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‘Iblis’, Raffaele Lombardo in aula alla prossima udienza: “Si’, adesso vorrei andarci”.
Pubblicato il 10 Aprile 2012
di Fabio Cantarella, iena delle iene
“Sì, adesso vorrei andarci io. Ora vediamo“. Nell’attesa che l’Ufficio del Giudice per le indagini preliminari di Catania fissi la data e indichi il magistrato che nelle vesti di Gup terrà l’udienza, il governatore di Sicilia, Raffaele Lombardo, preannuncia in esclusiva a ienesicule che questa volta potrebbe prendere parte personalmente alla prossima udienza.
E’ un Raffaele Lombardo (nella foto con alle spalle gli originali quadretti che realizza tra una riflessione e l’altra) sereno e determinato quello che si concede per qualche domanda alla nostra testata giornalistica. Parla di quel 29 marzo in cui, nel 2010, con una clamorosa fuga di notizie esplose l’inchiesta ‘Iblis’ che, insieme a suo fratello Angelo, oggi lo vede indagato per concorso esterno all’associazione mafiosa a seguito dell’imputazione coatta disposta del Gip di Catania, Luigi Barone, che non ha ritenuto di accogliere la richiesta di archiviazione avanzata dalla Procura della Repubblica di Catania. Una decisione quella del dott. Barone che in calce, accanto alla firma del magistrato, reca, per uno strano scherzo del destino, proprio la data del 29 marzo, che si ripete ancora una volta, esattamente due anni dopo. Una “ricorrenza” che, sempre per quello scherzo del destino, cade in un periodo dell’anno importante per la vita della Regione, quello in cui si lavora all’approvazione del bilancio e della legge finanziaria (vanno approvati entro il 30 aprile), strumenti essenziali per la vita dell’Ente che richiedono l’impegno della maggioranza in tutta la sua compattezza.
Al presidente della Regione Siciliana facciamo notare un’altra curiosa ‘coincidenza simbolica’, ovvero che le pagine che contengono l’ordinanza emessa dal dott. Barone sono precisamente 66, un numero che non può non richiamare alla mente il nome dato al procedimento penale che vede coinvolto il governatore, ‘Iblis’, parola che indica il nome del diavolo in arabo. Infatti, secondo l’Apocalisse di Giovanni (e pure secondo la Cabala), 666 è il numero della Bestia, ovvero l’Anticristo. Presidente che ne pensa? “Una bella intuizione, ma credo che sia solo una pura quanto strana coincidenza, mi pare più una cosa da superstiziosi. E a loro la lascio”.
Lei, parlando delle dichiarazioni di alcuni pentiti, le ha definite delle fesserie così grandi da non reggersi neppure in piedi, a partire da quel Maurizio Avola che nel 2006 riferì agli inquirenti un episodio tornatogli alla mente dopo tredici anni. Sosteneva d’averla vista alla guida di una Lancia Delta HF integrale… “Versione talmente assurda da essere stata, peraltro, immediatamente archiviata. Dal lavoro degli investigatori emerse addirittura che il primo modello di quell’auto venne immatricolato in provincia di Catania solo dopo l’arresto del pentito”.
Scusi, solo per curiosità: Raffaele Lombardo ha mai guidato una Lancia Delta HF integrale in vita sua? “No, no, no, mai”.
Tra una domanda e l’altra ci accorgiamo che l’unico ‘blitz’ che può far battere più forte il cuore del presidente è quello della bellissima moglie Saveria Grosso, tanto che al suo arrivo, inaspettato, Raffaele Lombardo s’illumina in volto, si alza e le va incontro per darle un bacio.
L’intervista riprende. Presidente, dopo le sue recenti dichiarazioni, qualcuno ipotizza che per le regionali si possa andare a votare già in autunno… “Al momento non è preventivabile, le ribadisco che in questa fase mi sta a cuore solo l’immagine della Regione e mai consentirò che il provvedimento di un giudice possa sfiorare il presidente della Regione: prenderò atto dell’esito da privato cittadino. Il presidente della Regione non sarà rinviato a giudizio, io mi dimetterò un minuto prima che il giudice decida sul rinvio a giudizio o sull’archiviazione, proprio per tenere lontana la Regione da qualunque rischio. E ciò varrà anche per il caso in cui con i miei legali dovessi decidere di ricorrere al rito abbreviato (che consente di giudicare allo stato degli atti, ndr): anche in quel caso mi dimetterò un minuto prima della sentenza che, lo ribadisco anche a lei, secondo la mia coscienza dovrebbe essere di assoluzione”.
Capisco, però nel caso in cui lei dovesse optare per il rito abbreviato si potrebbe anche arrivare oltre la fine della legislatura per avere il verdetto del giudice. “Al momento non è possibile ipotizzare quanto ci vorrà, ma una cosa a lei, che so essere stato prima consigliere comunale e poi candidato sindaco del Pdl a Mascalucia, mi sento di dirla: escludo nella maniera più categorica che mi avvarrò del legittimo impedimento (lasciando intendere che, nel caso di rito abbreviato, i tempi del giudizio saranno quelli necessari, insomma lui non farà nulla per allungarli, ndr). E aggiungo che non mi sono dimesso sino ad ora solo perché se facessi un passo indietro adesso, riconoscerei la fondatezza e non la strumentalità di questa indagine. Comunque ho detto, e lo ripeto anche a lei, che non aspetterò un verdetto”.
Poi qualche passaggio sul fatto che a suo avviso le tesi poste a fondamento delle accuse “non si reggono minimante in piedi”, concetti che Raffaele Lombardo aveva esternato il giorno prima durante la conferenza stampa tenuta a Palazzo D’Orleans. Dopo Avola, a distanza di tempo, anche un altro pentito, Maurizio Di Gati, ex capomafia dell’agrigentino, la chiama in causa sostenendo che un suo socio, un certo Di Bella, gli avrebbe chiesto di votare per il Movimento dell’Autonomia. “Sì, ma come vede anche in questo caso siamo di fronte a dichiarazioni che definisco assolutamente ridicole: “Questo Di Bella risulta che sia stato arrestato nel 2004, prima della nascita del Mpa. E poi, come tutti sanno, il nostro punto di riferimento in provincia di Agrigento è Roberto di Mauro, ma Di Gati ha detto di avere fatto votare per un tale Arnone che non era candidato nelle liste dell’Mpa. Di Gati, quindi, ha mentito e per questo sarà perseguito“.
Presidente, un altro punto cruciale dell’inchiesta passerebbe sulle presunte agevolazioni procurate all’impresa Safab… “Non è necessario essere un avvocato come lei per affermare che anche in questo caso il castello non si regge minimamente in piedi e, come ho già detto, lo smonterò punto per punto. C’è da dire, infatti, che la Safab ha fatto tanti lavori in Sicilia: dighe, strade e persino il parcheggio sotto il Palazzo di Giustizia di Palermo, mentre l’unico appalto per cui gli inquirenti presumono che questa ditta si sarebbe rivolta a me, ovvero la costruzione delle abitazioni per i militari americani di stanza a Sigonella, invece non l’ha ottenuto. Oltretutto le sottolineo che qualora la Safab dovesse aver avuto il patrocinio di un politico quest’ultimo, indiscutibilmente, non potrebbe essere stato Raffaele Lombardo e lo testimonia il fatto che la Safab era nel sistema dei termovalorizzatori che io ho contribuito a demolire. E non è un caso che sia stata la stessa Procura della Repubblica, sotto la guida di tre diversi uomini, ciascuno con le sue idee e la sua cultura, a sostenere, argomentandola, l’archiviazione. Non c’è un solo dirigente pubblico che può affermare che durante gli anni in cui ho ricoperto le cariche di vicesindaco e assessore ai Lavori pubblici a Catania, di presidente della Provincia Regionale e, adesso, della Regione, io abbia segnalato una sola, dico una sola, impresa, ma neanche quella col rating antimafioso più alto del mondo. Mai! Figuriamoci il contrario”.
Poi c’è anche la questione del geologo Barbagallo, considerato nelle indagini una sorta di presunto tramite tra lei e la criminalità organizzata. “Guardi io vorrei capire com’è stato trovato in possesso di un porto d’armi al momento dell’arresto e io avrei dovuto sapere che era in odore di mafia. Avrò potuto incontrarlo sì e no una volta ogni sei mesi e non ha mai osato chiedermi nulla perché soltanto al mio cospetto balbettava a chiedermi una cortesia o un incarico per sé stesso mentre in venti trent’anni d’indagini di mafia, a Catania, a Palermo e a Messina, il suo nome non esce dalla bocca di un solo pentito. Quindi i magistrati o i carabinieri erano nel potere di non consideralo mafioso mentre io avrei dovuto sapere che era amico del signor Aiello o di altri. Vorrei capire come sia possibile portare avanti questo ragionamento, ma lo chiederemo nelle sedi opportune”.
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