di Marco Iacona (che si firma)
Il messaggio è per le teste vuote catanesi, di destra. Un flusso di coscienza che andava di moda qualche tempo fa, coscienza mia ovviamente.
Vai in biblioteca. Se fai il ricercatore e non sei un dipendente pubblico ti tratteranno da peone e da eterno studentello, anche se hai scritto quattordici libri; dovrai dunque sorbirti i consigli di tal o talaltro impiegato, il quale a sua volta ha avuto disposizioni “dall’alto”. Dunque: se cerchi qualcosa, un articolo, un saggio breve, una rivista, un periodico, una notizia, devi sapere esattamente quello che cerchi, dico esattamente, con numeri di pagina e date certe, altrimenti te ne torni a casa. Vallo spiegare ai dipendenti del piffero che se tu sai già cosa cerchi significa che qualcuno ha già cercato, dunque la tua ricerca non è originale, dunque non te ne fai una mazza, o quasi. Vallo a spiegare che tentando hai trovato una miniera (a Roma) e conseguentemente hai scritto il miglior libro della tua vita. Cercare qualcosa di nuovo, magari un articoli su Tizio o su Caio di cinquant’anni fa, e dove NON deve essere, non è contemplato dalla gabbia weberiana della burocrazia, a meno che (azzardo) tu non sia il solito noioso amico degli amici. Le biblioteche catanesi è bene evitarle, chiaro no? Tanto questa città la cultura non sa cos’è. Le leve sono in mano a ciarlatani, burocrati e parolai. Morirà di ignoranza e stupidità, presto o tardi, ci siamo molto vicini.
Ma può andarti peggio: imbatterti in chi – stipendiato – non sa distinguere un quotidiano da un periodico, e l’oramai mitico “Espresso” dal più ruspante “Espresso Sera”. E tu a dire, con ancestrale gentilezza: “no, signora, è un settimanale o un quindicinale, è tutt’altro”. Poi, c’è la biblioteca regionale, che vale quanto la Regione, cioè un piatto di pastina col formaggino. Lì i periodici sono da decenni in un’altra sede – il mitico altrove destrino, che bello! – non visitabile e se cerchi qualcosa – vedi sopra – dai l’indicazione esatta e loro – un loro che sa di Horror – te la faranno trovare. Un ricercatore, a Catania, deve sapere a priori dove trovare qualcosa, non deve proporre alcun approfondimento, non deve aprire alcuna breccia, deve farsi sicilianamente i ca… suoi, sennò a casa.
Tralascio l’orrore stephenkingiano che suscitano taluni impiegati, anzi impiegate. Tralascio di dire qualcosa su quelli – quelle – che vorrebbero orientare la tua ricerca e se scegli roba fascia o quasi-fascia (categoria da studiare con contegno da epistemologo), li o le vedi sparire, ripresentandosi di mala voglia.
Questa è Catania. E termino col climax un po’ “primatista” del flusso di coscienza. Capre: state pensando a Sciascia, Bufalino, a quella deliziosa incognita che fu Sylvia Plath per smagnetizzare le vostre menti confuse?
Capre!
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