I padri o sarebbe meglio dire i nonni del Diritto (e mi riferisco a Gaio, Ulpiano, Paolo) erano certi che per attribuire un fatto criminoso a qualcuno era necessario essere certi della sua colpevolezza e, in caso di dubbio (prove incerte, contraddittorie et similia), il metro dovrebbe essere la tutela del presunto reo. In altre parole meglio un colpevole fuori che un innocente in carcere.

Oggi una prova (peraltro già conosciuta) alimenta i dubbi sull’identità del colpevole del delitto di Garlasco. Non ho la prova che Stasi sia innocente ma una doppia conforme di assoluzione che si conclude con una successiva condanna a 16 anni ha sempre sollevato qualche “perplessità”.

Le indagini facevano acqua da tutte le parti ma un delitto così efferato e terribile esigeva un colpevole e “se non lui chi?”

Così “parva poena in dubio”, con buona pace di un principio giuridico che informa il Diritto da oltre duemila anni…

Nicola L. Barbera.

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Iene Sicule

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