Unica soluzione: la sua chiusura e la restituzione dei danni prodotti alla collettività da decenni di gestioni scellerate, paramafiose, affaristiche. Invece, tutto va avanti. C’è, però, l’inchiesta della Procura della Repubblica di Catania, che prelude ad un rinvio a giudizio. Ecco gli ultimi fatti.
A fronte della conclusione delle indagini preliminari notificata già da circa due mesi agli indagati (il direttore generale Iacp Catania, Schilirò Rubino Santo e al figlio Schilirò Rubino Ettore + altri quattro dipendenti dell’ente (Fiorello Adele, Anna Tusa – oggi in pensione -, Giuseppe Caruso e Orazio Sicali) oltre ad alcuni beneficiari di alloggi e alla recentissima notizia della spaventosa cifra di oltre trenta milioni di euro –ma secondo qualificate fonti della Guardia di Finanza la cifra sarebbe di oltre quaranta milioni- di presunto danno erariale, scandalizza che l’ing. Leone, commissario straordinario dell’Iacp di Catania e l’assessore regionale competente non siano intervenuti in alcun modo né nei confronti dell’indagato Schilirò, lasciandolo continuare a dirigere l’ente pubblico Iacp, né nei confronti degli altri dipendenti indagati. Le responsabilità della Regione e del Governo Lombardo sono, quindi, gravi. La vicinanza politica del direttore generale al Governatore non dovrebbe essere in alcun modo un “lasciapassare”: vero Presidente Lombardo?
Scandalizza ancora di più che la Magistratura catanese non abbia ancora inteso adottare, ex art. 289 del codice di procedura penale, misure cautelari interdittive, almeno nei confronti del direttore generale, al fine di evitare la produzione di ulteriori danni alla Pubblica Amministrazione e alla collettività, nonostante i gravi reati contestati commessi nell’esercizio di pubbliche funzioni. Grave è il rischio di inquinamento e di reiterazione dei comportamenti non conformi alla legge, che si corre lasciando al suo posto un funzionario fortemente sospettato di infedeltà.
Sarebbe stato opportuno prendere tali misure interdittive già nel corso delle indagini preliminari per impedire a Santo Schilirò Rubino, come avvenuto, di continuare a commettere “in data successiva e prossima al 3-11-2010” (nel corso delle indagini della Guardia di Finanza), il reato di cui all’art. 479 del codice penale (falsità ideologica), contestato nell’ avviso di conclusione delle indagini preliminari.
In altre città per molto meno la magistratura applica l’art. 289 c.p.p., mostrando maggiore sensibilità nei confronti del bene-interesse, di rilevanza collettiva, del buon andamento della pubblica amministrazione che tale previsione normativa intende tutelare.
Nonostante da più di due anni sia stata accertata dagli ispettori regionali l’illegittima assegnazione di alloggi a non aventi diritto, gli stessi continuano tranquillamente ad abitare nelle case con il consenso del Commissario Straordinario dell’ente e, spiace dirlo, anche della magistratura, che agisce con una ingiustificata lentezza che, quasi certamente, produrrà la prescrizione di gran parte dei reati contestati, beffando anche le legittime aspettative dei poveri senza casa, che per primi patiscono gli effetti di una così riprovevole gestione dei beni pubblici.
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