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In tribunale, davanti al gup, il “caso Puglia”
Pubblicato il 11 Gennaio 2012
di Iena Miscredente Marco Benanti
Stamane, dopo tante amarezze e tante ipocrisie, in particolare da parte della “gente perbene”, magari –a suo dire- “impegnata nel sociale”, Rosario Puglia (nella foto), l’imprenditore del vino al centro di una pesante storia di racket e di usura, sarà in Tribunale, a Catania, davanti al Gup Laura Benanti, per la richiesta di rinvio a giudizio, avanzata dalla Procura della Repubblica, con il Pm Alessia Natale, contro quattro persone, imprenditori e professionisti, accusati –a vario titolo- di usura, estorsione e favoreggiamento personale. Che farà stavolta lo Stato con Puglia, l’uomo che un giorno –per i benpensanti- è uno da “non difendere” e un altro una vittima da sostenere, magari inseguendolo al telefono? Insomma, la solita pantomima delle “scelte a convenienza” della buona borghesia, quelli dell’ “etica”… del calcolo. Vedremo cosa verrà fuori da questa udienza preliminare.Chi sono gli imputati? Giovanni D’Urso, Salvatore Arrabito, Mario La Spina e Giuseppe Marzà. Si tratta di imprenditori e professionisti che entrano nella vicenda complessa di Puglia, in particolare attorno alla sua azienda “Don Saro”.Giovanni D’Urso è quell’imprenditore arrestato nell’operazione “Iblis”, coinvolto nell’affare del centro commerciale della Tenutella. D’Urso ha subito anche un’altra misura cautelare per le denunce di Puglia, misura confermata dal Tribunale del Riesame.Ma ecco i capi d’imputazione: Giovanni D’Urso “…perché, a fronte di un prestito di Euro 500.000 erogato in favore di Puglia Rosario (per esigenze connesse alla gestione dell’azienda Vitivinicola “Don Saro” a Linguaglossa) si faceva dare e comunque promettere dal debitore, a titolo di corrispettivo i seguenti interessi e vantaggi usurari:-in data successiva e prossima all’erogazione del prestito riceveva il pagamento anticipato di n° 8 rate di interessi al tasso del 3% mensile (corrispondente al 36% annuo) per un importo complessivo di Euro 122.000,00 da considerarsi usurari in quanto superiori al tasso soglia (del 18,75% annuo) fissato nel DM del 19 settembre 2007 per il periodo di novembre e dicembre 2007 in relazione alle operazioni analoghe di ‘crediti personali ed altri finanziamenti effettuati da operatori non bancari'”; inoltre,il 27 novembre 2007 otteneva la sottoscrizione, da parte del debitore, di un contratto preliminare di vendita volto a dissimulare un patto commissorio ed avente ad oggetto la cessione dell’azienda vitivinicola Don Saro al prezzo di Euro 750.000,00, inferiore di oltre il 50% rispetto al reale valore di mercato, da considerarsi vantaggio usurario in quanto notevolmente sproporzionato rispetto all’entità del prestito in ragione della condizione di difficoltà economica del Puglia. Con l’aggravante di aver agito in danno di imprenditore”.Ancora per D’Urso: “…perché, a fronte di un prestito di Euro 190.000 in favore di Puglia Rosario (per esigenze connesse alla gestione dell’impresa Vitivinicola ‘Don Saro’ a Linguaglossa), pretendeva dal debitore, a titolo di corrispettivo, la restituzione di interessi calcolati tra il 3% ed il 4% mensile da considerarsi usurari in quanto superiori al tasso soglia fissato dal DM del 20 dicembre 2007 in relazione alle operazioni analoghe di ‘crediti personali e altri finanziamenti effettuati da operatori non bancari’; inoltre, con le modalità descritte al capo c), otteneva nell’agosto 2008 la sottoscrizione da parte del debitore, in calce al contratto preliminare del 27.11.2007, di una dichiarazione (quietanza) in cui la dazione della somma veniva giustificata come versamento di un ulteriore acconto sul prezzo di vendita dell’azienda, in tal modo conseguendo il vantaggio usurario di titolo idoneo a simulare una ‘causa lecita’ per il conseguimento di un bene con valore di mercato notevolmente sproporzionato rispetto all’entità del prestito in ragione della condizione di difficoltà economica del Puglia. Di aver agito in danno di imprenditore.”Altro capo d’imputazione contro D’Urso: “…perché, al fine di commettere il delitto di cui al capo che precede, intimando a Puglia di sottoscrivere la scrittura privata del 12.08.2008 in cui la dazione della somma di Euro 190.000,00 veniva giustificata come ulteriore acconto sul prezzo della vendita dell’azienda agricola Don Saro, con minaccia consistita nel prospettare, in caso di rifiuto, pregiudizi per l’incolumità fisica e l’integrità del patrimonio dell’imprenditore, e dunque costringendo Il Puglia a riconoscere una simulata causale di vendita per il finanziamento usurario ricevuto, procurava a sé e ad altri l’ingiusto profitto della disponibilità di un titolo negoziale con causa astratta lecita idonea a nascondere il patto usurario con correlativo danno per il debitore”.Per D’Urso e La Spina: “…perché in concorso tra loro, al fine di conseguire il profitto dei delitti di usura di cui al capi a) e b), intimando al Puglia di pagare l’importo della fattura n° 3 del 10.01.2008 (importo Euro 116.292,75) e della fattura n° 4 del 14.01.2008 (importo 47,345,19) entrambe emesse dalla SO.GE.CO srl per complessivi Euro 163.000 e relative a forniture e lavori edili parzialmente inesistenti (fatture che occultavano parte del prestito in danaro concesso dal D’Urso al Puglia il 1.02.2008) prospettando, in caso di mancato pagamento, grave pregiudizi per l’incolumità fisica del Puglia compivano atti idonei diretti in modo non equivoco a costringere l’imprenditore a corrispondere somme di danaro non dovute sia perché fondate su un accordo usurario sia perché formalmente giustificate dall’emissione di fatture per operazioni inesistenti”.Ancora per D’Urso: “…perché al fine di conseguire il profitto dei delitti di usura di cui ai capi a) e b), allo scadere degli otto mesi dal prestito di Euro 500.000,00 concesso con pagamento anticipato degli interessi usurari, dopo aver intimato a Puglia Rosario di restituire il capitale, con minaccia consistita:nell’avvalersi del contratto preliminare di vendita simulato, mediante intimazioni legali stragiudiziali a concludere la stipula del definitivo e azioni cautelari promosse in sede civile,nell’avvalersi di posizioni creditorie di terzi soggetti con il dichiarato intento di ‘ togliere tutto’ a Puglia, nella specie, spingendo Marzà Giuseppe ad incassare assegni del Puglia in suo possesso e a promuovere anch’egli azioni esecutive in modo da rendere insostenibile il complessivo carico debitorio dell’imprenditore,compiva atti idonei diretti in modo non equivoco a costringere Puglia Rosario a cedere la proprietà dell’azienda vitivinicola Don Saro ad un prezzo di Euro 750.00,00 notevolmente inferiore al valore di mercato e dunque a cumulare l’ingiusto profitto della percezione dell’interesse usurario con l’acquisto della proprietà dell’azienda Don Saro”.Per La Spina: “…perché quale gestore della ditta SO.GE.CO di La Spina Salvatore Davide, dopo aver consegnato a Puglia Rosario –a titolo di pagamento per una fornitura di vino ricevuta nel 2008- due assegni bancari della Banca Antonveneta di Aci San Filippo, ciascuno dell’importo di Euro 8.640, con scadenza al 31.08.2008 e 30.09.2008, intimando al creditore di riconsegnargli i titoli e comunque di non portarli all’incasso minacciando, in caso contrario, pregiudizi per l’incolumità fisica dell’imprenditore, compiva atti idonei diretti in modo non equivoco ad ottenere indebitamente la restituzione dei titoli dati in pagamento con correlativo danno per il Puglia”.Per Arrabito e La Spina: “…perché, in concorso tra loro, La Spina come gestore dell’impresa ‘SO.GE.Co di La Spina Salvatore Davide’ appaltatrice dei lavori edili in corso presso l’azienda Vitivinicola ‘Don Saro’, Arrabito quale commercialista (in realtà ingegnere, ndr) di fiducia incaricato della tenuta della contabilità presso la medesima azienda, aiutavano D’Urso Giovanni ad assicurarsi il profitto di usura di cui al capo che precede, prestandosi ad una fittizia sopravvalutazione dell’importo dei lavori dalla SO.GE.Co presso l’azienda suddetta e dunque offrendo a D’Urso la disponibilità di fatture commerciali ‘a copertura’ degli interessi per un importo di circa 250.000 euro”.Per Marzà “…perché portando all’incasso un assegno di Euro 65.000,00 emesso da Puglia Rosario in favore di Togandi Rosalia (moglie del Marzà) al solo scopo di far protestare il Puglia su richiesta di D’Urso e screditando il Puglia presso altri operatori economici al fine di indebolirlo economicamente, aiutava quest’ultimo ad assicurarsi il profitto del delitto di usura di cui ai capi che precedono…””Con la recidiva specifica e reiterata per D’Urso”.
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