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“Iblis”, nel 179° giorno dal suo insediamento il procuratore capo di Catania, Giovanni Salvi, e’ sceso in campo in prima persona
Pubblicato il 12 Maggio 2012
Nel 179° giorno dal suo insediamento il procuratore capo di Catania, Giovanni Salvi, è sceso in campo personalmente prendendo parte all’udienza davanti al Giudice per l’udienza preliminare, Marina Rizza, che dovrà decidere se rinviare a giudizio o archiviare la posizione del presidente della Regione Siciliana, Raffaele Lombardo, e di suo fratello Angelo. Presenza solo simbolica? Noi non lo crediamo affatto, perché “Iblis” è uno dei procedimenti penali più complessi, sia sotto l’aspetto del diritto che per come si è sviluppato, che abbia mai interessato le aule del Palazzo di Giustizia catanese.
E la partita si gioca soprattutto nel campo del diritto non scritto o meglio, considerato che il Parlamento italiano si è sempre ben guardato dal mettere mani al concorso esterno, sotto l’aspetto giurisprudenziale piuttosto che legislativo. Alla luce dell’arcinota sentenza di assoluzione emessa dalla Cassazione nei confronti dell’ex ministro della Democrazia cristiana, Calogero Mannino, la Procura di Catania ha più volte avanzato richiesta di archiviazione specie per la difficoltà di provare quell’attività messa in campo dai politici e concretizzatasi nel rafforzamento dell’organizzazione ovvero quel ritorno all’appoggio elettorale. Un paletto di non poco conto posto dalla Suprema Corte che il Giudice delle indagini preliminari di Catania, Luigi Barone, ha “superato” ritenendo, in parole povere, che l’organizzazione mafiosa può rafforzarsi non solo con vantaggi tangibili come appalti, assunzioni, corsie preferenziali nelle pubbliche amministrazioni, et cetera, et cetera, ma anche consentendole di modificare il modo di organizzarsi e di agire.
Una tesi quantomeno affascinante che ha riaperto una “partita” che il procuratore Giovanni Salvi, magistrato molto preparato che non lascia mai parole al caso, aveva subito lasciato intendere che avrebbe giocato nel miglior modo possibile. Infatti, a margine della decisione del Gip Barone, era lo scorso 29 marzo, Salvi ebbe a dichiarare “…seguiremo le indicazioni che sono arrivate dal giudice con la stessa serenità di sempre”.
Altra circostanza degna di attenzione, è rappresentata dal fatto che il procuratore Salvi non si è presentato da solo in aula, ma con lui c’erano oltre all’aggiunto Carmelo Zuccaro, anche due dei pubblici ministeri che avevano seguito il procedimento “Iblis” sin dalla sua genesi: Giuseppe Gennaro e Agata Santonocito. Una presenza da valutare soprattutto sotto l’aspetto simbolico a conferma della compattezza dell’Ufficio requirente e del completo superamento di quella parvenza di disarmonia generata dall’avocazione del procedimento “Iblis” operata dall’allora procuratore facente funzioni? Anche per questo aspetto della vicenda ci sentiamo di mettere da parte il simbolismo ma avendo osservato un pochino il dott. Salvi preferiamo guardare alla sostanza. Anzi, ripercorrendo il ragionamento precedente, riteniamo che il dott. Salvi abbiamo invece voluto mettere assieme la migliore squadra possibile per affrontare la vicenda processuale con le migliori energie a disposizione e in tal senso non è un caso che i magistrati in questione siano tutti di primo livello.
Tutto qui? Forse no. Voci di corridoio, forse solo tali ma non è detto, accosterebbero la presenza di alcuni magistrati al recente pentimento dell’ex reggente di cosa nostra catanese, Santo La Causa. Infatti, secondo alcune indiscrezioni trapelate ieri, il boss Santo La Causa avrebbe già reso importanti dichiarazioni ai magistrati e potrebbe fornire agli inquirenti indicazioni rilevanti sui rapporti tra colletti bianchi e mafia a Catania. Viene da chiedersi, quindi, se alcuni dei magistrati che hanno affiancato il Procuratore capo Giovanni Salvi in aula, davanti al Gup che dovrà decidere se rinviare a giudizio o archiviare la vicenda processuale dei fratelli Lombardo, siano gli stessi che hanno già raccolto le dichiarazioni del nuovo super pentito. E poi: c’è possibilità che alcune delle rivelazioni del neo collaboratore di giustizia confluiscano in “Iblis”? Sono interrogativi, questi, ai quali solo il tempo potrà dare una risposta. Una cosa è certa: probabilmente Santo La Causa potrà aiutare gli investigatori anche a far luce sulle dichiarazioni rese da Gaetano D’Aquino, un altro ex mafioso pluriomicida, oggi collaboratore di giustizia, che al processo per voto di scambio ha sostenuto che Angelo Santapaola, cugino del potente boss Nitto, nel corso di un incontro gli avrebbe confidato che alle regionali del 2006 non sosteneva nè i Lombardo nè il Mpa, ma un deputato candidato e poi eletto nelle file di Forza Italia.
Perchè le dichiarazioni del nuovo pentito potrebbero essere così rilevanti? Condannato per associazione mafiosa nel 2001 e successivamente per estorsione aggravata, Santo La Causa è divenuto latitante nel 2007 a seguito di un’ordinanza di custodia cautelare a suo carico per associazione mafiosa emessa nell’ambito del procedimento “Plutone”. Secondo il collaboratore di giustizia Ignazio Barbagallo: “L’ultima parola sulle questioni importanti della famiglia spettava a Santo La Causa”.
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