Giustizia (la chiamano così) in periferia, il Procuratore Zuccaro a Librino: “la mafia fa schifo non basta dirlo”

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Confronto su ideali e buone prassi per la crescita delle periferie sud di Catania” resoconto e sintesi dell’incontro tenutosi il 4 maggio 2019 tra le associazioni del quartiere Librino con il procuratore della Repubblica di Catania Carmelo Zuccaro.

 «Vengo qui a Librino quasi con un senso di disagio, perché il compito della procura è ripristinare la legalità, ma anche i torti. Tanto viene fatto, ma sono consapevole di quanto non viene fatto. E voi a Librino avete subito dei grandi torti: chi è nelle istituzioni pubbliche e non fa non può avere alibi, deve dimettersi». Queste le parole con cui il procuratore della Repubblica di Catania Carmelo Zuccaro è intervento questa mattina nell’incontro dal titolo “Confronto su ideali e buone prassi per la crescita delle periferie sud di Catania”, organizzato dalla Misericordia Librinoinsieme alla Rete sociale Librino e alla Parrocchia Resurrezione del Signore di viale Castagnola che ha ospitatol’incontro.

 Al centro del dibattito il tema dell’illegalità a Librino e nei quartieri limitrofi della zona sud di Catania, riconosciuta come tra le maggiori realtà a rischio d’Italia, e il ruolo che le istituzioni e gli attori sociali hanno nel perpetrarsi di un disagio diffuso e apparentemente senza soluzione.

«Qui e in altri quartieri periferici – ha spiegato Zuccaro -, è stato violato il patto sociale sancito dalla nostra Costituzione, che si basa su solidarietà e giustizia. Il patto sociale va ristabilito», ha affermato il procuratore capo di Catania rispondendo alla domanda sulla quale si è incentrato il dibattito, posta dal dottore Santo Carnazzo, decano dei volontari nel quartiere: «Cosa possiamo fare rispetto alla grandezza dei numeri e dei problemi di Librino?». «Di certo – ha proseguito Zuccaro – la repressione non è sufficiente. Dopo ogni operazione vengono lasciati dei vuoti di potere dai gruppi criminali. Dopo che questi sono stati fermati, ci sarà sempre un altro gruppo criminale pronto a sostituirlo. Lo Stato deve riempire il vuoto dando possibilità ai giovani non di essere reclutati come pusher ma di avere in futuro. La mafia è un fenomeno sociale e avrà fine, come diceva Giovanni Falcone. Ma non finirà da sola». Un concetto, quello della necessità di un intervento congiunto tra istituzioni ed attori sociali, ribadito anche dai rappresentanti delle realtà del territorio intervenuti.

Per Salvatore Cubito, parroco della chiesa Resurrezione del Signore, «in questo territorio, dove sono presente da 8 anni,  si è certamente fatto tanto e tanto ancora c’è ancora da fare. Ma spesso vedo ragazzi dover nascondere di vivere a Librino per la percezione negativa che si ha del quartiere».

«Sono qui come volontario dal 1987 – ha spiegato Santo Carnazzo -, e in questi trenta anni ho visto sparire la speranza nel cambiamento di un quartiere pensato come una città satellite autonoma dall’architetto Kenzo Tange, ma che non ha visto lo sviluppo di servizi. Oggi Librino – prosegue Carnazzo – e i quartieri limitrofi sono considerati tra le periferie più pericolose d’Italia. Eppure è il quartiere più giovane di Catania, dove risiede un quarto dei bambini da 0 a 6 anni, dove l’altra faccia della medaglia dell’illegalità sono le tante associazioni che si impegnano per lo sviluppo sociale e l’integrazione con Catania».

 Per Guglielmo Barletta, portavoce della Rete Sociale Librino la risposta al pregiudizio può venire solo con il costante intervento sui giovani: «Lavoriamo molto sulle attività educative del quartiere, dove c’è l’età media molto bassa, molta dispersione scolastica e dove spesso si diventa madri a 15 anni e nonne a 30. Spesso – prosegue Barletta -, sorridiamo quando viene un ragazzo di 15 anni e indica un bambinetto dicendo “lui è mio zio”. Pèrche puntare ai bambini? Non perché gli adulti siano persi, ma perché i bambini hanno le potenzialità di cambiare. Nonostante si percepisca lo scoramento»,

 «Da moltissimi anni – ha detto Sara Fagone, portavoce della rete Piattaforma per Librino -, non si fa altro che parlare di periferie. Intellettuali, partiti politici: tutti hanno ricette ma nessuno abita in questi quartieri. E quindi tocca a chi ci abita trovare le soluzioni. Librino ha un capitale umano inestimabile. Qualche battaglia l abbiamo vinta, come quella di portare qui gli istituti superiori, o per l’apertura dell’ospedale, e oggi abbiamo il primo liceo coreutico in provincia all’interno dell’Istituto Omnicomprensivo Musco. Se questo è stato fatto, è merito della associazioni. Che forse sono state lasciate sole a cercare di ricucire il tessuto sociale», ha concluso Fagone.

Don Pietro Sapienza, parroco della parrocchia Divino Amore di Zia Lisa e rappresentante dell’Osservatorio socio-politico del VII vicariato della diocesi, ha ricordato proprio la difficoltà incontrate l’arrivo delle scuole superiori nel quartiere. «Qualche anno fa abbiamo messo in campo la necessità di istituire a Librino la scuola superiore: le statistiche ci dicevano che Catania che come delinquenza minorile era seconda a Napoli e Librino aveva il primato nazionale. Quando – prosegue Sapienza -, dopo incontri con Comune Provincia e Regione la cosa stava andando a compimento gli istituti del centro cittadino hanno ostacolato il trasferimento. Per questo ora ci sono i due istituti omnicomprensivi Musco e Pestalozzi che comprendono le scuole superiori, da 4 anni. Vi posso assicurare che c’è una ricaduta molto positiva sì tutto il territorio».

«La scuola – ha affermato Felice Arona, dirigente scolastico dell’istituto comprensivo Brancati -, è istituzione fondamentale non solo di questo quartiere ma di tutta la società. Sono dirigente qui a Librino da 3 anni, e giorno dopo giorno mi sono reso conto che la mia professione ha maggiore senso in questa realtà dove la presenza degli educatori è fondamentale». Arona condivide anche un dato positivo: «I professori che vanno via da Librino sono 1 o 2 l’anno su 150 docenti. Non si tenta di scappare dal quartiere alla prima occasione. Chi lavora qui ha coscienza del ruolo e della missione che svolge. Ovviamente non sono tutte rose e fiori, ma la nostra professione è l’ancora di salvezza per questi ragazzi», ha concluso il dirigente scolastico.

Per Salvatore Raffa, presidente del Csve (Centro di Servizio per il Volontariato Etneo), «oggi qualsiasi piccola conquista per il territorio viene da una battaglia. Portare la casa del volontariato a Librino, sede del Csve, lo è stata. Ma le grandi difficoltà di cui abbiamo parlato oggi devono indicarci che dobbiamo lavorare in comune come rete di tutti gli attori sociali, e non attraverso singole battaglie. Mi occupo da anni di legalità nel mondo della scuola. Ai ragazzi non rimangono le chiacchiere ma i fatti e le azioni concrete», ha concluso Raffa.

Calogero Foti, direttore del Dipartimento regionale di Protezione civile, ha affermato: «Non si devono realizzare opere, ma metodi, perché da questo quartiere dipende il futuro di un quarto di Catania. Quello utilizzato dalla protezione civile è quello di deve capire prima gli elementi a rischio per capire cosa sta accadendo. Ma per farlo ci vogliono competenze. Questa città le ha? Per costruirle serve ragionare da cittadinanza attiva, con il noi».

Tra i contributi anche quello di Francesca Danese, portavoce del Forum del Terzo Settore ed ex assessore alle politiche Sociali del Comune di Roma, introduce il tema del denaro speso. «Nella mia esperienza da assessore nella giunta Marino – ha ricordato Danese -, mi sono occupata di dare degli spazi vivibili alle periferie, utilizzando beni confiscati e facendo chiudere i residence, strutture che costavano al Comune 42 milioni di euro l’anno. Quattromila euro per un appartamento da 38 metri quadri. Ci sono momenti dove il lavoro di ricucitura del tessuto sociale del volontariato, del terzo settore, non basta».

Ultimo intervento conclusivo  del procuratore Zuccaro: «La città di Catania è in un gravissimo dissesto, causato da una grande evasione che interessa chi ha maggiore abbienza. Sicuramente non lo ha prodotto il fatto che sono stato spesi soldi a Librino, ma che sono stati spesi male. Il controllo però spetta a voi cittadini di Librino, oltre che a noi magistrati.

La mafia fa schifo non basta dirlo, e bisogna respingere tentativi di infiltrazione, anche nel terzo settore. Il caso Montante ci dice che ci sono persone che si dichiarano paladine della legalità dialogando con la mafia,. Ho il dovere di essere ottimista ma credo che il futuro non cambierà se non ci impegniamo per farlo».

 

 

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Benanti

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