di Gian Maria Tesei
Una sorta di salto nel passato, ma in un tempo presente. Questo miscellaneo temporale caratterizza l’opera prima di Francesco Fanuele, “Il Regno” (pellicola distribuita da Fandango) con un cast interessante capitanato da Stefano fresi e Max Tortora e che è visibile in Streaming sulle più importanti piattaforme digitali tra cui Chily, Huawei, ed anche il circuito virtuale #iorestoinSALA.
Francesco Fanuele, che ha frequentato il corso triennale in regia cinematografica della scuola nazionale di cinema, presso il Centro sperimentale di cinematografia di Roma, conseguendo il relativo diploma, si era già innervato nell’ambito cinematografico come assistente alla regia per due spot della Tim (TIM young e fibra) e sempre nella stessa veste, in pre-produzione, per “Mia Madre” film di Nanni Moretti del 2014. A segnare il momento di crescita ulteriore è stato il cortometraggio omonimo al lungometraggio del 2020, che ha realizzato come saggio finale del Centro Sperimentale nel 2015-2016, con protagonista, in entrambi i casi, Stefano Fresi.
L’idea è nata dal fatto che nel corso di regia i docenti invitavano i discenti a concentrarsi nella lettura dei giornali per trarre ispirazione e creare dei copioni interessanti. Il regista, classe 1988, lesse di un uomo, che, in provincia di Roma, aveva provato a costituire una comunità libera da vincoli verso il resto della società ed addirittura svincolato dallo stato italiano. Il regista romano rimase folgorato da questa storia reale ma che aveva un che di surreale e decise di porla alla base del suo corto (che comunque aveva un minutaggio corposo) inserendo dei mutamenti, per cui l’ambientazione che è temporalmente riferibile ai nostri giorni, vede la comunità al centro del film che vive come se si trovasse ancora in pieno medioevo, nell’anno 1100, come se fosse un regno di quel tempo. Un’altra caratterizzazione ulteriore è stata quella nata dal fatto che il personaggio principale eredita questo regno, Giacomo (personificato da Stefano Fresi), generandosi il fattore scatenante da cui si dipana tutta la trama. Rispetto al corto, il regista ha creato una coppia composta dalla figura principale e dall’avvocato Sanna, interpretato da Max tortora, ampliando la struttura del corto in maniera non artefatta o leziosa, ma compiuta ed efficace.
Il plot vede un ragazzo sulla quarantina, Giacomo, che in seguito alla dipartita del padre viene convocato da un avvocato (Sanna) per la lettura del testamento, venendo a sapere che il padre da circa trent’anni, dopo avere lasciato lui e sua madre fino al decesso, aveva vissuto in un “regno”, nei pressi della Salaria, in cui si viveva come se ci si trovasse intorno all’anno Mille e cento. Andando direttamente sul luogo Giacomo, un autista di autobus dell’Atac, scopre di essere l’erede designato al ruolo di re, trovandosi, ex-abrupto, scaraventato in una dimensione diversa con un ruolo diverso.
Fresi ha affermato come questo personaggio sia contraddistinto da una cospicua disponibilità di mutamenti, emozioni ed impulsi che si annodano attorno al suo stato d’animo centrale dell’essere un ragazzo solo, perché è morto il padre (che lo aveva abbandonato), non ha più la madre, non ha una compagna e nel suo lavoro di autista è distanziato dagli altri dal vetro che lo separa dai passeggeri.
E questa solitudine lo fa soffrire anche quando diviene primo tra tanti, nel suo abito di re, e non essere più uno tra una moltitudine, peraltro già connotata in modo definito in una comunità medievale, lo rende ugualmente solo.
Ed in questo mondo che lo fa sentire isolato, Giacomo fa riferimento all’avvocato che è l’unico che sembra essere accogliente, anche se questi vive una forte dualità di atteggiamenti. Infatti l’avvocato è anche un elemento perturbatore della storia, un personaggio che vive una dicotomia di pensiero, una bipartizione manichea tra il seguire il modus vivendi della comunità-regno, seguendo il volere del padre di Giacomo e fuggire, dopo aver fatto fuori tutti, portando con sé tutta la ricchezza del reame, offrendo entrambe le soluzioni a Giacomo. Nell’avvocato quindi si scorge una follia che vive anche degli slanci e dei bagliori dei personaggi interpretati da Tortora nel suo ruolo di comico.
Il film, nel suo essere una commedia divertente, riesce comunque a sollevare tematiche moderne vissute in un mondo dal colore antico, come l’accoglienza e l’inserimento di soggetti altri rispetto alla società o la capacità di essere sufficienti e necessari a sé stessi, attraverso un processo collettivo che esalti ogni singolo individuo.
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