Non sono ancora le sei e già qualche decina di persone anima il cortile della Cgil. “Sai cosa significa?”, sbotta un professionista dei pronostici politici, “che questa cosa riesce alla grande”. E questa “cosa” del ventennale del G8 di Genova, in effetti, riesce davvero alla grande. Poco dopo le sei, le sedie sono tutte occupate e qualche organizzatore, infilzato dai raggi di un sole rutilante, fa la spola con il salone per uscire altre sedie, e poi altre, e altre ancora. “Guarda c’è Micio Stimolo!”, “Guarda c’è Giulio Toscano!”, “Toh, pure Daniele Zito!”, “E quella non è Sara Fagone?”, “Guarda c’è Alessio Grancagnolo!”, “E li hai visti Michele Vivaldi e Giuseppe Oliva?”. “E quell’altro chi è?”. Lavoratori, docenti, precari, impiegati pubblici, pensionati, studenti. E gli operai della StMicroelectronics, in testa il rappresentante sindacale Michele Pistone, che sono accorsi con una delegazione, assieme a qualche operaio di Termini Imerese, giunto col segretario regionale della Fiom, Roberto Mastrosimone. “Ci voleva Genova per fare il miracolo”, dice sempre il professionista di pronostici politici, “e ci voleva un miracolo per mettere in questo cortile gente così diversa. Direi quasi il cortile dei miracoli”.
I segretari dei partiti, rispondendo all’invito, sono arrivati tutti. Pierpaolo Montalto, Sinistra Italiana, ascolta dalla terza fila. Applaude gli interventi, sembra emozionato: “Ricordare Genova tra tante compagne e tanti compagni, tra veri fratelli e vere sorelle, è una meraviglia”, commenterà in serata su Facebook, pubblicando qualche foto dell’evento. Angelo Villari, Pd, arriva puntuale, saluta tutti, si siede anch’esso in terza fila e ascolta ogni singolo intervento, senza mai alzarsi: “Sono venuto per ascoltare, perché ascoltare è il primo dovere della politica”, dice, “tutti gli interventi di stasera meritano attenzione, rispetto e ascolto”. Paolino Mangano, segretario di Articolo 1, vigila dal fondo della platea, assieme ad Adele Palazzo. Sono presenti anche Luca Cangemi del Pci e Leo Micali di Possibile. C’è poi quasi tutta la segreteria della Cgil di Catania: Rosaria Leonardi, Giuseppe D’Aquila, Giuseppe Glorioso – che viene ringraziato più volte per l’organizzazione assieme a Massimo Malerba – e Carmelo De Caudo, che prende la parola per i saluti: “A vent’anni di distanza dal G8 di Genova”, dice il segretario generale della Cgil di Catania, “per ricordare quei giorni che hanno macchiato di vergogna la nostra democrazia, gli eventi si sono moltiplicati. Eventi come quello di oggi, ci consentono da un lato di ricordare e dall’altro sono il segno che, forse, non si è ancora detto tutto”.
La presidenza è un colpo d’occhio. Storie e nomi importanti nel “cloud” della sinistra sociale catanese e siciliana. Matteo Iannitti de “I Siciliani” dedica un ricordo a Paolo Borsellino, di cui ricorreva ieri l’anniversario della morte. Poi, con piglio da moderatore navigato, passa alle questioni all’ordine del giorno: “Non è affatto facile – dice il giornalista – il compito di introdurre un’assemblea come questa. Il tema è complesso: proveremo stasera a ragionare con i nostri ospiti, e tutti assieme, su cosa è stata Genova e su cosa siamo noi oggi”.
Inizia Marco Bersani, presidente di Attac, che parla da Genova: “Genova fu il momento in cui il potere, spaventato, decise di colpire scientificamente il movimento. Genova continua ad essere importante anche oggi perché le ragioni di quel movimento sono state confermate poi dalle diverse crisi del modello capitalistico, come quella del 2008 e come quella determinata dalla pandemia. Occorre che le reti sociali facciano un salto di qualità adeguato alla situazione e provare a convergere per porre con forza la sfida di un’alternativa di società che non solo è possibile ma è urgente e necessaria. Parlare di Genova – continua Bersani – significa parlare di cosa faremo tutti assieme nel prossimo autunno”.
Si alternano poi gli interventi di Anna Bucca, una delle portavoci storiche del Catania Social Forum, di Giusi Milazzo del Sunia che racconta l’esperienza del Forum mondiale di Bombay (“il forum degli ultimi e dei diseredati”) e di come la Camera del Lavoro di Catania visse, nella fase dopo Genova, una grande vivacità di solidarietà internazionale contribuendo, assieme ad altri movimenti, alla grande manifestazione di Sigonella contro la la guerra: “I cittadini – ricorda – presero anche l’autobus dell’Amt per venire a manifestare”. Goffredo D’Antona, avvocato del legal team, uno che non le manda a dire, ha criticato anche il ruolo della sinistra di governo nella repressione della manifestazione di Napoli (sei mesi prima del G8 di Genova), e ha poi ricordato la vergogna della Diaz e di Bolzaneto, ma anche i fatti del carcere di Santa Maria Capua a Vetere: “Mi è pure capitato di vedere un sindacato di polizia che ostentava le magliette con l’immagine di uno scarpone sulla testa di un manifestante”.
Sono quasi le otto, la platea è ancora intatta, nessuno va via. “Tutti interventi belli”, sussurra qualcuno alle orecchie del cronista. “Finalmente dopo anni, la Cgil di Catania si apre ai movimenti. E’ una svolta e una grande opportunità per tutta la sinistra e per il mondo del lavoro”. Parla Dario Pruiti, presidente dell’Arci. Parla Valerio Marletta, ex sindaco di Palagonia, che a Genova c’ è stato che era appena ventenne: “Genova ci ha dato gli strumenti politici per declinare le rivendicazioni del movimento dei movimenti nei territori. Noi, la nostra comunità politica, lo ha fatto e continuerà a farlo nel nostro territorio”. Chiude infine Anna Bonforte, del Forum acqua e Beni Comuni, che si commuove nel ricordo del senatore Nicola Cipolla, simbolo delle battaglie democratiche in Sicilia, tenace attivista dei forum sociali, fino a oltre 90 anni di età.
Le conclusioni vengono affidate a Michele De Palma, segretario nazionale della Fiom. Un intervento di mezz’ora che non delude le aspettative, anzi, viene più volte applaudito: “La prima confessione che devo fare”, dice il segretario, “è che io con Genova i conti non li ho mai fatti. Quando succede una cosa come quella che è successa a Genova uno deve avere la possibilità di rielaborare. Ecco, io non ho mai rielaborato”. E poi, ancora,: “Io credo che il punto da cui partire, se vogliamo ragionare di cosa è stata Genova, non è fare una specie di seduta spiritica in cui ricordiamo cosa è stato il movimento dei movimenti, ma sia avere la consapevolezza di ciò che siamo stati e ciò che vogliamo essere, e non in termini soggettivi ma collettivi. La sfida che abbiamo davanti – conclude De Palma – è quella di mettere insieme le forze migliori, di ricostruire un elemento di convergenza per poter tornare a immaginare un nuovo mondo non solo possibile ma necessario”. Applausi.
Dal pubblico, qualche militante chiede la parola. Iannitti, visibilmente soddisfatto, passa il microfono e poi chiude con un saluto che sembra un arrivederci: “Ci rivediamo presto”.
E’ sera, è tardi, e dopo tre ore di confronto si chiude il sipario, qualcuno indugia per un’ultima occhiata al cortile: “Quanto mi sembra bello, stasera”, dice al cronista che si attarda sul portone. “E poi c’è fresco, si sta una meraviglia”. Ed è forse il fresco del cortile, nel mezzo di un’estate più torrida che mai, il miracolo più atteso.
Aureliano Buendia Secondo.
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