di iena giudiziaria
Sulla questione dell’imputazione coatta disposta dal Gip Luigi Barone a carico del governatore della Regione Siciliana, Raffaele Lombardo, e di suo fratello Angelo, parlamentare nazionale, è intervenuto il procuratore capo di Catania, Giovanni Salvi, ad onor di cronaca insediatosi recentemente quando ormai l’Ufficio inquirente si era già determinato per la richiesta di archiviazione: “continueremo a fare il nostro lavoro con la stessa serenità di sempre -ha detto Giovanni Salvi- seguendo le indicazioni che sono arrivate dal giudice”.
La Procura di Catania aveva insistito nella richiesta di archiviazione anche alla luce della nota “sentenza Mannino” che rigidamente fissa i presupposti giuridici del concorso esterno in associazione mafiosa, ma il dott. Luigi Barone evidentemente non ha condiviso la linea della Procura ordinando a quest’ultima di procedere nei confronti dei fratelli Lombardo per concorso esterno in associazione mafiosa e voto di scambio aggravato: “c’erano valutazione diverse – ha aggiunto il procuratore Salvi – e la nostra posizione è stata sempre chiara e si basava su valutazioni giuridiche”. Secondo la Procura di Catania, infatti, dall’inchiesta Iblis sarebbero emersi “elementi di prova su rapporti tra gli onorevoli Raffale e Angelo Lombardo ed esponenti di Cosa nostra, finalizzati a ottenere il sostegno dell’organizzazione criminale in occasione di competizioni elettorali, ma non c’erano invece elementi di prova sufficienti a ritenere che l’accordo si sia sostanziato in promesse concrete dei politici o in fatti che abbiano avuto efficacia causale sulla vita dell’associazione criminale, e cioe’ che l’abbiano rafforzata in maniera rilevante, come richiesto dai principi affermati dalla Corte Suprema di Cassazione a Sezioni unite“.
Il dott. Giovanni Salvi ha concluso evidenziando come “la decisione del giudice su una complessa questione di diritto, che non intacca gli elementi di fatto, ma soltanto la loro valutazione in termini giuridici, è accolta con serenità “.
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