Martelli Castaldi, alla scuola “Meucci”. Il dato è emerso oggi nel corso dell’assemblea degli avvocati catanesi, convocata in un albergo del centro: una ottantina di legali in una realtà con oltre cinquemila iscritti.
Ebbene, nel corso dell’assemblea, il Presidente dell’ordine degli avvocati di Catania Maurizio Magnano di San Lio ha spiegato che il 12 novembre la commissione manutenzione, organo composto di rappresentanti dei principali uffici giudiziari e degli avvocati, si riunirà, alle ore 10,30, per affrontare, fra l’altro, la tematica delle sedi.
Il comune ha proposto la “Meucci” e in alternativa la scuola “Filippo Corridoni”, di fronte allo stadio, per allocare l’ufficio esecuzione immobiliare, i due gradi del tribunale lavoro e alcuni uffici amministrativi del settore penale e di quello civile. Peccato che anche alla “Meucci” l’anno scolastico sia cominciato e ci siano, quindi, gli alunni. E dove andranno, quando arriveranno gli uffici giudiziari?
Non solo: come ha sottolineato il presidente dell’ordine degli avvocati, i “civilisti” -nello scenario proposto dal comune- dovranno ogni mattina girare tra sei siti diversi in tutta la città: da piazza Verga (Corte d’Appello), a via Crispi (ex pretura), a via Gabriele D’Annunzio (ufficiali giudiziari), via Renato Imbriani (giudice di pace), a via Franchetti (tribunale minorenni), a via Martelli Castaldi (“Meucci”) o stadio (“Filippo Corridoni”).
L’assemblea, in molti interventi, ha mostrato di non gradire la soluzione proposta. Che accadrà il 12 novembre?
Ma -ci sarebbe da chiedersi- come si è arrivati a questa situazione? In anni e anni di affitti a privati e di degrado del patrimonio pubblico (esempio clamoroso e vergognoso il Palazzo delle Poste di viale Africa) si sono prodotte le premesse per questa condizione di assoluto disagio. Per anni e anni c’è chi come il compianto giudice Titta Scidà ha denunciato questa e altre condizioni legate strettamente al “Caso Catania”.
Magnano di San Lio ha ricordato anche i disagi legati alla soppressione delle sedi distaccate del Tribunale: esempi? Tempi lunghi anche per una copia di sentenza e difficoltà per trovare fascicoli d’udienza.
Nel corso dell’assemblea si è ricordata anche l’ordinanza del giudice Santino Mirabella che, la scorsa settimana, ha rinviato l’udienza, viste le intollerabili condizioni d’aula nella ex pretura di via Crispi, ricolma di avvocati, imputati, familiari e altri. Il giudice è stato colto da malore: mancava l’aria. In una città dove non si sa ancora in tempi si arriverà alla “cittadella giudiziaria” (a Librino -a dire del presidente dell’ordine degli avvocati- l’ipotesi in tal senso è “miseramente fallita”). Non a caso, per trasformare in uffici giudiziari l’ex ospedale “Ascoli-Tomaselli” ci vorrà tempo: quanti anni?
Ma c’è di più: oggi dalle parole di Magnano di San Lio si è appreso che la sorte del Palazzo delle Poste non sarà quella di una ristrutturazione (ci vorranno milioni di euro) a fini di utilità pubblica, ma probabilmente quella di diventare garanzia per la cassa depositi e prestiti al fine di ottenere somme da utilizzare per risanare immobili del patrimonio pubblico. Niente male: dopo avere speso una montagna di soldi pubblici per acquistarlo, questo “monumento all’incapacità amministrativa” servirà per prendere altre somme. Per sanare altri uffici pubblici.
L’unica cosa che ci vorrebbe per chi ha amministrato Catania è quella di un “processo” ma di quelli veri, quello davanti al Tribunale della Storia per una gestione criminale -in concorso con il torpore di tanti dei suoi abitanti- della cosa pubblica.
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