Bagarre molto sicilianiste e poco siciliane quelle che investono il governo Musumeci sullo “scandalo” dei Beni Culturali; in realtà perfetta distrazione di massa che, al pari del rientro di Silvia Romano, fa dimenticare decine di migliaia di lavoratori rimasti per mesi senza cassa integrazione.
Due mesi, o giusto qualche giorno in meno, sono già passati dall’emanazione del decreto Cura-Italia che a partire dal 30 marzo prevedeva la possibilità di garantire cassa integrazione in deroga su tutto il territorio nazionale.
Intanto trascorre oltre un mese nella solare isola del triscele affinché le prime migliaia di domande vengano erogate. Un problema di gestione informatica, dirà Musumeci. Una vergogna di accordi tra sindacati e dipendenti, dicono i fatti.
Il parassitismo sicilianista, incarnato profondamente dalla maggior parte di dipendenti pubblici ed amministratori, questa volta intendeva manifestarsi in bonus di 10€ per ogni richiesta svolta, con nemmeno tanto nascosto accordo tra dipendenti, sindacati e forse qualche complice in regione. Manifestatasi questa vergognosa pagina – si tende spesso ad indignarsi e basta, senza dare un seguito – il governatore regionale sbatte i pugni, si assume colpe politiche e cambiano i vertici. A distanza di una settimana cos’è cambiato? Sostanzialmente nulla, a fronte di centomila siciliani ancora in attesa.
Nello Musumeci – con grande rammarico per i pasionari ex missini – incarna la sottile differenza tra il fascista borghese e quello rivoluzionario, poiché navigando nelle difficili acque dell’emergenza nazionale piuttosto che sostenere i suoi compatrioti isolani in difficoltà si concentra su rimpasti di giunta e spartimento di cariche tra i suoi fedelissimi.
In conclusione tutte queste pesantissime e raffazzonate righe sono state battute per dire qualcosa di davvero semplice e comprensibile per ogni lettore: mentre tanti siciliani cercano ancora di capire come sopravvivere qualche giorno in più, Nello Musumeci mangia e fa mangiare. Una grande vittoria per i nostalgici di un movimento chiamato “sociale”.
Giovanni Turrisi.
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