Giustizia alla catanese: prima di Ciancio quelli che muti sono stati condannino il loro silenzio durato cinquant’anni

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di marco pitrella

Vi è il pericolo che col concorso esterno si privilegino ai fini di una condanna elementi sufficienti ad aprire un’inchiesta”; a dirlo fu Giovanni Falcone, il Sig. Giudice che, all’indomani del proscioglimento di Ciancio “perché il fatto non è previsto dalla legge come reato”, società civile varia ed eventuale sta tirando per la toga macchiandosi di vilipendio alla memoria.

Non si tratta, infatti, di dubitare che il patron de La Sicilia nella “zona grigia”(quella dei colletti bianche, per intenderci) non si sia mosso, anzi. Proprio per questo prima che pedinato, intercettato, indagato ed eventualmente processato & condannato andava già politicante affrontato Ciancio: uno su tutti l’informazione a Catania, in un tempo ormai passato, così saldamente nelle mani dello “zio Mario” tanto da farne monopolio; inizia da lì la storia. Il resto, “la zona grigia” di cui sopra, è venuto dopo e per cinquant’anni s’è protratto. Dov’è stata la politica? se n’è fottuta (poche le eccezioni) quando addirittura, non ha bussato alla porta di “zio Mario”. Dov’è stata “certa società civile” in questo mezzo secolo? a passeggiare con La Sicilia sotto il braccio o col capo chino a sfogliare La Repubblica dove la pagina su Catania non ha letto perché di trovarla non né ha avuto voglia. Altrimenti l’avrebbero denunciato “il cartello” con La Repubblica quelli che… oggi, dopo il proscioglimento, amaro hanno il palato. Se la sciacquassero la bocca quelli che col silenzio, ignavia & codardia, questo “sistema” hanno mantenuto… anche questa la chiamano omertà?

Un “tempo ormai passato”, dicevamo, fu quello delle “notizie mono fontanella”. Il non ammetterlo perché legati all’idea che tutt’ora Ciancio sia il dominus et deus perpetrerà lo stesso errore per il mezzo secolo a venire. Il potere catanese pur si muove fra i titoli di certe testate on-line che il “Cianciano dominio” hanno rotto e in mani loro sta adesso l’arma dello “scambio & del ricatto.

Altri signori del doppiopesimo ne hanno fatto un’arte e muti sono stati, per esempio, dinnanzi a quel “non sapevo che Mario Ciancio fosse indagato” pronunciato da Bianco nel corso dell’ audizione in Commissione Nazionale Antimafia che riguardò anche la telefonata che egli, alla vigilia delle elezioni amministrative, fece a “zio Mario” e in cui si parlò del Pua. Il “potestà” Enzo IV  “non poteva non sapere” che l’uomo più potente di Sicilia fosse indagato con accuse così gravi… l’avessero detto gli “Stancagnini” di una volta il “non sapevo che…” che vespri all’orizzonte avremmo scorto. Come quando per le celebrazioni del cinquantennio de La Sicilia “certi renziani” che, da social logorroici quali sono, per la lettera d’augurio – per niente doveroso – di Matterella nulla ebbero da twittare; mentre, ora, scatenati fanno “pio, pio”.

“Siccome il giudizio morale e politico è negativo abbiamo il dovere di cercare in che cosa Andreotti sia colpevole e di esaltare tutti gli aspetti negativi del suo comportamento; è una grande ideologia pari a quella giacobina”, ebbe a dire Cossiga sui magistrati che processarono il poi assolto “Divo” (la prescrizione dell’assoluzione è parte integrante). Ideologia magistrAle che nel concorso esterno si cela… insomma – casistica docet –, il concorso esterno ha fatto da imput alla formula del “processo al sistema”(basti pensare al procedimento sulla “Trattativa Stato-Mafia”; assolto Mannino e per il Generale Mori & l’ufficiale Obinu – rei secondo l’accusa di non aver ispezionato il covo di Riina per tempo – il Pm ha stralciato l’aggravante mafiosa lasciando solo “il qualunquemente” favoreggiamento semplice; da sceneggiatura a sceneggiata la “Trattativa” s’è, di fatto, rivelata).

Volere è potere specie per quello magistrAle; se tanto mi da tanto, di Ciancio l’accusa di favoreggiamento alla mafffia si sarebbe potuta formulare se proprio dovevano e se proprio volevano metterlo alla sbarra (ved. il doloso caso Cuffaro) –; reato, quello di favoreggiamento a “Cosa Nostra”, che persino nelle edizioni tascabili del codice penale è facilmente reperibile.   

“Le valutazioni del Giudice Barnabò Distefano – che Ciancio ha prosciolto – sono una decisione del tutto personale ed isolata”, ha dichiarato Nunzio Sarpietro, presidente dell’ufficio del Gip di Catania. Due precedenti la decisone della Bernabò Distefano, quindi, ha creato; uno che un togato, se davvero terzo & imparziale, può sorvolare sul comune senso del pudore; l’altro che un giudice, il Presidente Salpietro in questo caso, può prendere le distanze da un altro giudice per la decisione assunta nell’esercizio delle sue funzioni… fra l’altro pare, si dice si mormora che le sentenze non si commentino; e meno male.

Decida il Parlamento che reato vuol fare del concorso esterno. Se ne potrebbe far carico la “catanese” Anna Finocchiaro che, da ex magistrato, dal 1987 è deputato… tenendo a mente, magari, l’osservazione che fece Falcone; “non sembra che abbia apportato contributi decisivi nella lotta alla mafia”.

Ma al marketing magistrAle, purtroppo, sì.

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Redazione Iene Siciliane

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