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“Innovazioni Tecnologiche e grani antichi” – G.O. IN.TE.GRA. Sicilia
Pubblicato il 17 Novembre 2021
CATANIA – Il recupero e il rilancio dei grani antichi di Sicilia come volano economico, strumento di tutela ambientale, mezzo per rivitalizzare l’entroterra siciliano e, non ultimo, come antidoto al dilagare delle patologie metaboliche.
Sono tantissimi gli aspetti intorno ai quali ruota il progetto “In.Te.Gr.A.”, finanziato con i fondi per lo Sviluppo rurale e che mira a riportare nelle campagne e sulle tavole l’antica sapienza siciliana in tema di cereali e, nello specifico, dei grani.
Se n’è parlato ieri pomeriggio al Dipartimento di Economia e Impresa dell’Università degli Studi di Catania, al Palazzo delle Scienze, in occasione del seminario “Innovazione tecnologica grani antichi”. Un incontro molto partecipato che, moderato dalla professoressa Agata Matarazzo del Dipartimento di Economia e Impresa di Unict che ha anche aperto i lavori, ha visto gli interventi degli attori che compongono il Gruppo Operativo, che hanno avuto modo di condividere un’esperienza in “campo”, utile a modificare la cultura dominante basata sull’equazione sviluppo=aumento quantitativo delle produzioni agroalimentari, senza tener conto dei costi energetici, ambientali, di salute.
“Un seminario davvero interessante con parterre di grande livello – ha sottolineato la prof.ssa Matarazzo. Un incontro che ha avuto modo di trattare, dal punto di vista agricolo e agronomo, ma anche manageriale ed economico, tutto quel che riguarda la filiera degli antichi grani di Sicilia che ruota intorno al concetto di “sostenibilità”, dal punto di vista ambientale, attraverso strategie per il decremento dell’impatto lungo tutte le fasi del ciclo produttivo, dalla produzione alla trasformazione, che mira a creare un marchio d’area, uno strumento di marketing utile per trainare le aziende”.
Un dibattito lanciato proprio nel Dipartimento di Economia e Impresa dell’Università di Catania a sottolineare l’ampio respiro del progetto che mira anche a frenare la fuga di competenze. “Questo è un progetto molto importante cui l’università tiene molto – ha detto Roberto Cellini, direttore del Dipartimento – ed è coinvolta con due dipartimenti, quello di Studi economici e quello di Studi agrari. La valorizzazione dei grani antichi è un esempio di come rilanciare i prodotti tipici possa essere una via di successo per rivitalizzare i nostri territori anche dal punto di vista economico, con un occhio al tema della sostenibilità, ambientale ma anche sociale”.
Una opportunità da non perdere, come sa bene Sebastiano Fabio Venezia, sindaco di Troina, comune coinvolto attivamente nel progetto. “Un incontro che dà ulteriore forza al legame tra Università e territorio – ha evidenziato il primo cittadino. Siamo di fronte a trasformazioni globali che stanno cambiando i nostri territori e quello che stiamo portando avanti, non senza fatica, è la valorizzazione risorse naturali con un modello di sviluppo che punti sui saperi, sulle conoscenze e le tradizioni. D’altronde, non si può declinare in modo nuovo qualcosa senza il sapere e la ricerca scientifica”.
Tradizione e innovazione, dunque, per recuperare il ruolo delle campagne come centri di produzione agricola, invertendo il trend che, nei decenni passati, ha voluto questa parte dell’Isola vocata al terziario. “I centri interni della Sicilia nascono come certi di produzione – ha proseguito Venezia – quando hanno perso questa vocazione sono entrati in crisi”.
E del binomio tradizione e innovazione ha parlato a lungo anche Gaetano Agliozzo, responsabile di Stingi Società agricola Srl, azienda capofila del progetto. “Siamo stati sempre aperti alle innovazioni – ha detto. Quando, qualche anno fa, si è iniziato a parlare di stringere un forte rapporto tra Università, istituzioni locali e impresa per rivitalizzare i territori interni, abbiamo risposto presente. Questo è un progetto ambizioso che mira a recuperare e valorizzare varietà di grani antichi, di cui abbiamo scelto sei qualità, ma anche a diffondere prodotti che siano migliori dal punto di vista nutraceutico, che conservino le proprietà che si perdono con la solita molitura e mantenendo così “integro” il chicco.
Il mantenimento dell’integrità della materia prima, elemento che dà il nome al progetto, è tra le caratteristiche principali dell’iniziativa che mira dunque a recuperare ciò che, nella macinatura industriale, diventa scarto ma che, al contrario, rappresenta ciò che ha caratterizzato la dieta mediterranea nella storia.
Come sottolineato dall’avvocato Antonino Mancuso, presidente del Gruppo agroalimentare italiano Srl. “Il nostro Gruppo, che vanta 50 soci tutti agricoltori, nasce proprio per valorizzare il prodotto – ha detto. Noi siamo una società legata strettamente alle aziende che coltivano il terreno e siamo estremamente felici per la partenza di questo progetto che mira proprio a rivalutare la materia prima integra appunto”. L’avvocato ha evidenziato come, da quasi un decennio, il Gruppo abbia puntato all’integrità del grano: “Un’avventura che è iniziata nel 2012, quando abbiamo scoperto una molitura diversa, che non separa il chicco – ha continuato – mantenendo la fibra e soprattutto il germe di grano, una miniera di vitamine che resta nel prodotto e nutre le persone”.
Una grande scommessa, dunque. Ma anche una grande opportunità. “La valorizzazione di grani antichi è occasione unica per conservare il nostro patrimonio genetico cerealicolo – ha commentato Giuseppe Spina, dottore agronomo e Innovation broker. Abbiamo varietà estremamente articolate e l’obiettivo del progetto, nello specifico, è andare a declinare alcune produzioni, come quella del bulgur, grano germogliato e spezzettato, con il quale si possono fare molte ricette, un prodotto molto utilizzato in medio oriente e che fa parte della nostra storia e dell’antica civiltà contadina. E, al tempo stesso, si è pensato di produrre panetti per pizza con grani antichi, dall’alto valore nutraceutico e salutistico”.
È stato lo chef Sebi Sorbello, infine, a soffermarsi sulla trasformazione della materia prima integra in cibo delizioso.
“A tavola si portano le tradizioni, le storie, il territorio – ha sottolineato – il cibo ha una storia che va raccontata. Le esperienze sono fatte di territorio, di cui profumano i grani antichi, e i clienti chiedono queste esperienze. La scelta deve essere condivisa dalla filiera: il produttore fa un lavoro straordinario e noi cuochi che trasformiamo non possiamo distruggere questo lavoro. La Sicilia non ha ricette ma ingredienti. Dobbiamo partire dagli ingredienti – ha concluso – per rifare la Sicilia vera”.
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