La “diaspora socialista”: come il tempo ha dato ragione a Craxi

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La diaspora socialista fu un momento drammatico della vita democratica negli anni novanta del secolo scorso e questa vicenda ha coinciso con la scomparsa del Psi punto di equilibrio fondamentale del sistema democratico e istituzionale.
Si riaffermò una tendenza all’individualismo che Bettino Craxi ebbe ,anche se in ritardo ,il coraggio di denunciare contro le ipocrisie e le falsità che mistificavano i fatti come cambiamenti epocali mentre in realtà peggiorano il sistema. “Quello che è accaduto non può passare alla storia in modo distorto, falso e contraffatto, o addirittura sotto silenzio. Tutta questa vicenda bisogna ricordarla bene, consegnarla alla cronaca e alla storia nel modo più corretto possibile”.
Affermò rabbiosamente il Segretario socialista: “In Italia ci sono personaggi che stanno mentendo per la gola”. Quando visse gli ultimi anni ad Hammamet si rese conto ancora più  lucidamente che la classe dirigente del Partito Socialista ,pur con gravi responsabilità etiche, non era solo stata devastata e decimata  dall’azione del pool di “mani pulite”, bensì anche da una politica oscura  portata avanti da grandi poteri esteri, grandi interessi internazionali, che puntarono dritti al  ridimensionamento geopolitico dell’Italia.
Tutto ciò oggi è inutile negarlo fu possibile probabilmente anche per gli innumerevoli errori della classe dirigente italiana, compreso lo stesso Craxi, che puntarono alla solita autoreferenzialità conservativa e non compresero in pieno quello che stava avvenendo nel panorama mondiale. Ci fu un clima di omertà nella politica italiana che riguardò indistintamente tutti i partiti dell’arco costituzionale e Craxi ,come altri politici di rango, conosceva nel dettaglio le azioni degli uomini dell’ex Pci, che avevano gestito gli affari di quel partito con l’Urss, con il cospicuo e poderoso sostegno finanziario proveniente da Mosca che avvenne   anche quando ci fu il duro confronto contro l’installazione dei  missili SS20 e le  relative marce “pacifiste” a Comiso.
Nel frattempo però il modello sovietico visse ed entrò in coma profondo per un economia povera e  statalista che affamò le popolazioni russe e la situazione non fu dissimile in tutti i paesi del blocco di Varsavia. Questa imminente crisi delle dittature comuniste si riverberò su tutti i partiti comunisti dell’occidente e soprattutto sul più importante di queste forze politiche era il Pci.  La guerra fredda volgeva al termine e questo sistema aveva retto e condizionato la politica italiana in profondità anche  con un sistema di finanziamento pubblico di natura illecita l’intero arco del sistema politico. Dopo la caduta del muro di Berlino, il Pci subì dunque una crisi d’identità che lo portò in breve tempo al cambiamento del nome con un’operazione di trasformismo mirabolante e tardivo proteso ad entrare nella famiglia politica della social democrazia europea.
Si seppe subito che fu Bettino Craxi a consentire che il Pds facesse parte della famiglia socialista europea nonostante che fu sempre fatto oggetto di insulti e scomuniche dal mondo comunisti. Però bisogna dire che forse proprio in quei giorni del 1991 si doveva e si poteva tentare una grande riforma istituzionale per ammodernare l’Italia che era in preda a convulsioni continue con un grado di instabilità e ingovernabilità   politica che raggiunse livelli preoccupanti.
Intanto nacque la Lega nord, aggressiva e rampante formazione che cominciò a costruire un blocco sociale e di potere nelle istituzioni locali che puntò all’affermazione dell’autonomia e del federalismo ai limiti della secessione contestando, almeno all’inizio,   tout court la vecchia classe politica che dominava la scena dal dopoguerra.  Le sensazioni e le percezioni collettive indicarono in modo chiaro e netto un bisogno di cambiamento che  magari fu professato teoricamente  ma che alla fine tutti pensavano avvenisse senza porre mano a riforme radicali.
Il crollo dell’Urss e la caduta del Muro di Berlino non avevano fatto altro che dare forza all’economia liberista che si fondava e traduceva nelle teorie di economisti d’oltre oceano che affermarono: “La società non esiste. Ci sono gli individui economici che vogliono accumulare la loro ricchezza”. In poco tempo si modificò profondamente lo scenario economico in cui il capitalismo tradizionale assunse sempre più  una dimensione finanziaria e tutto ciò tese a  surrogare l’economia reale per determinare persino direttamente le nuove scelte e gli indirizzi politici delegittimando le rappresentanze politiche incapaci di fornire risposte a queste aspirazioni neo capitalistiche. In tal senso con questo mutamento epocale i vari leader mondiali si sottomisero sostanzialmente a questa svolta e,dunque, si allinearono i democratici americani di Bill Clinton, insieme ai laburisti britannici quali Tony Blair e i socialdemocratici tedeschi come Gerhard Schroeder.  Il dramma ideale e   politico che si consumò fu che il riformismo socialdemocratico accettò supinamente il neoliberismo trionfante.
Persino gli ex comunisti del Partito Democratico della Sinistra non si opposero a questa nuova dimensione dell’economia mondiale. Bettino Craxi dimostrava esplicitamente di avere idee ben diverse ed essendo a vissuto in un’economia mista che rese l’Italia una potenza mondiale immaginava che si dovesse procedere con gradualità.
Risulta dai documenti pubblici e dalle prese di posizioni del Psi  che dovevano continuare a convivere elementi di liberalismo in un’economia con una forte presenza pubblica. Il segretario del Psi comprese che non si dovevano  smantellare politiche industriali e settori strategici nazionali nell’impianto produttivo del Paese. Mentre poi sappiamo che arrivò sulla scena pubblica Prodi e accelerò questo programma liberista. La stessa posizione di cautela fu espressa anche dal grande sistema di Mediobanca, la banca d’affari fondata da Raffaele Mattioli e gestita da tanti anni da Enrico Cuccia che in quel periodo fu guidata da Vincenzo Maranghi, dopo che Cuccia venne nominato presidente onorario.
Risulta evidente che Enrico Cuccia cercato un contatto con Craxi per tentare di convincere il leader socialista di mettersi a capo degli innovatori della svolta del dopo-comunismo e del dopo-Guerra fredda. Tuttavia fu anche vero che  Craxi declinò  questo invito, in quanto fu sempre fedele ad un “primato della politica” che non intese riconoscere un “primato dell’economia”. Infatti non se ne fece nulla e questo “appuntamento” con la storia sfumò.
Anzi Cuccia reagì recandosi addirittura al quotidiano “ Il Giornale” di Indro Montanelli per firmare  il referendum di Mariotto Segni, che colpì duramente con l’esito plebiscitario favorevole ai referendari proprio Bettino Craxi, il quale si oppose con la frase infelice rivola agli italiani “andate al mare”.Un destino comune, comunque, avvolse i protagonisti di questo mancato accordo e nel giro di poco tempo la politica del riformismo socialista venne messa fuori gioco e il ruolo di Mediobanca divenne sempre più debole. Mentre cominciò la drammatica vicenda di Tangentopoli il 2 giugno 1992 sul “Britannia” della Regina Elisabetta durante una crociera avvenne il famoso incontro con cento invitati che discussero delle privatizzazioni italiane. Vi erano finanzieri di tutto il mondo e anche molti italiani. Mentre gli unici assenti furono gli uomini di Mediobanca.
Sergio Romano, lungimirante, equilibrato e lucido osservatore , accreditò l’idea che dietro questo summit potessero celarsi linee guida per affari e sulla “svendita” del patrimonio pubblico dell’industria. Il comitato promotore si chiamò “British invisibles” che esaltò appunto il ruolo dell’alta finanza anglo-americana subordinando alla stregua di semplici adepti e seguaci i teorici del neoliberismo italiano. In questo senso il compito che si prefisse con determinazione       questo mondo finanziario fu quello di portare ad un progressivo processo di deindustrializzazione delle imprese pubbliche e la creazione di una banca generalista o universale con il peso preponderante dei derivati , il meccanismo del rating e di strumenti finanziari rapaci che hanno portato nel tempo a gravi crisi collassi finanziari.
Adesso sono passati tanti anni e difendere l’economia reale, soprattutto, dagli effetti nefasti della finanza d’assalto è divenuto ormai quasi impossibile. Mentre quel ruolo che svolse Mediobanca che fu quello di saldare lo sviluppo dell’economia con la crescita produttiva delle imprese è ormai solo un pallido ricordo. Oggi si discute sul debito pubblico, forse dimenticando che le banche sono state salvate dai soldi che magari avrebbero risolto i problemi sociali o quelli dei pensionati.
Rosario Sorace.

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