Il Gip Luigi Barone boccia la richiesta della Procura di Catania e dispone l’imputazione coatta per concorso esterno per i Lombardo

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Rapida decisione del Gup Barone nel procedimento per concorso esterno in associazione mafiosa a carico dei fratelli Lombardo. Le parole del Procuratore capo Giovanni Salvi e le prime reazioni politiche

di Iena Giudiziaria

Il Gip Luigi Barone non ha accolto la richiesta di archiviazione presentata dalla Procura di Catania, con i procuratori aggiunti Carmelo Zuccaro e Michelangelo Patanè, nei confronti del presidente della Regione Siciliana Raffaele Lombardo e del parlamentare nazionale Angelo Lombardo. Il Gip ne ha disposto l’imputazione coatta per concorso esterno all’associazione mafiosa e voto di scambio aggravato.

La Procura, che a nostro avviso non esce bene da questa vicenda, aveva invece confermato la richiesta di archiviazione. Il procedimento in cui il Governatore e’ coinvolto nasce da indagini su presunti rapporti tra mafia, affari e politica. Il legale del presidente Raffaele Lombardo, l’avvocato Guido Ziccone, a caldo è intervenuto sulla decisione del dott. Barone: “Non e’ una pronuncia definitiva, ma una decisione che dovra’ passare al vaglio di un Gip -continua Ziccone- in quella sede faremo valere con forza, determinazione e convinzioni le nostre ragioni. Noi eravamo e siamo sereni perche’ certi delle nostre ragioni”.

Da parte sua, il procuratore capo della Repubblica di Catania, Giovanni Salvi, insediatosi quando già le indagini avevano intrapreso la via della richiesta di archiviazione, ha dichiarato: “continueremo a fare il nostro lavoro con la stessa serenita’ di sempre, seguendo le indicazioni che sono arrivate dal giudice”.

Dalla politica, prime reazioni. “Peccato che ci sia bisogno sempre di atti giudiziari perché la politica abbia uno scatto in avanti ma questa è l’anticamera di un vero e proprio terremoto politico”. E’ quanto ritiene Orazio Licandro, coordinatore della segreteria nazionale dei Comunisti italiani-Federazione della Sinistra, a commento della decisione del gip di Catania. Per Licandro, “assai più grave di quella del suo predecessore, Totò Cuffaro, è l’ipotesi di reato per l’attuale presidente della Regione e quasi un segno di una ‘terribile maledizione’ che pesa sui siciliani e sui loro presidenti che incappano in problemi giudiziari: Rino Nicolosi, Giuseppe Provenzano, Giuseppe Drago, Cuffaro e oggi Lombardo. Ma adesso Lombardo davvero non può restare un minuto di più e la coperta finora usata da un pezzo del Pd siciliano per coprire questa scandalosa alleanza politica si riduce a meno di un fazzoletto”.

L’esponente del Pdci spiega anche che si tratta “anche di un terremoto politico dalle implicazioni nazionali per il ruolo e il peso dell’Mpa in Sicilia e il suo contributo alla costruzione del cosiddetto Terzo polo di Casini, Fini e Rutelli. Resta un dato: che l’intreccio mafia e politica si dimostra ancora più fitto e inestricabile di quanto lo sia stato nel passato, con uno smarrimento della cosiddetta antimafia politica che ha abbassato pericolosamente il livello di attenzione. La ‘nouvelle vague’ antimafia adesso moderi l’aggressività e l’arroganza che l’hanno contrassegnata negli ultimi tempi e ritorni a svolgere il suo lavoro di prevenzione senza aspettare l’intervento della magistratura e sapendo che chi si ipotizza abbia contatti con la criminalità organizzata non ha diritto di cittadinanza in politica”.

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Redazione Iene Siciliane

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