A Micciché per aver detto, nel discorso di insediamento, che la Commissione Regionale Antimafia «non funziona e va rivista» va fatto un plauso. D’altra parte, dell’altra commissione, quella nazionale, la regionale ne è la copia in piccolo: è solo la nazionale, infatti, ad avere certi poteri; alcuni addirittura simili alla magistratura.Che poi, per dirla tutta, di cosa vogliamo si occupi la Commissione nazionale se non delle cose di casa nostra: la mafia è siciliana, calabrese, campana e pure un po’pugliese. Certo «la mafia s’è spostata al nord», si dice; dunque, non c’è da stupirsi se già Lombardia e Piemonte, per esempio, ne abbiano istituito una propria di Commissione: tutte versioni bonsai della nazionale. Insomma, il presidente dell’ARS, Micciché, ha posto una questione: far della Commissione Antimafia una Commissione Anticorruzione. Se la trasformazione della Commissione ne rendesse più incisive le funzioni che ben venga la proposta; così ché la politica non si rivolga sempre a Cantone. Del resto «non si può parlare di mafia in generale», l’assunto da cui è partito Micciché; non è un caso abbia chiesto un incontro proprio a Claudio Fava che, a suo tempo, etichettò come «dei pennacchi, delle vetrine e delle cricche» l’antimafia degli Helg & Montante, dei Crocetta & Lumia. Lo stesso, in fondo, fece l’allora presidente della suddetta commissione, Nello Musumeci, non esitando a definire «mafia dell’antimafia» il «cerchio magico». Dell’incontro tra Fava e Micciché sia di Musumeci la regia. Ne discutessero davvero saremmo avanti di almeno cento passi.
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