Giustizia sotto il vulcano, Nichi Vendola sulla Procura di Catania: “Speriamo che non torni la palude”


Pubblicato il 02 Novembre 2012

Domande “non ortodosse” a “quello con l’orecchino”…

di iena miscredente Marco Benanti

“Il gatto e la volpe” potrebbero fermare il cambiamento alla Procura della Repubblica di Catania. Lo ha gridato forte, usando una metafora fiabesca, di recente, a Catania, Nichi Vendola (nella foto), nel corso di un’iniziativa a supporto di Giovanna Marano candidata alla Presidenza della Regione. Qualche giorno prima, era arrivata la notizia dal Tar Lazio: vittoria per Giuseppe Gennaro e Giovanni Tinebra, ricorrenti. La nomina di Giovanni Salvi – Csm, novembre del 2011- ora è sub judice. Tutto rinviato al Consiglio di Stato: ci vorrà un altro anno?

Vendola, per anni, è stato una delle voci che hanno animato il “caso Catania”. Assieme al compianto giudice Giambattista Scidà. E al Pm Nicolò Marino. Mentre pressocchè tutta la classe dirigente catanese faceva silenzio o denigrava questa battaglia, Nichi, “quello con l’orecchino” -assieme a pochi altri- ha sollevato il caso, una vicenda di intrecci politici-giudiziari-imprenditoriali-mafiosi. La storia di un sistema di Potere, che comanda a Catania da decenni. E ha distrutto una città.

Sull’argomento ecco le sue risposte. Vendola, il “caso Catania”. Che ricordo ha di quegli anni? “Io ho un brutto ricordo di quegli anni, era una città diciamo che aveva dei santuari del Potere inviolabili. Ai miei occhi non era molto comprensibile come si esercitasse il controllo di legalità, diciamo avevo molta delusione dai comportamenti del Palazzo di Giustizia”.

Sulla Procura ora che dici? “Che Giovanni Salvi poteva essere finalmente un punto di svolta, perché Catania aveva bisogno, la sua Procura aveva bisogno diciamo così di essere liberata da qualunque immagine di condizionamento ambientale e Giovanni Salvi è un bravo magistrato, che veniva da lontano”.

E adesso che succede? “E adesso che succede? Succede che…speriamo che non torni la palude”.


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