Intimidazione o scritta sul muro? L’ultima “carnevalata” del Pd di Catania

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Ieri il Pd di Catania ha subito un “attentato”. Anzi non esattamente un attentato ma un’intimidazione. Anzi no, nemmeno un’intimidazione, ma un atto teppistico, o forse una semplice “bravata”. Insomma, ieri qualcuno ha imbrattato la facciata della sede provinciale dei dem con la scritta “Lorenzo Parrelli vive: Pd assassini!” accompagnata da una falce e martello. Un riferimento al giovane studente morto durante uno stage in una fabbrica, un chiaro messaggio contro l’alternanza scuola-lavoro voluta, in effetti, dal Pd. Subito il segretario provinciale del Pd Angelo Villari (che ricordiamo è il favorito nella campagna elettorale per le regionali in quota Pd Catania) ha annunciato di essersi recato in questura, assieme a Bruno Guzzardi, per denunciare il fatto, definendo la scritta sul muro nientemeno che un’intimidazione quasi in stile mafioso, paragonandola addirittura a quella subita qualche giorno fa dal presidente della Commissione regionale antimafia, Claudio Fava cui, come è noto, è stata violata da ignoti la segreteria politica. Insomma, Angelo Villari come Fava? Jacopo Torrisi come Mauro Rostagno e Bruno Guzzardi come Giancarlo Siani? Chissà, di certo c’è che il carnevale dovrebbe iniziare a fine mese.

Prontamente, i “quadri” del Pd locale si sono messi al lavoro sui social per denunciare il fattaccio e darsi l’autosolidarietà. Chiara Guglielmino, del Pd, è stata tra le prime ad autosolidarizzarsi: “Massima solidarietà e vicinanza al pd catanese per i fatti accaduti ieri”, ha tuonato su Facebook taggando otto persone. Francesca Alessandro, che di persone ne ha taggate ben 82, è stata ancora più ferma: “Andremo avanti con le nostre battaglie! Il Partito Democratico non si ferma!”, ha voluto far sapere sempre su Facebook. Bruno Guzzardi, che nel frattempo ha declassato l’attentato a “pseudo-intimidazione”, ha taggato nel suo post di autosolidarietà 62 persone, tra cui Enrico Letta, Peppe Provenzano, il Dalai Lama, Soleil, Bernie Sanders e il nuovo presidente cileno: “Nella giornata di ieri la Federazione provinciale del PD di Catania è stata colpita da vandali che hanno deturpato la facciata dell’edificio e rubato la nostra targa. Questo segue a ripetuti furti di bandiere ed altri piccoli – e assolutamente inutili – gesti pseudo-intimidatori”. Nel frattempo, tra i commenti ai post di Guzzardi, l’attentato è stato ulteriormente declassato ad “atto privo di senso”.

E che dire di Jacopo Torrisi, che su Facebook ha lanciato un messaggio inequivocabile contro gli ignoti imbrattatori: “Non ci fermerete, noi andiamo avanti!”, ha scritto. “Ma avanti dove, avanti con l’alternanza scuola-lavoro?”, ha chiesto giustamente a Torrisi sempre su Facebook, il docente “iconoclasta” Didier Pavone. “L’articolo non dice nulla – ha aggiunto Pavone – se la dichiarazione è “le minacce non ci fermeranno”, io comprendo che il Pd vuole andare avanti con l’aziendalizzazione della scuola. È italiano”. Pronta la replica di Torrisi, che nel frattempo ha declassato ulteriormente l’intimidazione a “scritta ingiuriosa su un muro”: “L’articolo non entra nel merito della questione – ha spiegato Torrisi – ma risponde ad una scritta ingiuriosa su un muro dicendo che non ci intimida. É italiano. É anche polemica ossia la tua ragiona di vita Didier. Ti abbraccio ”. No, non sono refusi nostri, quelli riportati nel virgolettato, Torrisi ha scritto proprio così: “Non ci intimida. E’ italiano”. Eh no, Torrisi, non ci intimida non è italiano, anzi è un vero è proprio “attentato” alla grammatica italiana.

A far notare che “intimida” non è, appunto, italiano, ci ha pensato l’influencer Debora Borgese che sempre su Facebook ha “perculato” Torrisi senza però mai citarlo: “Sia chiaro. La mia non vuole essere una manifestazione di saccenteria – ha chiarito Borgese – ma tutela del sistema cardiovascolare delle maestre di scuola elementare che leggendo una roba del genere rischiano senza dubbio un infarto come quello che stava venendo a me. Senza entrare nel merito della questione…”. I fatti, secondo Borgese, sono questi: “Esponente politico (del PD) e docente universitario di Giurisprudenza scrive “non ci intimida”. Ripeto: NON CI INTIMIDA!!! Professore, si dice “intimidisce”. INTIMIDISCE! Andiamo avanti. Sulla “è” (copula) l’accento è grave: “È” e non “É”. Adesso mi serve un volontario che traduca in italiano questa frase: “É anche polemica ossia la tua ragiona di vita”. Che cazzo vuol dire? No, professore, non è italiano, senta a me”.

Ma il vero “colpo di grazia” agli autosolidarizzati dirigenti del Pd catanese è arrivato dal pastore valdese Ciccio Sciotto che (anche lui) su Facebook ha scritto:“Paragonare una scritta su un muro contro l’alternanza scuola/lavoro a un vile atto di intimidazione mafiosa. Tipo dire che il green pass è simile ai triangoli gialli o rosa sulle divise degli internati”. Sbam! Un post al fulmicotone, con tanto di like del segretario di sinistra italiana Pierpaolo Montalto e con tanto di commento di Luca Pandetta (“ridicoli”) e di Valentina Costanzo che meglio non poteva sintetizzare: “Sul muro del palazzo di fronte al PD c’è pure un 800A (cio è “Suca”, ndr), un “Baciami Pinuccia” e un “Non studio non lavoro non guardo la tv”…come la mettiamo?! Uno sfregio, chiaramente”.

Ma la vera domanda è: non facevano prima a chiamare un imbianchino? Ma soprattutto: non farebbero meglio, quelli del Pd di Catania, a frequentare più i giovani e i precari e meno le questure? Magari capirebbero come sia possibile che esista ancora qualche “imbrattatore” disposto a spendere due euro di bomboletta spray per fare una scritta sul muro della loro sede.

Iena Plinsky.

 

 

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