Insindacabilità al sen. Giarrusso (ex M5S) per diffamazioni sessiste contro una giornalista

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Catania, 17 febbraio 2022 – Con 55 voti contrari e 47 astenuti, il Senato della Repubblica ha approvato l’insindacabilità parlamentare al sen. Mario Michele Giarrusso imputato per diffamazione ai danni della giornalista catanese Debora Borgese. La vicenda si trascina dal 2017, cioè da quando il senatore Giarrusso sulla propria pagina Facebook: “Pensate che una nota lingua velenosa catanese, malgrado il cognome pseudo rivoluzionario, mi dicono sia la discendente di Madame de Pompadour”“Una finta seguace di Robespierre e vera stipendiata da Fratelli d’Italia. Al solo nominarla accadono disgrazie”“Attento alla sfiga” in risposta a un commento in difesa della signora Borgese. Poi, il 21 gennaio 2018, è stata pubblicata un’altra vignetta nei confronti della signora con la seguente didascalia: “Nel frattempo Madame Pompadour continua a sbavare bile”.

A difesa del sen. Giarrusso sono intervenute le sue attività di denuncia delle infiltrazioni mafiose negli enti locali riportata nella relazione di richiesta di insindacabilità presentata dalla Giunta. «Io non so cosa c’entri questo con l’attività parlamentare», ha osservato in aula il sen. Pietro Grasso esprimendo voto contrario di Liberi e Uguali. «Non vedo quale nesso ci possa essere tra l’attività di denunzia delle infiltrazioni mafiose negli enti locali con dei gratuiti insulti e offese a un cittadino che giustamente ha presentato una querela per diffamazione. Sotto questo profilo – continua il senatore – credo quindi che queste dichiarazioni non possano assolutamente essere collegate all’attività parlamentare. Si tratta di espressioni offensive, di metafore con personaggi della storia francese, dell’accusa di portare sfortuna. Non vorrei in nessun caso che si scambi la tutela costituzionale del parlamentare con una patente a poter dire qualunque cosa e a offendere chiunque». Sulla stessa linea di Liberi e Uguali, anche il Movimento 5 Stelle rappresentato dalla senatrice Grazia D’Angelo.

«Il senatore si è divertito, come nel suo stile, a maramaldeggiare con evidenti allusioni sessiste in danno al mio onore e alla mia dignità di donna e, soprattutto, di giornalista», commenta Debora Borgese. «Il Parlamento della Repubblica Italiana, approvando l’insindacabilità al sen. Giarrusso per questi fatti, ha calpestato i passi in avanti fatti in questi anni per una maggiore tutela delle donne vittime di violenza: dietro il mio esposto per diffamazione c’era e continua a esserci difesa e tutela contro la violenza di genere anche verbale che generano questi squallidi insulti perché non dovremmo mai dimenticare che la prima forma di violenza nei confronti delle donne passa anzitutto dalla parola. Evidentemente – continua la giornalista – per i senatori che hanno votato favorevolmente l’insindacabilità al sen. Mario Michele Giarrusso, tutto questo rientra nelle funzioni parlamentari. Oltre le fiaccolate, le scarpe e le panchine rosse c’è di più. Il Parlamento ha perso un’occasione mancando di coerenza e non prendendo una posizione che sembrava decisa e netta ma che, di fatto, si rivela la solita passerella per un briciolo di visibilità. Mi auguro che il Tribunale di Catania presenti ricorso alla Corte Costituzionale e che questo non comporti la prescrizione del reato ascritto al senatore Giarrusso», conclude.

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Benanti

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