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LA JIHAD OIKOTHEN – DEPISTAGGI, ABUSI, OMISSIONI, FALSITA’. CAPITOLO 00 – L’INTRODUZIONE
Pubblicato il 07 Febbraio 2016
(riprendiamo da qtsicilia.it)
adomex
“Se pezzi organizzati della destra scelgono di entrare nel nostro partito, quello non è più il nostro partito”, detta Gianni Cuperlo.
Ci ha fatto molto pensare questa affermazione, proprio in considerazione delle feroci polemiche suscitate dall’intervista di Cuffaro sul tema PD Siciliano proprio nel giorno dedicato alla lotta allo spreco e al malaffare.
Noi, però e per ragioni etiche, abbiamo fatto sosta su un personaggio tralasciato dai media in questi giorni di contradizioni e contrasti. Un personaggio che ancora oggi si aggira nel palcoscenico dove si congiungono politica e affari.
Luigi Foti detto Gino, classe 1934, è stato uno dei massimi esponenti della Democrazia Cristiana a Siracusa nonché sindaco della città aretusea tra il 1972 ed il 1973
E’ stato deputato alla Camera per 3 legislature e per tre volte sottosegretario di Stato.
Negli anni settanta, quando ricopriva la carica di Sindaco di Siracusa, fecero scalpore i rapporti intrattenuti con il discusso imprenditore Flavio Carboni per la costruzione di un porto turistico e la riqualificazione dell’Isola di Ortigia.
Gino Foti da andreottiano, nell’accezione più nociva, è oggigiorno l’attivo animatore dell’anima renziana del PD siracusano, che ha il suo massimo esponente il sindaco di Siracusa Garozzo.
Più volte coinvolto in procedimenti giudiziari e condanne, come ad esempio quella comminata nel 2000 per voto di scambio risalente alle elezioni del 1992 e dalle cui accuse fu poi prosciolto.
Nel 2012 è stato arrestato nell’ambito di una torbida vicenda che vide poi coinvolti ambienti della magistratura aretusea relativa alla gestione della società idrica SAI8, poi dichiarata fallita.
Il nome di Luigi Foti ritorna in alcune conversazioni intercettate nell’ambito dell’indagine sul malaffare collegato ad EXPO 2015 e precisamente con particolare riferimento al progetto per la costruzione di un ospedale a Siracusa per il quale si prevede un appalto da 140 milioni di euro.
Lo ritroviamo anche in una vicenda miliardaria siracusana che ancora non si è conclusa. Gino Foti, viene qualificato come il grande regista del caso OIKOTHEN, anche se formalmente è il consulente di Dessena Quercioli.
L’affare OIKOTHEN, tra i cui soci vi sono due personaggi importanti per ragioni diverse e convergenti nel progetto affaristico, in cui ha la maggioranza delle quote la famiglia di Emma Marcegaglia, già presidente di Confindustria, che divide la società conDessena Quercioli, moglie del gip di Siracusa Vincenzo Panebianco (guarda caso), costretto poi a lasciare proprio l’indagine del caso, non vuoi altro che per la decenza dovuta per palese incompatibilità, che purtuttavia, per ragioni meramente estetiche, probabilmente per salvare la faccia, nell’ordinanza di custodia cautelare che firma, emette un concreto giudizio di pericolosità sociale nei confronti del consulente della moglie, Gino Foti e scrive: “sussiste il concreto e reale pericolo che reiteri ulteriori condotte criminose … avuto riguardo alla ripetitività delle condotte di tentata estorsione attuali e soprattutto delle molteplici soluzioni illecite progettate ed alle modalità particolarmente professionali delle condotte – sfruttamento dei contatti politici e delle cointeressenze economiche manifestate … come prova della loro centralità nei procedimenti decisionali relativi ai progetti illeciti che denotano una spiccata pericolosità sociale e capacità criminale … anche dalla recidiva per voto di scambio … la conversazione ambientale apre scenari inquietanti … Emerge infatti la presenza di un soggetto in grado di fornire al Foti, tra le altre, informazioni attinenti alle indagini … coperte dal segreto istruttorio”. Interessante sarebbe scoprire chi sia questo personaggio infedele alle istituzioni che rende ai potenti le notizie delle indagini.
Uno spaccato per nulla sereno per l’opinione pubblica, ma enormemente inquietante, mistificato e adulterato, e che è l’esempio scolastico tipico della devianza italica, che mistifica la verità al servizio degli interessi personali e di consorteria.
L’affare Oikothen, si muove in uno scenario notevolmente inquietante, oscuro, controverso, intriso da abusi, omissioni, depistaggi e falsità documentate, dove giocano poteri forti, grande finanza, forze dell’ordine immorali, magistratura “viziata”, procure contro, studi legali asserviti, comuni sciolti per mafia e, per completezza, anche certa stampa mercenaria al servizio dei potenti. A farne le spese gli indifesi.
Il lavoro d’inchiesta che ci aspetta sarà lungo, impegnativo e pericolosissimo, per le tematiche che affronteremo, ma non ci tiriamo indietro come sempre, non è nel nostro modus operandi. Lo sezioneremo in capitoli tematici per fare meglio comprendere al lettore ignaro cosa può accadere in una società dove le garanzie di legalità e trasparenza si vanno a fare fottere da chi vuole fottere il popolo (e non solo) costruendo una verità preconfezionata.
“Nel tempo dell’inganno universale dire la verità è un atto rivoluzionario”.
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