Cominciata la requisitoria del Pg Gaetano Siscarodi iena giudiziaria Marco Benanti
Di fronte ad un folto pubblico di meno di dieci persone -fra avvocati, imputati, parenti di imputati- è cominciata stamane, davanti ai giudici della prima sezione della Corte d’Appello di Catania, la requisitoria del sostituto procuratore generale Gaetano Siscaro al processo di secondo grado al “re dei supermercati” di Sicilia Sebastiano Scuto.
Siscaro ha avviato il suo atto d’accusa -che proseguirà il 9 novembre alla prossima udienza- da un parallelo con il famoso romanzo di Stevenson “Lo strano caso del dottor Jekyll e del Signor Hyde”. Lo ha fatto per descrivere quella che -a suo avviso- è una palese contraddizione, contenuta nella sentenza di primo grado che ha condannato Scuto, fra la figura dell’imprenditore che da vittima della mafia, diventa colluso e poi partecipe dell’associazione mafiosa dei Laudani “mussi ‘i ficurinia” e quella, nella seconda parte della sentenza, in cui questa figura sembra scomparire assieme agli ipotizzati collegamenti affaristico-mafiosi con Palermo. E proprio sui questi ipotizzati -ma smentiti in sentenza, che ha assolto Scuto per questa ipotesi d’Accusa- intrecci di affari, di centri commerciali e di mafia che ha insistito Siscaro nel suo prolungato intervento, dove non è mancata una forte critica -il Pg ha parlato di “pregiudizio del Tribunale”- alla sentenza di primo grado e al Tribunale che l’ha emessa in primo grado. Non a caso, l’attività integrativa d’indagine sugli intrecci palermitani fu oggetto di ricorso (positivo per l’Accusa) in Cassazione, dopo un’ordinanza di segno opposto proprio del Tribunale catanese.
In sostanza, l’ipotesi dell’Accusa è quello di una sorta di holding commercial-mafiosa dove spuntano nomi del Gotha di Cosa Nostra, dai Santapaola, ai Lo Piccolo a Provenzano. Un fiume di denaro. E che avrebbe comportato spartizioni di territori, sfere di influenza, intrecci societari dalla Sicilia alla Calabria. Dietro l’affare dei grandi supermercati, dei centri commerciali. Un capitolo dell’Accusa già trattato in primo grado e inserito con un’attività integrativa d’indagine. Scuto sarebbe stato, al pari dell’imprenditore Giuseppe Grigoli, al centro di questo grande affare e delle relative spartizioni d’influenza. Sulla scorta di pizzini e di dichiarazioni di collaboratori di giustizia, emerge -nella prospettazione dell’Accusa- lo “stop” alla richiesta di “pizzo” in occasione di aperture di attività commerciali riferibili a Scuto. Che ribatte, da parte sua sostenendo di non avere mai messo piede a Palermo e in ogni caso che le aperture di queste attività sarebbero state effettuate dagli amministratori giudiziari. Tanto che, a margine dell’udienza, la Difesa (Scuto è difeso dal prof. Guido Ziccone e dal prof. Giovanni Grasso) dichiara al cronista che l’ Accusa trasforma le suggestioni in ipotesi e le ipotesi in certezze.
Ne riparleremo presto. Senza “disturbare” troppo Catania, la sua gente “perbene” e i suoi fondamentali e privati interessi.
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